Saviano a processo per diffamazione, avendo dato dei “bastardi” a Meloni e Salvini. Una riflessione sull’uso della parola da parte degli intellettuali, e di quello della sanzione da parte del potere.

Saviano a processo per diffamazione, avendo dato dei “bastardi” a Meloni e Salvini. Una riflessione sull’uso della parola da parte degli intellettuali, e di quello della sanzione da parte del potere.
Una voce giovane che dissente dai nostri vecchi post sull’apologia di fascismo. Intervenite!
Si sta discutendo una legge per inasprire le pene per apologia di fascismo. Sicuri che sia giusto? Un’opinione fastidiosa per coloro che pensano che reprimere le opinioni sia meglio che educare alla libertà.
Il Freedom of Thought Report è il rapporto annuale sulla discriminazione contro gli umanisti, atei e non religiosi redatto da IHEU – International Humanistic and Ethical Union.
Esce l’ennesimo indice globale in cui l’Italia ha punteggi vergognosi: è la volta della libertà di stampa in cui, secondo i promotori dell’indagine (Reporters Without Borders), siamo ben al 77° posto “dopo Burkina Faso e Botswana” (La Stampa) o dopo la Moldavia (la Repubblica) o il Nicaragua (il Fatto Quotidiano) a seconda di quale paese abbia colpito più la fantasia dei titolisti. Ogni volta che esce un rapporto di questo genere la stampa si scatena, con maggiore o minore veemenza, e io scrivo un post controcorrente per dire, sostanzialmente, che questi rapporti, coi loro indici, utilizzano di regola metodi discutibili
L’antefatto – ma è solo un antefatto e non parlerò di questo – è la dichiarazione di Dolce e Gabbana sui “figli della chimica”, le adozioni gay e la famiglia tradizionale. Un furioso Elton John ha avviato un boicottaggio (hashtag #BoycottDolceGabbana) seguito da un pezzo di star system eccetera. L’idea del boicottaggio di un’opinione ha animato una piccola discussione con alcuni amici e mi ha portato a farmi una semplice ma importante domanda: boicottare è un’espressione legittima del mio libero pensiero o è una forma di intolleranza? È una protesta valida in determinati casi di comportamenti violenti (per esempio, a livello internazionale, contro il bullismo russo) e in altri invece diventa forma inaccettabile di danno economico a chi ha semplicemente espresso una propria idea (come nel caso di D&G)?
Periodicamente si denuncia il fenomeno parlamentare del cambio di casacca, deputati e senatori che abbandonano il loro gruppo aderendo ad altri e spesso, in virtù di tale cambio, portando voti decisivi alla maggioranza. Ultimamente ha fatto notizia il conteggio proposto da alcuni quotidiani secondo i quali, a inizio Febbraio 2015, ben 254 parlamentari (circa un quarto del totale) avevano cambiato gruppo in circa due anni di legislatura.
Archiviata la tragedia parigina e le varie e diverse reazioni politiche nei riguardi degli assassini e dei loro mandanti (un ricco dibattito al quale ha partecipato anche Hic Rhodus) le analisi possono farsi più fredde e lucide. C’è un tema fra gli altri, sollevato in particolare oltreoceano ma soffocato da noi dall’emotività del momento e dai milioni in piazza a Parigi, che a me sembra di estremo interesse anche al di là del problema del terrorismo, ovvero il necessario bilanciamento fra libertà d’espressione e diritti altrui, fra i quali il diritto di non essere oggetto di odio. Con esplicito riferimento al caso di Parigi per esempio David Brooks sull’International New York Times dell’8 Gennaio scrive chiaramente che un giornale come Charlie Hebdo negli Stati Uniti sarebbe stato chiuso 30 secondi dopo la prima uscita in quanto “istigatore d’odio”.
Si è infiammato il dibattito sull’introduzione dell’immunità parlamentare nella proposta di riforma del Senato. La indignants-united ha riaperto bottega in un batter d’occhio per denunciare, dissacrare e (ah! se solo si potesse non solo metaforicamente!) linciare i bastardi della casta che ci provano sempre, a fregarci. Mi permetto di dissentire fortemente e di denunciare a mia volta la piccolezza d’analisi, la pura umoralità che sempre e sempre e sempre guida le denunce degli italiani, che si tratti di stabilire se Anna Maria Franzoni è vittima o assassina, se la Nazionale ai Mondiali sia eccezionale o brocca, se l’amatriciana si debba fare col guanciale o con la pancetta e se l’immunità parlamentare sia roba da schifosi profittatori della politica o no. Tanto l’argomento non è mai veramente importante, ciò che conta è denunciare, allarmare, inquietare, additare al pubblico ludibrio, graffiare il dibattito per dimostrare di esserci, come il vecchio Qfwfq nel racconto di Calvino Un segno nello spazio.