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Brexit, la Gran Bretagna se ne va. E l’Europa?

Nigel FarageDunque, la lunga attesa è terminata e, contro gli auspici di quasi tutti i più autorevoli commentatori, da Obama alla Santa Sede, gli elettori del Regno Unito hanno deciso di abbandonare l’Unione Europea.

Mentre scrivo, tutte le piazze finanziarie sono pesantemente colpite da drammatici ribassi, colte di sorpresa dopo le brillanti performance di tutte le Borse europee nelle ultime sedute, e l’unico leader che ha tenuto un (mediocre) discorso è David Cameron, il premier britannico che passerà alla storia per essersi “sparato in un piede” (tanto per usare un’espressione inglese) indicendo un referendum dal quale aveva moltissimo da perdere, insieme a centinaia di milioni di persone, e ben poco da guadagnare.

Ma a parte la preannunciata catastrofe economico-finanziaria, cos’altro possiamo comprendere da questo voto in parte inatteso?

Brexit, l’uscita dell’UK dall’Unione. Ovvero: chi è dentro non può più uscire?

Pluck

Cameron ha vinto ed entro un paio d’anni manterrà la promessa del referendum per restare in Europa (non già nell’Euro dove non sono mai entrati, “semplicemente” nell’Unione Europea). Gli inglesi son fatti così, hanno una gloriosa storia di Dominion e in quest’Europa sono sempre stati stretti e l’idea di uscire dall’Unione vellica la parte più tradizionalista e conservatrice d’Oltremanica. Ma possono farlo? Intendo dire: possono stabilire d’averne abbastanza, smettere di rinnovare la tessera del club e farsi gli affari loro così, leggermente e impunemente? La risposta sembra essere “No”.