Israele ha già perso, almeno sul piano dell’immagine e dell’isolamento internazionale; i palestinesi hanno perso annegati in un mare di sangue; e tutti noi perdiamo in termini di libertà e democrazia. Vincono i manovratori, i cinici conduttori di questa partita mortale contro l’Occidente.
Categoria: Mondo
– Europa ed Euro;
– Guerre nel mondo;
– Diplomazia;
– Qualunque reportage o discussione su paesi esteri (p.es. La Russia di Putin…).
Schierarsi e rovinarsi o stare e guardare e comunque morire
Stiamo coi palestinesi o con gli israeliani? O in un limbo intermedio, con nessuno ma ideologicamente al riparo da critiche? Comunque si decida si sbaglierà, ma non si può stare a guardare.
Questa è l’umanità
La guerra israelo-palestinese è il simbolo feroce della natura insensata e sanguinaria dell’umanità. Non c’è soluzione. Non c’è speranza. Non ci sarà mai pace.
Quando una forza inarrestabile incontra un ostacolo insormontabile, scoppia un casino inenarrabile
I giornali sono pieni di notizie su Lampedusa che scoppia e sui migranti che arrivano a ondate sempre più ampie. Il governo non sa cosa fare. E come potrebbe?
Da quando ho memoria va sempre tutto a rotoli. Eppure siamo ancora vivi – 2
Continua ad andare tutto a rotoli. Continuiamo a sopravvivere…
Allora, poche e chiare cose: 1) Il mondo non funziona per l’evoluzione del pensiero delle masse (pensiero marxista novecentesco) ma per la caotica contrapposizione di singole personalità, arrivate ad occupare posti di prestigio e potere in maniera sostanzialmente casuale; 2) ciò che fanno o non fanno codeste persone determina il futuro di nazioni, per generazioni; nello specifico: la Russia è fottuta, qualunque cosa succeda nei prossimi giorni, o mesi, e i russi con lei; 3) I pochi – pochissimi – che hanno una strategia, un pensiero geopolitico, faticano a districarsi nel caos contemporaneo (vedi la Cina, che sul vassallaggio russo aveva scommesso; invece, comunque vadano le cose, per la Cina sarà un problema); 4) Il rapsodico procedere della Storia non consente mai di mettere un punto e andare a capo; Prigozhin è finito? Non è da credere. Putin è allo stremo? Non mi fiderei troppo. L’Ucraina trarrà vantaggio dalla situazione? Mah… La cosa a mio avviso da comprendere è questa: tutto va complicandosi, tutto procede involvendo, producendo effetti inattesi, conseguenze impreviste. Siamo all’inizio dell’implosione di una nazione di primo piano negli assetti mondiali del Novecento, e le conseguenze saranno tremende. L’Asia sta diventando il cortile di una Cina dalla quale dipendiamo (stupidamente) troppo, e che ha chiare mire anti-occidentali. Gli Stati Uniti hanno perso credibilità prestigio e reale potere (nel bene e nel male). Resta un Europa che non esiste, un Europa di cultura, valori e identità, ostaggio di leaderini locali (Orban, Meloni…) dallo sguardo miope, specchi di elettori ignoranti e impauriti. Comunque vada, sarà dura.
La legge di Murphy
Una riflessione un filino pessimista sulla constatazione che le cose vanno male, e che è impossibile raddrizzarle.
I pensieri di Trudeau
La polemichina di Trudeau contro Meloni mi ricorda le polemichine di casa nostra. Stessa miseria, stessa inutilità.
Luci nelle tenebre
Ilya Yashin, in Russia, accetta la galera pur di dire la verità sui crimini di guerra putiniani. Una luce che rischiara le tenebre anche nella grassa, stanca, annoiata Europa indaffarata per il Natale.
Alexey Navalny
Navalny rappresenta una chiara voce di denuncia al regime massimalista di Putin. Ma l’Europa fa poco, è divisa e preda di interessi particolaristici che, di fatto, aiutano il dittatore russo.
Il diritto all’aborto è un diritto di tutti
Il diritto all’aborto non è una questione di parte o di genere, ma un principio universale.
I giochi del professor Orsini
Dietro il “fumo” mediatico dispensato con larghezza dal professor Alessandro Orsini ci sono obiettivi precisi e nessuna sostanza scientifica.
Il senso della globalizzazione
La guerra in Ucraina ci mostra in maniera chiara cosa significhino interconnessione, globalizzazione, interdipendenza.
Il nazionalismo di Putin […] non è un nazionalismo grandioso, ma un piccolo nazionalismo. È il nazionalismo di un piccolo Paese – un nazionalismo che ha una vocetta strana, come quella del nazionalismo serbo che negli anni Novanta sbraitava su avvenimenti del XIV secolo. È, sia chiaro, una voce arrabbiata, ma non ha il tono profondo e tonitruante dei comunisti. È la voce del rancore nei confronti dei vincitori della Guerra fredda. È la voce di un uomo la cui dignità è stata offesa. Le aggressive invasioni di campo di una Nato trionfante lo fanno infuriare. E cova la sua rabbia. Ma anche il suo rancore manca di grandeur. E manca, in ogni caso, della capacità di dare spiegazioni. Gli zar potevano spiegare perché la Russia aveva suscitato l’inimicizia dei rivoluzionari liberali e repubblicani: ciò era avvenuto perché la Russia difendeva la vera fede, mentre i liberali e i repubblicani erano i nemici di Dio. Allo stesso modo, anche i leader comunisti potevano spiegare perché l’Unione Sovietica si era fatta a sua volta dei nemici: ciò era avvenuto perché i nemici del comunismo sovietico erano i difensori della classe capitalista e il comunismo costituiva il disfacimento del capitalismo. Putin, invece, parla di “russofobia”, e questo implica un odio irrazionale, qualcosa che non si può spiegare. E, nel suo rancore, non punta neppure a qualche virtuoso obiettivo supremo. (Paul Berman, La catastrofe intellettuale di Vladimir Putin, “Linkiesta”, 18 marzo 2022)
Siamo in guerra da anni, è ora di esserne consapevoli
La guerra in Ucraina ci mette ansia. Il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol ci fa orrore. Ma oltre alle guerre con i proiettili, viviamo da anni molteplici guerre combattute con altri mezzi, ma altrettanto letali.