Profughi e pompieri (piccoli slittamenti amorali n° 2)

Che differenza c’è fra i pompieri volontari che appiccano incendi per guadagnare soldi andandoli a spegnere e le ONG che – pare, per carità, siamo garantisti – fanno comunella con gli scafisti? La stessa che c’è fra l’abuso nell’utilizzo di telefonini di stato e le truffette nel timbrare i cartellini dei colleghi che intanto fanno altre cose necessarie.

In tutti questi casi si procede per gradi, si tratta di piccoli slittamenti amorali che risultano giustificati e insignificanti: portarsi a casa una matita dell’ufficio, dai!, chiamarlo peculato è decisamente esagerato! Qualche soldo in più per i miei bambini facendo qualche piccolo incendio, ma diamine!, ci spacchiamo la schiena per voi fra le fiamme e state a farci i conti in tasca? Aiutare gli scafisti? Ma che dite! Abbiamo nobili ragioni e, se ci si deve sporcare un po, è sempre per una nobile causa!

E così, poi, dalla matita dimenticata in tasca all’uso del telefono d’ufficio, da questo al favore il collega assenteista, poi, chissà?, accettare di favorire il cugino nella gara pubblica – ma solo perché, poveraccio!, è perseguitato dalla cattiva sorte e ha proprio bisogno di questo lavoro. E così, ancora, dal “ciao ciao” con gli scafisti alla collaborazione nel traffico malavitoso di esseri umani ma sempre, assolutamente sempre, per una buona ragione.

Ciascuno di noi ha sempre una buona ragione. Ciascuno di noi è certo di avere la coscienza a posto. Dipende solo dall’elasticità di tale coscienza, dal momento, dalla situazione… Se per fare del bene (ragionano taluni in alcune ONG) devo fare un pochino di male, e se qual male esisterebbe ugualmente, a prescindere da me (i cattivi scafisti, i nuovi schiavisti…), perché allora non stare dentro il gioco, e cercare di fare un po’ di bene? E’ questa la trappola che ci porta così facilmente ad auto-giustificarci: il male esiste di per sé, al di fuori di noi; possiamo essere buoni o cattivi senza incidere in questa realtà. Se, allora, facendo anch’io qualche piccolissima, insignificante azione malvagia (una matita, cosa volete che sia una matita? Un abuso edilizio, ma chi deve veramente importare?) riesco però a fare del bene immediato, o del bene futuro, la nostra coscienza è in pace. Il bene immediato è quello che sono certi di fare i volontari delle ONG. Ma il bene futuro è quello che siamo certi di fare tutti noi: oggi prendo una matita, ma perché io sono bravo in generale, faccio bene il mio lavoro, lo farò senz’altro meglio anche grazie a questa matita che mi consentirà di fare qualcosa di utile a casa. Ho incendiato un boschetto, sì, ma era senza importanza e mi consente di guadagnare il pane; ma io mi spacco in quattro e corro dei rischi per spegnere gli incendi che vi fanno paura, quindi non rompete le scatole.

C’è la morale elastica; e c’è uno stato (vero o presunto) di bisogno. Poi c’è un’altra componente: il senso civico. Fa ridere solo a dirlo: senso civico. Una roba del Novecento che non ha superato il valico del millennio. Che quel boschetto che viene incendiato sia un bene pubblico sotto diversi profili non sfiora la mente del piromane. Che la truffa al cartellino sia a scapito della collettività, che riceve un servizio peggiore e paga stipendi fasulli, non appartiene alla coscienza dei furbi. Ne segue una possibile rappresentazione della cattiva coscienza di noi tutti che vorrei rappresentare così:

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In questa rappresentazione, a mio avviso, le celle più interessanti sono nella diagonale da alto/sinistra a basso/destra. La prima (Noi-Amoralità) è tipica di chi ricopre cariche importanti, specie se istituzionali. Accettare compromessi poco onorevoli, tradire, fare il doppio gioco, tutto sembra giustificato in nome dei Grandi Ideali, del Sol dell’Avvenire, del Bene del Popolo… E’ qui che sono cascati tutti i grandi leader. Si parte dal Grande Ideale con autentico sentimento di appartenenza e sacrificio, ma poi si scopre che non si va avanti senza alleati, e che gli alleati costano: una prebenda a uno, sistemare in Rai l’amante dell’altro… Questi, esattamente questi, sono i “piccoli slittamenti amorali” di cui parlavo in un post precedente. E, come la matita rubata in ufficio, che appare una sciocchezza, anche la piccola prebenda pare giustificata se fa fare un passo verso il Radioso Futuro. E invece è l’inizio dell’avvelenamento politico.

Anche l’altra cella (Io-Morale) non è male: il politico rigoroso che picchia la moglie; il grande artista a cui piacciono le ragazzine; il manager amato dalle maestranze che ha la villa abusiva… Persone di spessore e rilievo che vedono il bene che fanno, sono consapevoli delle capacità possedute, sanno muovere folle o capitali e sono spesso narcisisticamente appagate dal seguito pubblico; ma guai a toccarli nella sfera privata, dove si comportano come padroni assoluti.

Poiché non credo nella bontà dell’uomo, ritengo onestamente che ciascuno di noi si collochi in uno di questo quadranti, tranne due tipi di persone che escono completamente dallo schema: i santi e i diavoli. Sono certo che qualcuno di voi dirà, con sdegno, di non avere mai rubato una matita in cuor suo. Bene, bravo. Il mio è uno schema ideale, non il risultato di una ricerca sul campo. E come schema ideale ritengo che ciascuno sia più o meno incline a collocarsi in uno dei quadranti: se c’è l’opportunità, l’occasione, il movente (ideologico o materiale) e così via. E poi, detto fra noi, non vi credo fino in fondo. La matita è un esempio; mai usato il telefono dell’ufficio a scopi personali, parcheggiato in doppia fila o negli spazi per gli invalidi, esagerato un po’ sulla tara vendendo l’affettato, eluso le tasse, favorito indebitamente un parente o un collega, lasciate la cartacce per terra dopo il picnic, buttata la plastica nell’indifferenziata, dato un calcio a un cane? Mai? Mai passata indebitamente una fila, accettata una raccomandazione, telefonato all’amico in Comune per far velocizzare la vostra pratica, “dimenticato” di restituire soldi, schiamazzato a ore notturne, importunat* lui/lei per ragioni sessiste, dette frasi omofobe o razziste, fatta la pipì in piscina? Ma sì, dai, la maggior parte di queste cose son sciocchezze tali che avrete anche sorriso, perché questi, esattamente questi sono gli ingressi verso i piccoli slittamenti amorali. Se si accetta – come tutti accettiamo – la piccola sciocchezza, perché non una seconda un pochino più grave? E se lo fanno tutti, perché non noi? E se è per un miglior fine, cosa c’è in fondo di male?

(In copertina: Fernando Melek, Crossed Badlands)