Una bella fetta di grillini – divisi al loro interno sulla scelta per il futuro inquilino del Quirinale – vorrebbero un Mattarella bis. Ma sono grillini, li capiamo… Poi cani sciolti del gruppo misto, ma si sa: lì dentro c’è finito di tutto. Ma ora – udite, udite! – Matteo Orfini, un esponente di spicco del PD (ex Presidente, mica noccioline) dice, testuale: “Votiamo Mattarella, anche contro la sua volontà” (su HuffPost l’intervista). Capite? Non sapendo cosa fare, non avendo numeri in Parlamento, paventando un confronto che li può vedere sconfitti, temendo Berlusconi, eccetera, eccetera, Orfini (e tanti altri) vogliono forzare il buon Mattarella e fargli fare la fine di Napolitano, prima supplicato a fare il bis, poi abbandonato e criticato perché l’ha fatto. Il PD deve avere un candidato; ogni partito deve avere un candidato; non Mattarella, ma un nuovo candidato o condidata, espressione della capacità politica dei Grandi Elettori di trovare un punto di mediazione. Ciò che si chiama fare politica. Io personalmente sono esterrefatto che un Orfini sia così “ingenuo” (volevo usare un altro aggettivo…) da evocare Mattarella, che ha fatto e detto di tutto per far capire che NON è interessato.
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Il redde rationem della politica tradizionale
La vicenda del sindaco di Roma Marino, oltre a quanto già scritto qui da Ottonieri mi fornisce una suggestione ulteriore che riguarda lo stato di salute generale della politica italiana e del popolo che da quella politica si fa rappresentare. Ho l’impressione che dopo tante, troppe disillusioni, la vicenda di Marino rappresenti un giro di boa, un punto di non ritorno che va molto al di là della vicenda specifica