Se l’oggetto d’indagine è differente da quello delle scienze fisiche, per le scienze sociali non può che essere differente anche lo scopo ultimo del processo di conoscenza.

Se l’oggetto d’indagine è differente da quello delle scienze fisiche, per le scienze sociali non può che essere differente anche lo scopo ultimo del processo di conoscenza.
Troppe parole. Siamo persi in una frastornante cacofonia di parole che plasma il mondo in una maniera surreale…
Stiamo parlando di rapporto fra popolo ed élite. Ma se non esiste più il popolo, a chi deve guardare l’élite?
Non volevo scrivere nulla sull’attentato di Dacca. Qui su Hic Rhodus abbiamo scritte molte pagine, dopo gli attentati che si susseguono da mesi; analisi sul jihadismo, il Daesh e i suoi sfacciati amici e correi, tutti assolutamente noti e in generale nostri “alleati”; le conseguenze geopolitiche ed economiche; la crisi del Medio Oriente, sue origini e conseguenze.
Essendomi viste 6 stagioni di Walking Dead in un paio di settimane posso dichiararmi, oltre che completamente istupidito, un esperto di zombie di medio livello, e se ci aggiungiamo la serie di Resident Evil, World War Z e naturalmente i vecchi film di Romero direi che sì, tutto sommato sono abbastanza esperto. Ho quindi capito le seguenti cose:
Masterchef, come X Factor, Ballando con le stelle e molti programmi di successo della televisione, sono definiti ‘talent’ (QUI una carrellata di quelli più noti) creando confusione nel pubblico. La natura di tale confusione è interessante e meritevole di un piccolo post come questo che si cala nel filone – abbastanza praticato qui su HR – della riflessione sui mass media e i social, e di come questi condizionino in qualche modo il nostro pensiero e il nostro agire.
– vorrebbe dirmi, per favore, che strada bisognerebbe prendessi da qui?
– Ciò dipende, e non poco, da dove vuoi arrivare, – disse il Gatto.
– Non m’interessa molto dove… – disse Alice.
– Allora non importa quale strada intraprendere, – disse il Gatto.
– … purché arrivi in qualche posto, – aggiunse Alice a mo’ di spiegazione.
– Oh, in quanto a questo, stai sicura – disse il Gatto, – basta che tu faccia abbastanza strada.
(Lewis Carrol, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie)
Vi propongo una piccola analisi che porterà elementi di riflessione ad alcuni vecchi post sul linguaggio già pubblicati qui su Hic Rhodus (li cito in fondo). Ho scoperto casualmente un gruppetto politico-culturale di cui all’inizio ho stentato a capire se fossero di sinistra oppure di destra; all’inizio mi sembrava che avessero semplicemente le idee confuse; poi ho pensato che agissero con cinica consapevolezza per ingannare potenziali lettori; infine ho capito una cosa più straordinaria: poiché con le parole si può dire tutto, e le parole costruiscono il mondo (come ho spiegato nei miei precedenti articoli), possono formarsi delle sacche ideologiche, delle faglie concettuali, delle sbavature semantiche in cui parole appartenenti a province di significato differenti appaiono invece coerenti fra loro nel formare un nuovo testo, inimmaginato dagli autori originali citati e inimmaginabile a noi lettori che li troviamo incistati in contesti estranei.
nulla si compie se non s’apre bocca.
(Euripide, Supplici)
In questo post vorrei sostenere che, a differenza del linguaggio ordinario, quello poetico non può mentire. Ciò significa, naturalmente, che quello ordinario può farlo, è adatto, è quasi programmato per la menzogna e la simulazione, e devo necessariamente prima argomentare quest’affermazione così radicale. Anche per discutere sulla mendacità del linguaggio dovrei spiegare molte cose su come funziona, e in particolare su quella che si chiama funzione perlocutoria, ma fortunatamente su questo ho già scritto diverse cose cui rinvio gli interessati: