Crisi di governo: una sola certezza

Nel momento in cui scrivo (8 agosto, ore 21.00 circa) la crisi di governo è data per certa anche se, naturalmente, mancano ancora “le carte” e qualche colpo di scena contrario a questo epilogo è sempre possibile, visti i virtuosismi circensi di questo governo.

Prestissimo al voto, quindi. 

E dopo?

Non serve Nostradamus per ipotizzare una certezza: Salvini, certamente con Meloni, forse con Toti (ma al momento non ci scommetterei un Euro), vincono a mani basse e formeranno un governo assai più coerente di questo. Certamente ugualmente di destra (non più a destra, che i massimi li abbiamo già raggiunti in barba agli zombi 5 Stelle) ma probabilmente con meno incertezze, giochini, teatrini, ammuine. Plaudo a tale chiarezza, come ho scritto pochi giorni fa: basta con gli alibi, con gli ammiccamenti ai 5 Stelle, che sarebbe poi di sinistra, che hanno un programma quasi di sinistra, e altre boiate buone per i gonzi e per i Marescotti e le Mannoie. Gli equivoci si dissolveranno come nebbia al sole e avremo un governo altrettanto fascista e disperato di quello oggi moribondo, ma col certificato di qualità incluso, così i corsivisti smetteranno di dire che bisogna smettere di dire che questo è un governo fascista. Questo lo è stato, e solo chi non l’ha voluto capire non l’ha capito, assieme a Zagrebelsky. Il prossimo sarà più chiaro, meno litigioso, forse addirittura più efficiente, sotto un certo profilo.

Questa l’unica certezza. E veniamo a millanta dubbi per i quali posso fare alcune ipotesi…

  1. Gli zombi a 5 Stelle sopravviveranno con numeri infimi e non avranno alcun futuro parlamentare se non quello di fare un’opposizione sterile fra una gag e l’altra.
  2. Forza Italia, lei speriamo che se la cavi, ma se il Cavaliere non ha l’ultimo asso nella manica la vedo molto ma molto ma molto scura.
  3. + Europa, una bella idea sprecata. Anche con l’aiutino di Soros non è arrivata a 3% delle Europee e, per molte ragioni facili da capire, resterà – sulla scia della tradizione radicale (che ne è componente importante) – un partito di testimonianza.

Da qui in poi ci divertiamo:

  1. Renzi, che ha appena annunciato di volere abbandonare il PD a settembre, dovrà accelerare le sue operazioni di autonomia e affrancamento dalla Ditta. Renzi, che da un punto di vista politico poteva rappresentare una proposta interessante, liberalsocialista e riformista, continua a sbagliare tutto, ma proprio tutto, sotto il profilo tattico. Sbaglia mosse, tempi, luoghi… Quando aveva il 40%, Berlusconi in tasca e le folle acclamanti, si è lasciato mortificare da una minoranza astiosa che, a ben guardare, oggi risulta vincente. Su un mucchio di macerie, ma vincente. E poi gli errori comunicativi e tattici sul referendum, la trascuratezza nei riguardi del partito… Oggi, Renzi, leader di un gruppo entusiasta ma ridotto numericamente, cosa conta di fare? Andrà a proporre l’offerta politica a suo tempo interessante, e oggi penalizzata dalla divaricazione crescente fra destra e sinistra, peraltro già occupata da + Europa e, chissà?, da fuoriusciti di Forza Italia come Carfagna… Anche supponendo che Renzi, con la sua costituenda lista, prenda il 10% (dubito di più), oltre a una dignitosa opposizione cosa potrà fare? Sarà di consolazione ai tanti orfani di quel progetto mai nato, ma sarà una consolazione di nicchia, da perdenti.
  2. E fra i perdenti la corona, la palma d’oro, la coppa del vincitore, spetterà al PD, un altro raggruppamento di zombi. Divisi all’interno, con un “brand” (scusate, di questo si tratta) logoro, spesso inviso, pochissimo attrattivo, orbo della percentuale che si porterà via Renzi, senza una idea che sia una sulla quale iniziare a ricostruire, pian piano, con santa pazienza, un tessuto sociale e poi elettorale… Schiacciato fra la “destra” renziana (comunque rampante, comunicativa, frizzante, moderna) e la sinistra del popolo dello zero-virgola che, immancabile, strapperà qualche cosa a sinistra. Un PD né moderato né comunista, né ottocentesco (come la sinistra, che può pure avere un suo mercato politico) né appropriato al nuovo millennio come invece sarà Renzi… Ma dove vanno?

In questo potpourri di occasioni mancate Salvini giganteggerà, sul suo trono di ossa grilline, come scendipiedi la pelle di Meloni, come personale di servizio gli energumeni di Casapound ma…

Ma…

Questo rappresenterà l’apice del suo successo e delle sue fortune. Se questo governo ha ripetuto scioccamente in varie occasioni che “la colpa era del PD”, certamente Salvini vincerà le elezioni all’insegna della “colpa del M5S” (che non l’ha fatto lavorare, s’è messo in mezzo, erano piantagrane…), ma non avrà più alibi quando dovrà approvare la legge finanziaria; quando dovrà ridurre – come promesso – le tasse; quando si accorgerà che l’Europa può diventare un avversaria temibile; che Putin, oltre a due pacche sulle spalle, altro non farà; che la Libia è il nostro cortile e l’immigrazione continuerà; che la sanità diverrà insostenibile…

E quando il Paese, in ginocchio, sarà un cumulo di macerie, chi chiederà il conto sarà terribile nella sua rabbia.

E non è detto che Salvini sia disponibile a dimettersi perché la piazza gli si è girata contro.