Cos’hanno in comune la marocchina K.B. (nomi riservati per la giusta privacy), l’inglese Samantha Murray-Evans, la sua connazionale Jemma Beale, la figlia dell’italiano A.P. (privacy), Federica Minnella, Luisa V., Camilla, l’anonima 16enne milanese la cui falsa denuncia di stupro ha scatenato una vendetta violenta contro il campo rom dei presunti stupratori? Cosa? Avrete capito: hanno tutte simulato uno o più stupri (Jemma Beale, accusatrice seriale) che si sono dimostrati falsi. Oltre al campo rom incendiato ci sono stati uomini accusati, a volte finiti in galera con accuse infamanti. A volte sono padri accusati da figlie, sostenute dalle madri. A volte professionisti rovinati.
Le donne che simulano lo stupro (e di cui si riesce a dimostrare la falsità) sono una minoranza rispetto alle donne aggredite, molestate, stalkerate, violentate e uccise. Lo so, non ci piove, l’abbiamo scritto più volte su Hic Rhodus anche se – per favore lasciatemelo dire – dati alla mano abbiamo mostrato che l’Italia è uno dei posti più sicuri al mondo per le donne. Però “che esista il problema” della violenza sulle donne non può significare che il mondo è costituito da stupratori e stuprate. Che gli autori dello stupro siano maschi, non può significare che ogni uomo sia uno stupratore. Ma neppure che molti siano stupratori. Ma neppure che, per pochi che siano, qualunque maschio sia potenzialmente uno stupratore. Se dallo stupro (situazione estrema) passiamo alle molestie, c’è poi molto altro da dire. L’attuale ondata di uomini (meno) e donne (per lo più) che accusano antiche molestie da parte di attori famosi, celebrità, potenti veri e presunti, ve lo dico chiaramente, mi spaventa molto. C’è un corto circuito non logico, ma molto emozionale, che dalla giusta protezione della parte debole è pian piano scivolata nella preliminare credibilità a priori di tale parte, e quindi nella preventiva colpevolizzazione della “parte forte”. I bambini “strani” sono subito letti come abusati; a volte è terribilmente vero, a volte si montano casi vergognosi di linciaggio. Le maestre di Cura Carpignano (tre anni di processo), quella di Cerano (5 anni), quelle di Pinerolo (4 anni) e altre ancora sono state assolte dopo essere state accusate, con montature mediatiche paradossali (ricordate la vicenda di Pinerolo, con tutti i genitori auto-suggestionati?), alcune costrette a cambiare lavoro.
Chi lavora in servizi sociali, a contatto con famiglie problematiche, sa bene che spesso stupri e incesti sono frequenti, ma che si danno anche fantasie, vendette, subito cavalcate dall’opinione pubblica che – in un certo senso giustamente – si precipita a difendere il/la presut* debole, e semmai qualche magistrato frettoloso che non vede l’ora di far calare l’ascia della Giustizia. Nella società occidentale contemporanea sta maturando un grosso sforzo culturale per l’uguaglianza dei generi. Uno sforzo compiuto da milioni di esseri umani che comprendono l’orrore della violenza, della segregazione, dell’ingiustizia, e che cercano un rapporto umano con l’altro sesso, con l’altro colore della pelle, con l’altra religione. E’ ovvio che altrettanti o più esseri umani non abbiano maturata la stessa consapevolezza e comprensione. E’ umana (capitemi) anche la violenza, ancora parte della nostra parte animale. Siamo a metà strada, forse neppure, e stiamo cercando di “fare i bravi”: cerchiamo (quelli di noi più consapevoli) di non dire negro, di non pensare che i rom siano comunque zingari ladri, di non considerare bombaroli tutti i musulmani e, tornando al nostro tema, cerchiamo di vedere nelle donne delle persone e non degli oggetti sessuali. Qualche volta ci sbagliamo e non siamo bravissimi, d’accordo, ma cerchiamo di fare del nostro meglio, e cerchiamo di educare i nostri figli all’uguaglianza (dei diritti) e alla differenza (da valorizzare, da accogliere, come quella meravigliosa dei generi).
D’altro lato, però, la giusta predisposizione al rispetto di genere sta scivolando nella paranoia. Tanto che alcune donne stanno imparando ad approfittarne. La paranoia, già diffusissima negli States, sta tracimando anche in Europa e quindi in Italia. C’è una tremenda barzelletta che rappresenta bene ciò che vi voglio dire:
Una signora è in vacanza al lago con il marito, appassionato di pesca notturna, un mattino la signora decide di prendere la barca del marito e fare un giro nel lago portandosi un buon libro. Si ferma nel centro del lago e si mette a leggere. Dopo qualche ora si avvicina una guardia forestale e le dice: “signora le devo fare una multa perché in questo punto la pesca è vietata”; sorpresa la signora risponde: “perché? io sto solo leggendo, non sto pescando”; e la guardia: “si signora ma vede, con lei ha tutta l’attrezzatura necessaria, per quello che ne so potrebbe iniziare a pescare da un momento all’altro”. A questo punto la signora risponde: “mi multi pure agente, ma se lo fa io dovrò denunciarla per molestie sessuali”; la guardia sbigottita risponde: “ma io non la sto importunando!” e la signora: “sì ma vede, con lei ha tutta l’attrezzatura necessaria, per quello che so potrebbe iniziare a molestarmi da un momento all’altro”.
