I 100 migliori del 2016

L’amore per le liste ha a che fare con compulsioni e ossessioni che solo un bravo psicoanalista può spiegare. Però poi scopri che Umberto Eco vi ha dedicato un libro erudito, che liste e classificazioni sono un problema complesso nel pensiero epistemologico e metodologico e che possono anche essere utilizzate come espediente retorico in letteratura: famosa la lista delle navi e loro capitani all’inizio dell’Iliade, anche se a me piace tantissimo questa lista spuria di Henry Miller, da Tropico del Cancro:

Da ogni parte della terra eran venuti a me a farsi soccorrere. Esclusi i Primitivi, non c’era razza che non fosse presente, in forza. Tranne gli ainu, i maori, i papuani, i vedda, i lapponi, gli zulù, i paragoni, gli igoroti, gli ottentotti, i tuareg, tranne gli scomparsi popoli della Tasmania e dell’Atlantide, tranne gli scomparsi uomini di Grimaldi, io avevo la rappresentanza di quasi ogni specie esistente sotto il sole. Avevo due fratelli che tuttora adoravano il sole, due nestoriani del vecchio mondo assiro; avevo due gemelli maltesi e un discendente dei maya dello Yucatán; avevo alcuni dei nostri piccoli fratelli bruni delle Filippine e alcuni etiopi d’Abissinia; uomini delle Pampas argentine e cowboy superstiti del Montana; avevo greci, lèttoni, polacchi, croati, sloveni, ruteni, cechi, spagnoli, gallesi, finlandesi, svedesi, russi, danesi, messicani, portoricani, cubani, uruguaiani, brasiliani, australiani, persiani, giapponesi, cinesi, giavanesi, egizi, africani della Costa d’Oro e della Costa d’Avorio, indù, armeni, turchi, arabi, tedeschi, irlandesi, inglesi, canadesi, e branchi di italiani e branchi di ebrei. Avevo solo un francese, che io ricordi, e rimase appena tre ore. Avevo qualche indiano d’America, soprattutto cherokee, ma non un tibetano, non un eschimese: ho visto nomi che nemmeno avrei immaginato e scritture dalla cuneiforme agli ideogrammi cinesi, sofisticati e sorprendentemente belli. Ho sentito mendicar lavoro uomini che erano stati egittologi, botanici, chirurghi, cavatori d’oro, professori di lingue orientali, musicisti, ingegneri, medici, astronomi, antropologi, farmacisti, matematici, sindaci di città e governatori di stati, secondini, vaccai, boscaioli, marinai, ladri di ostriche, stivatori, ribaditori, dentisti, pittori, scultori, idraulici, architetti, spacciatori di droga e procuratori di aborti, mercanti di bianche; palombari, conciateti, contadini, venditori di giacche e cappotti, cacciatori di pelli, guardiani di fari, magnaccia, assessori comunali, senatori, tutto quel che si trova sotto il sole, e tutti quanti a mendicare lavoro, sigarette, i soldi del tram, e una possibilità, Cristo Onnipotente, una possibilità!

Adesso che ho reso omaggio alla Cultura con la “C” maiuscola mi permetterete di scendere di livello e abbassarmi al livello dei più comuni giornali e magazine che più o meno in questa stagione propongono le liste dei “100 migliori…” (libri, ristoranti, film…). Naturalmente non ci siamo dedicati noi a questa fatica immane (tranne in un piccolo caso) e abbiamo semplicemente saccheggiato Internet seguendo alcune piccole regole: possibilmente liste sui “100 migliori” ma disponibili anche a elenchi di ampiezza diversa; rigorosamente riferibili al 2016 tranne in alcuni casi dove ci sembrava utile considerare altri archi temporali. Poiché abbiamo altre volte trattato il problema degli indici e delle classifiche (di università, di qualità della vita, di sanità) in modo critico, per farci perdonare questo post ricordiamo, in conclusione, dove abbiamo spiegato perché occorra, in realtà, diffidarne in merito alla loro affidabilità. In questo modo questo esercizio rimarrà nell’ambito che gli pertiene, quella del gioco leggero.

Economia

Cultura

Politica e società

Sport

Ristorazione e vini

Glamour, viaggi e tempo libero

Qualità della vita

Perché queste classifiche (anche le più serie) sono da prendere con le molle

Ecco le riflessioni pubblicate su Hic Rhodus, generalmente riferite a qualche indice (spesso internazionale) che rimbalza con una qualche eco sulla stampa rivelandosi però (a un’analisi più attenta) poco affidabili.