L’amore per le liste ha a che fare con compulsioni e ossessioni che solo un bravo psicoanalista può spiegare. Però poi scopri che Umberto Eco vi ha dedicato un libro erudito, che liste e classificazioni […]

L’amore per le liste ha a che fare con compulsioni e ossessioni che solo un bravo psicoanalista può spiegare. Però poi scopri che Umberto Eco vi ha dedicato un libro erudito, che liste e classificazioni […]
Le classifiche prestano spesso il fianco a numerose critiche, non ultime quelle sulla qualità della vita di cui ha già parlato Hic Rodus in un post a cui ispiro scherzosamente il titolo. Le classifiche delle Università non fanno eccezione (oramai sono un fenomeno del dibattito nazionale e locale). Le critiche sono facili perché è difficile sintetizzare fenomeni complessi con pochi, e talora discutibili, indicatori.
È uscita lunedì scorso la 25^ classifica sulla qualità della vita nelle province italiane che il Sole 24 Ore si ostina a propinarci ogni anno (QUI la mappa interattiva). Un esercizio ridicolo, metodologicamente discutibile e anche eticamente non privo di rischi. Poiché mi scaglio contro queste classifiche dal lontanissimo 1988 (quando recensii alcuni dei primi volumi con queste classifiche) e non ho mutato parere da allora, vi chiarisco i come e i perché tecnici di questo esercizio e del perché sia di norma una stupidaggine. Naturalmente, come feci anche trattando l’argomento dei sondaggi politici, per certi versi analogo, tratterò abbastanza divulgativamente il tema rinviando i lettori interessati agli indicatori sociali (di questo si tratta) alla pubblicistica specializzata.