Ecco: la donna, che le piaccia o no, è oggetto del desiderio maschile (una questione biologica, prima che psicologica) e l’uomo ha “l’attrezzatura necessaria”. A questo punto, mentre naturalmente la stragrande maggioranza delle persone vive tranquillamente il proprio genere sessuale, una minoranza di maschi abusa della propria attrezzatura, e questi vanno assolutamente identificati, emarginati, educati. Ma una minoranza di donne ha chiaro il fatto che oggi, nella nostra società, un’infamante falsa accusa di violenza, maltrattamenti, abuso, molestia può rovinare un uomo. In un’ora. E qualora la verità fosse scoperta passerebbero anni prima di ristabilire la una situazione di normalità, col presunto reo infamato, additato, forse costretto a cambiare lavoro o città.
C’è una cosa ancora da precisare. La maggior parte dei casi di questi giorni (Spacey, Hoffman, Ratner…) non hanno stuprato nessun*. Le presunte vittime parlano di palpeggiamenti (sia Hoffman che Spacey), in alcuni casi di esibizionismo (Spacey e Ratner) e altre pratiche disgustose, riprovevoli, offensive, va bene, ma che si respingono con un rifiuto e una risata. Leggiamo una delle accuse a Spacey:
Contro l’attore premio Oscar pesano inoltre le accuse di Tony Montana, regista messicano: l’episodio che coinvolge Spacey risale al 2003. Entrambi si trovavano in un bar di Los Angeles, Montana era ubriaco: fu avvicinato e toccato dall’attore, che poi riuscì a respingerlo ma per i successivi sei mesi restò in cura per trattamento post traumatico da stress.
Ora: Spacey non doveva molestare Montana? Ovvio. L’ubriachezza (forse anche di Spacey) è un’attenuante? No. Ma posso dire che un approccio insistente e – pare di capire – facilmente interrotto, giustifica sei mesi di cura psicologica solo in un caso veramente molto particolare, ipersensibile, quasi (ho scritto: ‘quasi’!) difficile da credere? Ok, Cameron era molto sensibile e Spacey non doveva neppure pensarci. Passiamo a Hoffman:
La scrittrice Anna Graham Hunter, in una lettera inviata a Hollywood Reporter, sostiene che l’attore, oggi 80enne, la palpeggiò e fece nei suoi confronti allusioni sessuali.
Una cosa bruttissima perché la donna all’epoca aveva 17 anni. Imperdonabile. Ma vorrei capire cosa significa ‘palpeggiamenti’ (le ha sfiorato il sedere? Le ha afferrato il seno? Ha praticato il trumpiano grab them by the pussy?) perché il termine è equivoco. E le allusioni sessuali? Le ha detto forse “Sai che sei carina?”, oppure “Non so cosa ti farei” o ancora “Sei un bel pezzo di figliola”… In America è scandalosa la parola ‘vagina’ e non la si può dire in pubblico (famosa la deputata – dico: de-pu-ta-ta – americana cacciata dall’aula per avere usata quella parola); è scandaloso ‘capezzolo’, è considerata politicamente scorretta ogni allusione, vera o presunta, alla sessualità femminile, alle mestruazione, al corpo della donna. Gli americani sono dei bigotti paranoici e credono, con ciò, di essere “politicamente corretti” e difendere il genere femminile. Ecco perché, anche a distanza di anni, a volte decenni, un’accusa di molestie vale a Spacey (premio Oscar, protagonista della fortunata serie House of Cards) la chiusura della serie Netflix.
So bene che molte donne hanno subìto le attenzioni predatorie di maschi primitivi e ignoranti. E capisco bene che questo degrada la vittima che da “persona” finisce per sentirsi oggetto erotico di un maschio disprezzabile; e che diventa difficile il rapporto fra un sé minacciato e una società che ancora, sovente, in certi contesti, non attribuisce importanza a questa offesa o, peggio, colpevolizza la vittima. Penso, onestamente, di avere sufficiente sensibilità per capire come per alcune di voi, lettrici, le cose siano più complesse di come io le sto rappresentando. Sono più complesse dentro di voi, nel vostro fòro interiore, nel dialogo interiore dove vi narrate il mondo trovandolo ostile nella sua parte maschile, perché quella parte vi ha offese. Ma vorrei anche dire che questo dolore, queste cicatrici, non possono diventare elemento strutturale di una visione definitiva dei rapporti fra i sessi. Come ho cercato di spiegare in altro post diventa poi facile l’equivoco fra un corteggiamento e un’aggressione, fra una allusione e una volgarità. I maschi non sono perfetti ma sono assolutamente sicuro nel dire che non lo sono neppure le femmine. Semplicemente non lo sono le persone.
Per questo, in conclusione, mi sento certamente di biasimare qualunque comportamento ostile, sul piano sessuale, verso persone “deboli” (non necessariamente donne, ma anche sottopost*, persone ricattabili…), ma invito ad andare coi piedi di piombo coi giudizi, le facili condanne, l’adesione a stereotipi solo apparentemente “politicamente corretti” e, in realtà, terribilmente omologati, un po’ ottusi e fondamentalmente violenti, come violento è il linguaggio che etichetta, il linguaggio che lincia, il linguaggio che obbliga.
Risorse:
- Mattia Feltri, Beat degeneration, “La Stampa”, 2 Novembre 2017.
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