Non siamo un Paese forte. Neppure così così. Leggendo gli indicatori di Fund For Peace siamo a un passo dal fallimento.

Non siamo un Paese forte. Neppure così così. Leggendo gli indicatori di Fund For Peace siamo a un passo dal fallimento.
Il linguaggio è ambiguo ed equivoco. Il linguaggio è potente e costruisce la realtà. Noi in mezzo a cercare di capire, usando il linguaggio strumentalmente per scopi ordinati e scientifici. Una discussione (e la Mappa 25 dedicata al linguaggio su HR).
Esce l’ennesimo indice globale in cui l’Italia ha punteggi vergognosi: è la volta della libertà di stampa in cui, secondo i promotori dell’indagine (Reporters Without Borders), siamo ben al 77° posto “dopo Burkina Faso e Botswana” (La Stampa) o dopo la Moldavia (la Repubblica) o il Nicaragua (il Fatto Quotidiano) a seconda di quale paese abbia colpito più la fantasia dei titolisti. Ogni volta che esce un rapporto di questo genere la stampa si scatena, con maggiore o minore veemenza, e io scrivo un post controcorrente per dire, sostanzialmente, che questi rapporti, coi loro indici, utilizzano di regola metodi discutibili
Le classifiche prestano spesso il fianco a numerose critiche, non ultime quelle sulla qualità della vita di cui ha già parlato Hic Rodus in un post a cui ispiro scherzosamente il titolo. Le classifiche delle Università non fanno eccezione (oramai sono un fenomeno del dibattito nazionale e locale). Le critiche sono facili perché è difficile sintetizzare fenomeni complessi con pochi, e talora discutibili, indicatori.
Oltre a combattere contro le bufale in Rete, le bugie dei politici, l’incomprensione dell’economia e le telefonate truffaldine dobbiamo anche imparare a difenderci da serissimi spacciatori di presunte verità che servono (forse) a indirizzare l’orientamento politico e culturale delle persone ma che si rivelano prive di una serie base empirica e argomentativa.
È uscita lunedì scorso la 25^ classifica sulla qualità della vita nelle province italiane che il Sole 24 Ore si ostina a propinarci ogni anno (QUI la mappa interattiva). Un esercizio ridicolo, metodologicamente discutibile e anche eticamente non privo di rischi. Poiché mi scaglio contro queste classifiche dal lontanissimo 1988 (quando recensii alcuni dei primi volumi con queste classifiche) e non ho mutato parere da allora, vi chiarisco i come e i perché tecnici di questo esercizio e del perché sia di norma una stupidaggine. Naturalmente, come feci anche trattando l’argomento dei sondaggi politici, per certi versi analogo, tratterò abbastanza divulgativamente il tema rinviando i lettori interessati agli indicatori sociali (di questo si tratta) alla pubblicistica specializzata.