Traditori, responsabili, voltagabbana o liberi di decidere?

voltagabbana

Periodicamente si denuncia il fenomeno parlamentare del cambio di casacca, deputati e senatori che abbandonano il loro gruppo aderendo ad altri e spesso, in virtù di tale cambio, portando voti decisivi alla maggioranza. Ultimamente ha fatto notizia il conteggio proposto da alcuni quotidiani secondo i quali, a inizio Febbraio 2015, ben 254 parlamentari (circa un quarto del totale) avevano cambiato gruppo in circa due anni di legislatura. Come avranno notato i più attenti fra i nostri lettori c’è una costante: gridare allo scandalo o replicare elogiando non dipende affatto dal colore del partito ma solo dalla circostanza contingente: se sei un partito abbandonato gridi allo scandalo ma se dopo qualche tempo qualcuno abbandona l’avversario per entrare nei tuoi ranghi elogi il coraggio; se il partito penalizzato è un tuo avversario sei contento, ma se l’alleanza cambia ti dispiaci… Questo vale per tutti indistintamente, ma poiché – come dice Grillo – la Rete non dimentica basta comparare quanto scriveva nel suo blog il 10 Agosto 2010 in occasione dell’uscita di Fini dal Popolo delle libertà (sostenendo la legittimità delle ragioni di Fini) e quanto sostenuto più recentemente fino all’ultimo post del 7 Febbraio 2015 dove Grillo invoca l’introduzione del vincolo di mandato (una cosa che chiede già da un po’ vista l’emorragia nel suo Movimento).

Voltagabbana 1Poiché siamo tutti a conoscenza della realtà scandalosa e penalmente rilevante della compravendita di parlamentari è chiaro che dobbiamo tracciare una chiara linea di demarcazione: il caso De Gregorio, reo confesso di essere stato comperato da Berlusconi per far cadere il governo Prodi, non dobbiamo dimenticarlo; o i “divertenti” Razzi e Scilipoti che si sono comperati una ricandidatura grazie al soccorso verso il governo Berlusconi tradendo l’Italia dei Valori che li aveva eletti; o numerosi altri casi che appartengono a tutta la Storia parlamentare italiana. Non a caso ci sono spesso gli estremi di reato, e quando non ci sono è evidente all’opinione pubblica lo scambio intercorso, il servaggio manifesto del venduto e il beneficio che ne trae l’acquirente. Di questi non parlo, sono esecrabili, condannabili e sperabilmente perseguibili.

Voltagabbana 2Resta l’amplissima area di coloro di cui non si vede l’immediato motivo di scambio (un’area grigia di sospettabile opportunismo di ampio raggio, il saltare sul carro del vincitore solo per avere un ipotetico vantaggio futuro, il votare a favore di una maggioranza cui non appartieni per far durare di più la tua poltrona…) e specialmente di quelli che cambiano idea e gruppo politico per una visibile e ragionevole crisi politica, di coscienza, di ideali. Il caso Fini è emblematico: quando lasciò il Popolo delle Libertà nel 2009 lo fece per una profonda divergenza di opinioni e di linea politica e non solo non ricevette benefici immediati ma segnò l’inizio della sua discesa politica; Ichino se ne andò dal PD per profonde divergenze nella linea di politica economica aderendo – a suo rischio – al nuovo movimento di Monti (Scelta Civica) su posizioni più liberali, salvo tornare nei giorni scorsi, assieme a diversi altri compagni di partito, nuovamente nel PD che si è spostato (il PD) su posizioni meno massimaliste e più liberali; molti 5 Stelle sono usciti (o sono stati cacciati) per divergenze politiche e soffocante autoritarismo interno… Considerare tutti, senza capacità di distinguere senza generalizzare, dei “voltagabbana” mi sembra profondamente sbagliato e ingiusto.

La Costituzione, interpretata anch’essa un po’ come pare a ciascuno, all’art. 67 recita:

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

“Senza vincolo di mandato” significa che il parlamentare non ha alcun dovere pre-definito, decide in liberà di coscienza anche in contrasto col proprio gruppo politico (una norma costituzionale che abbiamo già ricordato, qui su HR, a proposito di dissenso politico e incarichi parlamentari). È giusto, è corretto chiedere – come fanno Grillo e Salvini – l’abolizione di questa norma? Dipende. Tempo fa Grillo, nel post Circonvenzione di elettore del 3 Marzo 2013, scrisse:

Il voto è un contratto tra elettore ed eletto ed è più importante di un contratto commerciale, riguarda infatti la gestione dello Stato. Se chi disattende un contratto commerciale può essere denunciato, chi ignora un contratto elettorale non rischia nulla, anzi di solito ci guadagna.

non accorgendosi di cadere nell’apologia del voto di scambio: il candidato mi deve promettere qualcosa, io lo voto per quello e poi lui deve “contrattualmente” rispettare l’impegno (c’è tutta l’apologia grillina dei parlamentari portavoce dei cittadini, che votano in Aula secondo quanto i cittadini dichiarano di volere on line…).

