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Leggo commenti usciti dal senno di esponenti PD, ma anche di Sinistra Italiana, secondo i quali ma sì, basta coll’inseguire il M5S che è solo una zavorra e non porta voti. Per carità, si fa politica, servono i voti per acquisire seggi, e seggi per avere una maggioranza e quindi governare, lo capisco. Ma mi piacerebbe leggere commenti tipo “Il M5S è un movimento populista, e quindi in sé proto-fascista, e noi non abbiamo nulla di che spartire”; oppure: “Conte ha lavato le mutande a Salvini, poi al PD, poi a Draghi finché non l’ha fatto cadere per eccesso di idiozia, noi con tali figuri non abbiamo nulla da spartire”; o anche: “Noi abbiamo una nostra identità [specificare quale], una nostra visione [precisare] e sappiamo sviluppare una strategia capace di attrarre i ceti [indicarne almeno uno]”. Cose così. Se no si rinuncia a Conte perché non porta voti e ci si butta nelle braccia del primo che capita sperando nello 0,1% in più. Se la politica è diventata questa, molto meglio una serie Netflix.

Grillo e il grillismo se ne vanno fra le risate dovute a un comico, alla sua opera umoristica più spettacolare, ma sarebbe da folli sperare che con lui se ne vada il populismo. Alle Politiche del ’18 la somma dei voti di Movimento, Lega e Fratelli d’Italia dava il 54,4 per cento e secondo i sondaggi i tre partiti oggi ne assommano il 51/53 per cento. Non è cambiato niente. Più della metà degli elettori continuano a essere populisti e ad affidarsi al populismo, sebbene io qui stia usando il termine in modo scorretto. Il Movimento è stato pienamente populista, cioè un partito nato per il riscatto del popolo integerrimo dalle turlupinature e dalle soperchierie delle élite. La Lega e soprattutto Fratelli d’Italia hanno evidenti quote di populismo, ma non prevalenti sul sovranismo, che invece è soprattutto peronista e demagogico. Ma non c’è partito italiano oggi immune al populismo e alla demagogia: la gara del consenso si gioca lì, c’è poco da fare. Se non si è populisti e demagogici si è fuori dal gioco. Pure il Partito democratico e il suo leader Enrico Letta – probabilmente i meno populisti sul mercato, a parte +Europa e le varie derivazioni del Partito radicale – hanno cedimenti disastrosamente populisti, a cominciare dall’idea di estendere il diritto di voto ai sedicenni, o della tassa di successione da devolvere ai diciottenni. (Mattia Feltri, “HuffPost”, 12 feb 2022)