La statua della spigolatrice di Sapri ha destato scandalo. Una giovane in vesti succinte dovrebbe ricordare la poesia di Luigi Mercantini, che rievoca l’impresa di Carlo Pisacane. Inaugurata la statua con le autorità, Laura Boldrini si è affrettata a bollarla come sessista e giù di polemica, pavlovianamente innescata e riprodotta di tweet in tweet, di profilo in profilo, con gli stilemi triti di una polemica (femminista?) a mio avviso assai povera di cultura e di idee. Ora: se mangiando una pizza, gli amici (ma anche le amiche, eh?) mi chiedessero cosa penso di quella statua, direi semplicemente che mi pare brutta, e continuerei a mangiare la pizza. A me pare brutta sotto un profilo artistico, che direi che è l’unico rispetto al quale interpretare il lavoro o, quanto meno, il principale. Ma poiché la mia cultura artistica – con mio sommo dispiacere – è davvero carente, oltre a dire che “per me” è brutta non avrei altri argomenti e tacerei. Ho cercato qua e là giudizi tecnici, artistici, e ho trovato per esempio QUESTO della critica d’arte Chiara Sevettieri (non so se sia rappresentativo, questo ho trovato, e se andate di fretta potete anche non leggerlo).
Ripeto: non sono un critico d’arte, ma non ho neppure l’anello al naso, e per esempio so bene come in tutte le epoche pittori e scultori hanno rappresentato soggetti del passato in costumi e contesti contemporanei, perché la funzione dell’arte è parlare ai contemporanei e non – salvo eccezioni – fare cronaca (è una delle critiche della Sevettieri); l’abito succinto, poi, dovrebbe probabilmente rappresentare la sensualità, sì, perché quella della spigolatrice è una storia (una leggenda, una poesia) d’amore. Quanto al decorum di cui parla Chiara Sevettieri è un criterio talmente soggettivo, che lei stessa riporta in forma vaga.
La cosa che mi disturba fortemente è la tempesta scatenata, in automatico e senza pensiero critico, da un tipo di pensiero (femminile, femminista?), che rasenta la paranoia. Avendo fatto, su quella cloaca di Facebook, colpa mia, una vaga critica al riflesso automatico della Boldrini, una amica mi ha scritto:
suvvia Claudio, ma che razza di statua è? Avrei capito se fosse stata commissionata per un locale a luci rosse di perversi, di quelli che oltre alle donne dal vivo toccano il culo delle statue, o in una dark room per segaioli seriali, ma in una piazza e con la scusa di rappresentare molto verosimilmente una donna contadina in difesa di imprese risorgimentali, lei, con già il modello della mutanda brasiliana incorporato… ma io manderei a spigolare gli uomini che hanno commissionato questa roba e il suo autore in mutanda brasiliana…
A me i “segaioli seriali” immaginati da questa donna di cultura mi fanno riflettere su schemi mentali (psicologici, culturali) che – ne sono convinto – sono in gran parte irriflessi, automatici, che rispondono a processi interiori differenti da quelli che paiono; mi viene da fare un’analogia coi complottisti: come i complottisti, avendo definito a priori che il mondo è governato dal Male, vedono complotti ovunque, così un certo pensiero femminile, o femminista, vede porcaggine maschile ovunque, a prescindere. Come i complottisti non sono disposti a ragionare oltre i propri schemi, perché chi prova a diversamente convincerli è – per loro con tutta evidenza – un servo del sistema, così queste femministe non sono in grado di ragionare sulle ragioni e le forme del rapporto maschio-femmina, non accettano considerazioni sociologiche, storiche, eccetera, perché se provengono da un uomo costui, per definizione, è un nemico che ha interesse a minimizzare la Sacra Battaglia Delle Donne, e se è femmina è una poveraccia asservita al patriarcato dominante.
Io credo che lo scandalo sia nell’occhio di chi guarda (Marco 9,42-49), e se volete una citazione meno cristiana ve la servo con Anatole France: “Nessuna cosa è in se stessa onesta né turpe, giusta né ingiusta, piacevole né penosa, buona né cattiva. E’ l’opinione della gente che dà la qualità alle cose, come il sale dà sapore ai cibi.”
L’opinione della gente; la cultura dominante; il pensiero di massa… Sociologicamente la cosa funziona più o meno così: l’evoluzione “dei costumi” (scusate il termine generico e desueto) porta maggiori livelli di consapevolezza sociale; per esempio nella società occidentale la consapevolezza della disparità di genere, che è oggettiva; anche del sessismo patriarcale, per carità, che ne è una componente. A partire da questa aumentata consapevolezza, in particolare nei soggetti che ne sono principali vittime (in questo caso le donne) si posso imboccare due strade: la prima, lunga e tortuosa, è quella del lavoro culturale, legislativo, persuasivo che vuole riequilibrare le disparità; una strada di alterne fortune, con passi avanti e scivolate indietro ma – sarebbe facilissimo dimostrarlo, con ogni sorta di dati – ha oggettivamente già avuto un discreto successo se solo si è in grado di fare una piccola analisi storica della disparità di genere non due o tre secoli fa, ma solo pochi decenni or sono. L’altra strada è quella dello scontro, della separazione, della divisione praticata da almeno alcuni gruppi femministi, per i quali – loro non lo dicono così, ovviamente – il maschio è un nemico perché inemendabile, perché intrinsecamente sessista, perché “segaiolo” sempre e comunque. Ben triste il pensiero di queste donne che vedono, negli uomini, solo dei potenziali segaioli.
Questa riflessione, i lettori più avveduti lo capiscono, non riguarda quella statua, che è probabilmente artisticamente brutta e punto; e non riguarda per niente i diritti delle donne, che sono da ampliare e garantire nel senso di una reale equiparazione con quelli maschili (per esempio in termini di carriera, di rappresentanza istituzionale, etc.); e – sia chiaro – non riguarda in nessun modo lo sciovinismo maschilista, semmai addirittura violento, che purtroppo troviamo ancora nelle cronache. Tutti questi sono altri argomenti, peraltro già molte volte volte trattati qui.
Il punto è il pensiero.
Il punto è se avere un pensiero critico, disincantato, distaccato, capace di cogliere i contesti, capace di comprendere il senso più generale delle cose, capace di coglierne il divenire storico, oppure, al contrario, essere prigionieri di un pensiero stereotipato, univoco, che si attiva automaticamente, e sempre allo stesso modo, di fronte a determinati stimoli, privati di contesto e di senso. Il primo pensiero è laico, includente, comprensivo; il secondo è ideologico, escludente, egotico, rabbioso.