Categoria: Media e Social

– Mezzi di comunicazione di massa;
– Social media.
[NOTA: per “Internet” in generale c’è altra categoria]

Come sanno i miei assidui lettori, praticamente non sono più sui social per assoluto disgusto. Ho un profilo Facebook solo perché devo gestire gruppi e pagine (per esempio quella di Hic Rhodus). In questo momento, su Facebook, ho TRE amici, e farei a meno anche di quelli. Ciò basta, comunque, per fornirmi, sulla time line una sequenza di post di questo e quello, ciascuno affannato a fare lo splendido, la fica, il goliarda spiritoso, la saggia letterata… Quel poco – che già mi soffoca – mi conforta nell’idea che i social siano il male. Post inverosimili, battute statie, scopiazzature, frasi penose che vorrebbero essere mitiche e informate dall’estrema saggezza, ricette e “istruzioni” fantasticamente inutili, presunte citazioni ispirate, stupefacenti prodezze raccattate sul web che attirano i like, i cuoricini e commenti patetici di gente che – così penso – è stata bocciata in terza elementare (devo crederci, devo!). Ma davvero sentite il bisogno dei social?

Dopo la clamorosa definitiva sentenza di assoluzione di Kevin Spacey, uno dei migliori attori americani distrutto nella sua carriera e nella sua vita privata da accuse di molestia dimostratesi infondate, qualcuno incomincia ad accorgersi che la pratica di sbattere il mostro in prima pagina (vecchia di decine di anni), divenuta ora “lincia il mostro sui social media”, non solo è illiberale e antidemocratica, ma danneggia la causa delle vittime di abusi. Prima di tutto le donne che – qualche femminista inizia a capire – vedono il movimento MeToo fagocitato e tritato dalla macchina comunicativa perversa e afflittiva. Fra le diverse che sembrano essersi svegliate anche in Italia (Melandri sul Dubbio, Farinelli su la Repubblica) cito Angela Azzaro sull’HuffPost che scrive: “Il movimento femminista in Italia non è morto, tutt’altro. Ma bisogna riconoscere che la strada dei processi sommari, la logica del “mostro” da sbattere in prima pagina e linciare sulla piazza virtuale sono sbagliate e non ci aiutano.” Un po’ tardi per Spacey e i tanti denunciati – anche in Italia – con leggerezza massimalista, ma meglio tardi che mai.

Andrew Tate, al di là della “lite” con Greta Thunberg e dell’arresto in Romania (QUI, se non sapete di cosa io parli) è un indicatore chiaro, lampante, di quanto diciamo da anni sul nostro blog. Quest’uomo, una vera testa di cazzo, è il guru TikTok della misoginia e della violenza. Spiego: probabile sfruttatore di donne e stupratore, coi suo contenuti sfacciatamente sessisti ha accumulato 11 miliardi di visualizzazioni su una piattaforma da adolescenti, con miriadi di seguaci e follower. Qui non si tratta di parlar male di un social, di invocare chissà quali misure repressive o altre stupidate. I social esistono e sono il pane e il companatico di mezza umanità; i controlli sono quasi impossibili e inutili, oltre che discutibili. Si tratta, però, di essere vigili, consapevoli, critici, se adulti; e assolutamente vigili e attenti se genitori di un minore, che potrebbe facilmente scivolare nella ragnatela di uno dei tanti schifosi individui che vivono, alla grande, adescando adolescenti e adulti stupidi. Il mondo è diventato difficile, ma se si sviluppa consapevolezza si può sopravvivere. #NonOmologatevi.