Il velo non è una scelta. Le teocrazie patriarcali sono ignobili. Il relativismo è un concetto inappropriato. Le donne islamiche vanno sostenute.

Il velo non è una scelta. Le teocrazie patriarcali sono ignobili. Il relativismo è un concetto inappropriato. Le donne islamiche vanno sostenute.
Qualunque analisi sul’Afghanistan, da oggi in poi, deve partire dalla consapevolezza delle colpe di tutti noi alleati degli USA e due di picche della Nato.
Viviamo di contrapposizioni: renziani e antirenziani, carnivori e vegani, romanisti e laziali… Impossibile diversamente?
C’è stata un’epidemia di molestie sessuali e non ce ne siamo accorti? O c’è un abuso di “politicamente corretto” di tipo paranoico? Ragioniamo ancora su maschi e femmine.
Nel linguaggio politico – specchio di quello corrente – dilaga il sessismo più becero. Le donne in politica sono bersaglio di volgarità inaccettabili, segno dell’esistenza di un nuovo terreno di lotta politica: il linguaggio.
Anni fa in Turchia fui sottoposto a una sorta di terzo grado da un collega turco che voleva sapere che ne pensavo del velo, se mi dava fastidio e così via. Ricordo il mio imbarazzo non tanto nel cercare una risposta diplomatica, quanto nell’intrusione che percepivo in quella domanda, il fatto che il mio interlocutore riponesse così tanto “capitale emotivo” su questa faccenda del velo. Da allora sono piuttosto sensibile al tema; alle Olimpiadi abbiamo visto le atlete velate, i veli appartengono ormai al nostro paesaggio urbano e, di tanto in tanto, qualche tragico fatto di cronaca ci ricorda i padri-padrone, o i fidanzati-padrone, o i mariti-padrone, che in Italia picchiano donne islamiche che non voglio portare il velo (solo gli ultimissimi fatti: Padova, Luglio 2014; Cremona, Luglio 2014; Treviso, Settembre 2014). E nei paesi islamici è molto peggio e si arriva a uccidere, come nel caso del sociologo del Bangladesh recentemente ucciso per strada a colpi di machete perché aveva vietato il velo alle sue lezioni.
[I dati qui presentati sono stati aggiornati con un post del 27 Gennaio 2016 e con uno successivo del 21 Marzo 2018]
Troppo di frequente piangiamo donne uccise da mariti gelosi, fidanzati abbandonati, padri-padroni che non accettano l’indipendenza della figlia, e chiamiamo questo “femminicidio”, come nel recente caso di Motta Visconti, ultimo di una serie destinata a durare. Il problema è emerso a livello di coscienza collettiva da pochi anni, tanto che il legislatore è dovuto intervenire col decreto legge 14 Agosto 2013, n° 93 convertito con modifiche dalla Legge 15 Ottobre 2013, n° 119; la legge interviene sostanzialmente sul Codice penale con ampliamento dell’intervento dell’autorità, della casistica oggetto di tutela e inasprimento delle pene; nell’incipit del DL si può leggere: