Ogni giorno un tiro di dadi

Stefano Feltri sul quotidiano Domani scrive in modo abbastanza chiaro:

Non c’è classe dirigente adeguata: facile arrivare a questa ovvia conclusione, dopo che il governo Conte perde il terzo commissario straordinario per la sanità in Calabria in dieci giorni […]. Mancano persone per gli incarichi operativi ma, ormai è chiaro, anche persone con la competenza e l’accortezza necessarie per fare le nomine […]. Chi ha un lavoro serio, una reputazione da proteggere, competenze apprezzate e remunerate, non si candida. Ma anche chi ha una storia di impegno civico, o intellettuale sul territorio rifugge ormai un sistema costituito da partiti fragili e poteri opachi solidissimi  che triturano anche o forse soprattutto chi arriva pieno di buone intenzioni.

Ecco spiegato, in poche righe che sottoscrivo, il motivo principale del declino italiano.

Lo sfascio della scuola e l’abbandono alle ortiche dell’Università, con il conseguente dilagare dell’analfabetismo funzionale, è uno dei meccanismi che ci hanno condotti a questo punto. La furbizia sottogovernativa italiana, con le sue infinite clientele, con la pletora di diritti acquisiti, la concertazione, l’arretratezza sindacale, sono un altra famiglia di meccanismi. Questi meccanismi hanno trovato sintesi, da trent’anni a questa parte e più violentemente nell’ultimo lustro, nel fenomeno del populismo, summa di ignoranza (si veda il primo dei meccanismi citati sopra) e familismo (secondo meccanismo, qui sintetizzato per brevità nel concetto di ‘familismo’, non senza una ragione, ma a patto che si intenda il concetto in senso esteso, come molla primigenia di una serie piuttosto articolata di sentimenti e comportamenti).

La conclusione è da tempo nota e denunciata, anche qui su HR: avversione alla scienza e alle competenze, scadimento del ceto politico, incapacità popolare a divenire seria opinione pubblica, e tutto il seguito che quotidianamente ci ammorba sui quotidiani, sui social, nelle chat delle mamme e quando siamo in fila alle poste, ovvero: viviamo in un brodo infetto di disinformazione, qualunquismo, approssimazione, faciloneria e ignavia che, voglio sottolineare, non è solo e tanto questione di poveri disgraziati di periferia, ma quotidiana normalità fra i colletti bianchi, i nostri amministratori, i potenti che ci governano (rimando, qui, al recente intervento di Ottonieri). Le sciagurate prese di posizione dei presidenti di Regione, il balletto immondo dei commissari alla sanità calabrese ma, ancor più, il fatto stesso che la sanità calabrese sia commissariata da dieci anni, che faccia schifo, che è stata per decenni una mangiatoia vergognosa, e ancor più, ancor più! scriviamolo in maniera netta: il fatto che tutti, nessuno escluso, sapevano dello schifo, e tranne pochissimi si sono resi, per ciò stesso, complici, ecco: tutte queste cose sono sotto i nostri occhi ogni giorno. Ogni giorno esce un’esternazione che sarebbe inammissibile, inaccettabile, intollerabile in un Paese normale, moderno, attento; una volta è Toti, un’altra volta è De Luca, una successiva è Di Maio, con l’immarcescibile Conte che viene considerato perfino un buon politico… Conte! Un buon politico! Con Zingaretti e il PD ormai ingravidati dal peggiore populismo, quello ipocrita e silente, che intanto siede nelle stanze dei bottoni. Con Salvini e Meloni che non hanno neppure bisogno di fare politica (‘politica’… una parola grossa per costoro…) tanto tutto rotola di moto proprio, verso il basso, verso di loro. E ci mancava di cavare Strada dal cappello dell’illusionista per placare un’opinione pubblica da avanspettacolo di periferia, che solo di questo si tratta, e mi spiace per Strada che si è prestato.

Qui si gioca la svolta del nostro popolo, della nostra nazione. Dove sono gli intellettuali capaci di ergersi a guida? Dove sono gli intelletti, i saperi, le competenze capaci di elevare una voce sopra la cacofonia dell’imbecillità? È una domanda retorica, ovviamente. Vediamo gli esperti del momento, i virologi & Co., dire di tutto, litigare fra loro, sconcertare tutti noi. Vediamo poi quelli che scrivono in punta di penna, i raffinati corsivisti del Corriere, della Stampa, di Repubblica, chiusi nelle loro gabbie dorate, letti da piccoli manipoli di stanchi habitue e totalmente incapaci di incidere sulla politica, lontani mille miglia dalle coscienze popolari.

Da intellettuale-tecnico, uno che offriva il suo sapere e le sue competenze in giro per l’Italia per contribuire al miglioramento dell’apparato pubblico, al suo efficientamento, al migliore impiego delle risorse, sono uno di quelli sconfitti. L’apparato pubblico è formato per il 70% da mediocri imboscati che fanno il minimo possibile, più lentamente possibile, infischiandosene dei risultati e attenti solo a cadere in piedi, sempre e comunque; e da un 30% di rassegnati, quelli che sentono la responsabilità di mandare avanti la baracca e che non arriveranno mai in posizioni di rilievo, perché il sistema li rifiuta. Fra i politici attuali le percentuali sono il 90 e il 10%. Fra i cittadini, i sudditi, il “popolo” di cui qualcuno continua a riempirsi la bocca, siamo su percentuali simili.

Viviamo in una specie di colossale gioco dell’oca; tiriamo i dadi e vediamo cosa succede; se ci dice bene becchiamo un’oca e avanziamo ulteriormente, arrivano i soldi del Recovery Fund, la Merkel ci dà una pacca sulla spalla, nessun terremoto devasta qualche parte della penisola; se ci dice male restiamo fermi tre turni, si paga una posta, oppure crolla un ponte, siamo declassati da Standard & Poor’s, oppure si allaga la Liguria… cose così. In ogni caso, dopo si ritirano i dadi, chissà che non vada meglio al prossimo tiro?