La paura, l’innato istinto verso la sopravvivenza, i canti dai balconi come forma rituale… Il coronavirus visto dalla psicoanalisi junghiana.

La paura, l’innato istinto verso la sopravvivenza, i canti dai balconi come forma rituale… Il coronavirus visto dalla psicoanalisi junghiana.
Dal 4 al 6 dicembre scorsi, ho assistito ai lavori del convegno “Analysis and Activism: Social and Political Contributions of Jungian Psychology”, svoltosi a Roma e organizzato dalla IAAP (International Association for Analytical Psychology). Tra le altre cose, mi ha attirato l’insolito accostamento tra la scuola analitica che si richiama all’esempio di Carl Gustav Jung, una personalità di sconfinata cultura e grande profondità di pensiero, e l’attivismo sociale, un’attività pragmatica quant’altre mai. Il programma (di cui ho potuto ovviamente seguire solo una piccola parte) era effettivamente estremamente variegato, e qui vorrei parlare di uno solo tra i molti, interessanti argomenti toccati: l’assistenza psicologica ai migranti e ai profughi.