I talk show sono il male. Sono manipolatori, faziosi, falsi. Ma perché mai continuare a guardarli?

I talk show sono il male. Sono manipolatori, faziosi, falsi. Ma perché mai continuare a guardarli?
Erano meglio i film con Edwige Fenech.
Da anni sul grande e sul piccolo schermo negli USA si esaltano i “bad cops”, quelli che estorcono confessioni a suon di cazzotti. E questo influenza il pensiero collettivo.
L’esasperata sovrarappresentazione dei gay nel cinema e nelle serie TV ci deve porre alcune domande.
Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio «uomo» che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione*, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto «mezzo tecnico», ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione* che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. (Pier Paolo Pasolini, Sfida ai dirigenti della televisione, “Il Corriere della Sera”, 14 ott 2015 (originale: 9 dic 1973). * A 'televisione' sostituire, oggi, social media).
L’impolitica dilaga. Troveremo una strada per non omologarci, resistere, e tornare alla politica argomentata?
Per qualche strano motivo si è diffusa l’idea che l’improbabile, esorbitante numero di format politici che è vanto e gloria del palinsesto italiano sia “sinonimo di democrazia”, e che al contrario, tutti quei senatori e deputati fossero solo un inutile spreco della politica, pardon della “casta”, e tanti saluti a pesi, contrappesi e garanzie. Oggi Di Maio rivendica con orgoglio una vittoria che, più ancora che col Pd, andrebbe condivisa con “Striscia la notizia”, “Le Iene”, “Report”, “Ballarò”, “Dritto e rovescio”, “Piazza Pulita” e tutta la compagnia di giro. Dietro quell’ottanta per cento di italiani che gioiscono per la scure che ha tagliato i costi della nostra democrazia ci sono anche i frutti di almeno quindici anni di telepolitica scatenata. (Andrea Minuz, La politica travolta dal trash, "il Foglio", 13 ott 2019(
Realiti mette in scena l’Italia del selfie, il narcisismo dei poveri. Ha come mentore Enrico Lucci, un conduttore che cerca di raccontare il Paese profondo, senza mai assumere una visione moralista o sprezzante. L’obiettivo è di cogliere la dimensione nazional-popolare, una visione che traghettò la Rai dalla televisione pedagogica a quella generalista [...]
Carlo Freccero a proposito del "caso Lucci" e di Realiti, oggi sul "Fatto Quotidiano".
Qual è il significato di Miss Italia nel nuovo millennio, se non quello di una vaga nostalgia per cliché ormai senza senso?
“Il miracolo” di Ammaniti pone domande analoghe al credente e all’ateo.
Lessico della Tetra Repubblica: Hater (odiatori nella rete): perché così tanti? Da cosa sono mossi? Cosa vogliono veramente?
Non c’è nessun caso Insinna. C’è piuttosto un caso Striscia la Notizia, programma di disinformazione populista che contribuisce pesantemente a dis-educare gli spettatori.
Una riflessione che parte dagli stereotipi delle “donne dell’Est” di Paola Perego e arriva alla politica. Perché c’è un filo conduttore, che si chiama omologazione, e minaccia la nostra democrazia.
Breve analisi sociologica di X Factor. Il talent come metafora della vita 2.0 e la sfida come affermazione di sé nel mondo dell’immagine.
Il peggio di quanto avviene attorno al terremoto: giornalisti biasimabili, diffusori di bufale, sciacalli e, sopra ogni cosa, la retorica degli italiani brava gente.