Il senatore Sergio De Gregorio
Il senatore Sergio De Gregorio

Io credo che le cose siano differenti, e non poco. E la differenza non è chiaramente identificabile in modo netto, chiaro e una volta per tutte. Ancora una volta occorre pensiero e pazienza, lungimiranza e capacità di discernimento perché la Verità, anche in questo caso, non è un singolo luogo, un singolo elemento, facilmente discernibile da tutti (almeno da tutti gli uomini di buona volontà), come abbiamo spiegato altrove. Chiediamoci, per esempio, se noi cittadini non cambiamo a volte idea; se nessuno cambiasse idea in Italia ci sarebbero ancora il PCI e la DC, non sarebbero mai nate Forza Italia, la Lega e il Movimento 5 Stelle, non ci sarebbero state le dolorose scissioni di Rifondazione e di Nuovo Centro Destra e così via. I cittadini evolvono e cambiano idea (non tutti, ma neppure pochi) e sempre più in anni recenti rispondono elettoralmente all’offerta politica che viene loro presentata: l’Italia dei Valori ha attratto per alcuni anni non pochi elettori che poi sono confluiti altrove quando la somma di errori di Di Pietro è diventata devastante; gli elettori 5 Stelle provengono dalle fila di molti e differenti altri partiti preesistenti. Voglio dire che fa parte della capacità umana rielaborare le esperienze, considerare evolutivamente in senso critico le nuove circostanze che si propongono, valutare nuove circostanze, considerare nuovi punti di vista, apprezzare o meno nuovi leader… Perché non dovrebbe succedere qualcosa del genere fra i parlamentari?

I senatori Scilipoti e Razzi
I senatori Scilipoti e Razzi

Indubbiamente, come ricordato in un post già menzionato sopra relativamente al dissenso, occorre equilibrio fra la necessità di stare in un gruppo con delle regole e con un minimo di flessibilità e diritto all’espressione del dissenso, fino alla fuoriuscita. Fassina ha tutto il diritto di proporre le sue idee in Direzione PD e se ne guarda bene dal cambiare casacca ma, a mio avviso, ha molto meno diritto a fare una costante campagna contro la linea decisa collegialmente; Ichino – come già rammentato – ha proposto proprie idee finché ha potuto, poi ha salutato e se n’è andato. Quale comportamento è più corretto? Ichino era noto per le sue posizioni e, al netto del discorso sul Parlamento di nominati, è stato eletto nella sua integrità di intellettuale con quelle idee… Onestamente non credo si possa fare un discorso univoco; il che significa che rimarrà sempre spazio alle diverse interpretazioni di ogni gesto politico, e rimarrà chi griderà allo scandalo e chi invece giustificherà con gratitudine. Di una cosa sola sono convinto: l’art. 67 della Costituzione non deve essere toccato perché è un presidio di libertà. Dirò di più: guardo con qualcosa di più che il semplice sospetto coloro che ne invocano l’abolizione; chiedere l’introduzione del vincolo di mandato significa mettere un guinzaglio al collo dei parlamentari e a quel punto altro che “nominati dalle segreterie dei partiti”!

Poiché questo è il centro focale di questo post, permettetemi di insistere proponendovi un paradosso. Supponiamo di abolire l’art. 67 e introdurre il vincolo di mandato; qualcosa del tipo “Devi sempre e solo votare come stabilito dal partito, che certifica la coerenza con le sue promesse elettorali”. In questa situazione a cosa ci servono 1.000 parlamentari (o anche solo i 630 della Camera, qualora il Senato venisse effettivamente abolito)? Se – per capirci – i circa 300 deputati PD devono – col vincolo di mandato – votare a favore della prossima riforma renziana, il centinaio di deputati FI devono votare contro, tutti in massa, e così via, cosa farsene di tutta questa gente che non ha nulla da discutere, perché devono solo votare, come un sol uomo, tutti nella stessa maniera? Meglio mandare allora un solo deputato PD (del “peso” pari a 300), un solo Forza Italia (del peso pari a 100) e così via. Quando arriva un disegno di legge ognuno dichiara il proprio voto (di peso differente), in cinque minuti si vede quali “pesi”, rappresentati da mezza dozzina di parlamentari, vince, e via tutti a casa. Ma a questo punto, sempre sull’onda della semplificazione e del risparmio, perché mai farli stare a Roma, con tutte le spese e scocciature correlate, per adempiere a questo sciocco rito? Facciamo tutto in forma elettronica dalle segreterie dei partiti (tanto è inutile avere deputati che devono eseguire piattamente direttive da qui impartite) e un qualunque commesso registra i risultati. Ma nemmeno! Il Parlamento non serve e basta! Ogni segreteria dichiari il proprio sì e il proprio no, semmai in diretta da Santoro, e la Democrazia sarà finalmente compiuta a costo zero! Ma sì, perché rischiare i voltagabbana e i traditori? Meglio buttare via tutto, anche la libera coscienza e il pensiero critico ma, perbacco! Il voto sarà rispettoso del “contratto” con gli elettori.