L’Occidente è alle strette con la seconda ondata di virus. L’Oriente no. Perché? Una riflessione sulla crisi della democrazia occidentale.

L’Occidente è alle strette con la seconda ondata di virus. L’Oriente no. Perché? Una riflessione sulla crisi della democrazia occidentale.
Tutti, nessuno escluso, pensano di essere originali e di odiare il pensiero unico. Ma spesso non è così. Una breve guida per riconoscere l’omologazione.
Il linguaggio politicamente corretto dilaga invadendo tutti gli spazi della nostra vita sociale. Ma si tratta di una trappola.
Non c’è scampo alla potenza del pensiero massificato, alla volontà ottusa della massa, al male totale della massa.
Sapete argomentare o solo asserire? Riuscite a farlo scampando i pericoli delle fallacie logiche e delle ideologie o ci cascate dentro con entrambi i piedi?
Fra i cattivissimi detrattori di Silvia Romano e i buonissimi suoi santificatori, è in corso un dibattito sterile che impedisce una visione critica della vicenda della cooperante.
Quale antifascismo nel Terzo Millennio? Non quello astorico dell’Anpi, non quello commemorativo di una storia diversa da quella che ci piace raccontare. Ma un antifascismo contro il populismo e il pensiero omologato.
Il coronavirus andrà come andrà… Ma se incominciassimo ora a pensare al dopo, e a pensarlo migliore di quello attuale?
Scriviamo tonnellate di post su Facebook, su Twitter, sui blog… perché? Ma soprattutto: per chi? A chi ci rivolgiamo, e cosa speriamo di ottenere?
Il dibattito (?) sul coronavirus mostra ancora una volta come l’opinione pubblica sia costantemente eterodiretta e falsata; con gravi conseguenze.
Il negazionismo dilaga, assieme alla complessiva abbrutente omologazione di massa. Quasi quasi era meglio un asteroide…
Ed ecco il coronavirus cinese a popolare i nostri incubi di occidentali ansiosi e viziati. E come rispondiamo? Con lo sciocchezzaio della consueta omologazione 2.0.
Occorre fare i conti con la crescente marea nera dell’intolleranza, del razzismo, sovranismo, fascismo. Che fare?
L’impolitica dilaga. Troveremo una strada per non omologarci, resistere, e tornare alla politica argomentata?
Per qualche strano motivo si è diffusa l’idea che l’improbabile, esorbitante numero di format politici che è vanto e gloria del palinsesto italiano sia “sinonimo di democrazia”, e che al contrario, tutti quei senatori e deputati fossero solo un inutile spreco della politica, pardon della “casta”, e tanti saluti a pesi, contrappesi e garanzie. Oggi Di Maio rivendica con orgoglio una vittoria che, più ancora che col Pd, andrebbe condivisa con “Striscia la notizia”, “Le Iene”, “Report”, “Ballarò”, “Dritto e rovescio”, “Piazza Pulita” e tutta la compagnia di giro. Dietro quell’ottanta per cento di italiani che gioiscono per la scure che ha tagliato i costi della nostra democrazia ci sono anche i frutti di almeno quindici anni di telepolitica scatenata. (Andrea Minuz, La politica travolta dal trash, "il Foglio", 13 ott 2019(