La notizia è questa: la RAF – Royal Air Force, ovvero l’aeronautica militare del Regno Unito – ha deciso di riservare il 40% dei posti a donne e neri, per un ribilanciamento delle quote, per giustizia sociale, inclusione e quelle bellissime cose là. Anche nella terra di Albione c’è chi ha detto che è una sciocchezza, per esempio Elisabeth Nicholl, capitana di squadrone, che si è dimessa proprio dall’incarico di reclutamento cui era preposta, in disaccordo con questa pratica che, a detta di diversi, può avere un impatto negativo sulle capacità delle forze aeree britanniche (fonte); per fare posto a questo 40%, infatti, sarà giocoforza lasciare a terra piloti migliori, col torto di essere maschi bianchi. Lasciamo perdere la vicenda britannica che, peraltro, sta avendo sviluppi che potrebbero portare a nuove e più moderate decisioni (fonte). Che questa riserva di posti si attui o no, nella RAF o altrove, è abbastanza chiaro che siamo da alcuni anni al centro di un’ondata di folle ripensamento dei diritti delle persone discriminate (donne, neri, Lgbtq, altre minoranze etniche tranne gli Uiguri di cui non ci frega niente, etc.), che induce a una vera e propria caccia alle streghe politicamente scorrette (la Rowling, per esempio), alla messa all’Indice di libri scritti secoli fa, che oggi sono letti come discriminatori verso le donne e le minoranze (uno dei pochi che in Italia ne parla con una certa frequenza, e con assoluta fermezza, è Pierluigi Battista, QUESTO il suo intervento più recente), all’abbattimento delle statue (moda effimera, sì.), all’autocensura nelle Università americane e sui quotidiani…
Gramellini, che del buonismo zuccheroso ha fatto la sua cifra stilistica, trova una morale:
Il maschio bianco ha goduto per millenni di condizioni di favore che lo rendono ancora adesso più preparato a occupare certi ruoli. Se però continua a occuparli solo lui, gli esclusi non potranno mai mettersi al suo livello. Come in tutte le cose, servono gradualità e buonsenso, ma per realizzare una giustizia domani, bisogna probabilmente commettere un’ingiustizia oggi.
Devo dire che se non avessi letto questa sciocchezza non avrei scritto questo post, quindi la colpa è la sua. In queste settimane e mesi di vicende woke che mi fanno salire la pressione, non ne ho mai scritto perché quello che si doveva dire, qui su HR, lo abbiamo detto. Ma se una persona intelligente come Gramellini, in un quotidiano importante come il Corriere, sostiene tesi di questo tipo, beh… qualcuno dovrà pur reagire.
Allora: i temi sono due, non uno. Gramellini e le legioni di benpensanti, buonisti, difensori dei diritti Lgbtq e tutte le altre lettere, sostenitor* delle pari opportunità etc., fanno una confusione moralistica. Il primo tema è la discriminazione. Il secondo tema è il suo superamento. Il primo è una riflessione sociologica sulle differenze, e sulle conseguenze sociali (per lo più negative) di tali differenze, mentre il secondo tema è da affrontare senza alcunché di moralistico, addirittura negando l’enormità delle implicazioni sociali del primo tema. Dire – à la Gramellini – “C’è un’ingiustizia, quindi ne creiamo altre per porvi rimedio”, è una frase bastarda, figlia di un ossimoro e di una ipersemplificazione. Voi vorreste ingegneri donne e neri, che sono diventati ingegneri perché “discriminati”, e non perché bravi? Vi fareste costruire casa da loro, percorrereste i loro ponti? Voi vorreste medici donne e neri, diventati medici per riparare a un millenario torto sociale, e non perché bravi? Mettereste la vostra vita nelle loro mani? E così via per ogni professione, financo l’idraulico.
Capisco come si cade nell’errore. Un torto annoso è diventato repentinamente di attualità, ci guardiamo attorno e non vediamo molte soluzioni se non un radicale colpo di spugna; meraviglie dello (scarso) intelletto umano! Lo capisco. Non si può dire, a milioni di donne, migliaia di neri e un po’ di gay, che devono avere pazienza, che pian piano le cose miglioreranno, che si farà un meraviglioso programma scolastico di sensibilizzazione al tema, e che i figli dei loro figli vivranno in un mondo migliore. Le persone discriminate oggi, vogliono una risposta oggi. Ma una cosa è l’ingiustizia, altra cosa la sua rappresentazione, e cosa affatto diversa la sua soluzione.
Ci sono moltissime battaglie a favore delle donne che, onestamente, sento a volte proclamare ma nessuno combattere: l’uguaglianza nei salari, per esempio; quella nelle condizioni di partenza verso le posizioni di potere (per inciso: il partito che avete votato, e che probabilmente si è gonfiato il petto nella difesa parolaia delle donne, è il primo che le discrimina; andate a vedere quante donne ha eletto, che cariche hanno nel vostro partito, etc.); una rete di servizi sociali realmente efficace, a partire dai nidi; incentivi alle aziende che accolgono e valorizzano donne quando incinte, poi con figli, e che ne tutelano salute e possibilità di carriere (banale: con asili nido aziendali, maggiori permessi parentali, etc.). Ci sono quantità di cose che si possono fare per le donne, subito, adesso, e che vengono dette nei convegni o scritte sui giornali ma, per una ragione o l’altra, mai realizzate neppure dai governi (numerosi) con la “sinistra” dentro.
Neri ed Lgbtq è questione oggettivamente differente, e qui serve solo una profonda, continua, sincera campagna culturale, educativa, a partire ovviamente dalle scuole. L’argomento è complesso, anche di questo abbiamo già abbondantemente scritto su HR, non vorrei insistere.
Purtroppo so già che alcuni lettori non leggeranno tutto il pezzo, se lo leggono non lo capiranno a fondo, anche perché – in alcuni casi – parte loro stessi del problema, ipersensibili al tema, scottati dalla vita e quindi suscettibili. Oggi, in piena superfetazione dell’individualismo narcisista, sentirsi infelicemente discriminati significa esserlo veramente, essere al centro di un universo ostile e quindi avere diritto di dire la qualunque, di ergersi a giudici, novelli Torquemada pronti a brandire la spada della morale, della giustizia giusta, della politica corretta, del linguaggio con la scwha, del sentimento glorioso di combattere i malvagi, noi giusti, ovviamente…
Io ho il privilegio di essere vecchio, e onestamente il comportamento irriflesso, il linguaggio non meditato, il diritto autoproclamato, oltre a un sottile fastidio non mi smuovono un gran che.
Le ingiustizie sociali sono diffuse. La sofferenza, una condizione purtroppo abbastanza comune. L’incapacità del Potere a risolvere i veri problemi, è fatto conclamato. Capisco che a 20 anni si vuole tutto e subito, ricordo i mei 20 anni, lo so; va bene… Ma la Storia è fatta di una pressione costante, continua, faticosa. Sviluppiamo consapevolezza, insegniamo ai nostri figli l’inclusione, la tolleranza, il relativismo, la diversità, aiutandoli comunque, al dunque, a scegliere (il mondo fluido è una via di fuga spaventosa). Spingiamo, come cittadini, affinché i partiti al Governo facciano il minimo possibile, realmente possibile, che sarebbe già un enorme passo avanti. Di più non si può, ma non capire che sarebbe già moltissimo, e lottare concretamente per ciò che è fattibile, è un vero peccato intellettuale. Si chiama “principio di realtà”, ed è il contrario del narcisistico e infantile principio del piacere.