Con molta calma il PD ha reso disponibile (16 agosto) la versione completa e approvata del suo programma, dopo anticipazioni e divulgazioni sulla stampa basata su bozze o su sintesi da tempo disponibili sul sito del partito. Un programma di ben 35 pagine che mi obbliga a una prima breve riflessione sull’incapacità comunicativa del PD e in generale della sinistra. E’ ovvio che un programma politico deve essere meditato e articolato e argomentato (si veda, al contrario, il guazzabuglio partorito dal M5S), ma deve anche essere comunicabile, sintetico, evocativo; spiace dirlo, ma in Paese di analfabeti, nell’epoca dei social media, 35 pagine di letteratura programmatica possono essere accettabili solo da una minoranza di intellettuali probabilmente già inclini a votare questa parte politica, o di addetti ai lavori cui tocca leggere tutto per farne un commento. Insomma, sul mero piano comunicativo la destra batte alla grande il PD.
Ciò detto, ecco a voi una sintesi commentata, con una nostra riflessione alla fine.
Il Programma
Premessa, costituita da ben tre pagine (!) di retorica dove si inizia con “L’Italia è un grande Paese”, si citano Mattarella, Papa Francesco e Draghi e ci si sbrodola un po’ con quanto siamo stati bravi, quanto responsabili e perfino patriottici. Segue la minaccia oscura:
Un governo di queste destre rappresenterebbe un pericolo per l’Italia […] La destra italiana rappresenta una concreta minaccia per l’economia, la coesione sociale, l’ambiente. La destra italiana propone una visione oscurantista e isolazionista del Paese, avversa all’Europa, ambigua sull’Euro, negazionista sui cambiamenti climatici, permeabile alla disinformazione e alle interferenze straniere, ostile ai bisogni dei più giovani e ai diritti delle donne, prigioniera della propria propaganda per cui, in nome di presunte minacce alla sicurezza e alla difesa dell’identità, si alimentano invece discriminazione e intolleranza per la diversità, per i più fragili, per le minoranze senza voce. La destra italiana diffonde paura, avversione, odio, in aperto conflitto con i valori europei dello Stato di diritto.
Eccetera. Permettetemi di saltarla a pie’ pari perché la trovo pochissimo interessante. Ed ecco i punti salienti del programma.
Sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale: ecco, è proprio che la logorrea è nel DNA… Essendo un programma vi aspettate un accenno ai problemi e una lista, più o meno breve, di soluzioni proposte; invece si inizia con “La transizione ecologica rappresenta una grandissima occasione…” (vero), passando per “Dobbiamo agire subito” (giusto), proseguendo con “Dobbiamo fissare obiettivi climatici realistici ma ambiziosi…” (per carità), dopo un’altra dozzina di righe si afferma perentoriamente che “Adesso dobbiamo agire per trasformare e rendere più solido l’intero tessuto produttivo e sociale del Paese” (ma sì, abbiamo capito…), e quindi si comincia a profilare uno scenario con concetti di questo genere:
Vogliamo rafforzare il grande potenziale delle nostre imprese, dei piccoli imprenditori e imprenditrici, delle start-up innovative, del mondo degli artigiani e dei professionisti, attraverso misure di sostegno e di semplificazione, favorendo la “transizione 4.0” in uno scenario che coniughi innovazione, concorrenza e sostenibilità. Vogliamo investire nella ricerca e nell’innovazione per superare le inefficienze e i problemi strutturali di bassa produttività del “Sistema Italia”. Vogliamo intervenire sulla riduzione dei costi energetici di famiglie e imprese attraverso proposte concrete, capaci di dare una spinta decisiva alle fonti pulite e rinnovabili. La cura del territorio passa anche dalla valorizzazione delle aree protette e dalla tutela della biodiversità.
Poco oltre, con lo stesso stile, l’equità del fisco, la “relazione virtuosa fra Stato, Mercato, Comunità” e il ruolo crescente del Terzo settore, e infine una bellissima “visione strategica dell’intervento pubblico”, tutto scritto con abbondanza di proposizioni.
L’ho fatta un po’ lunga (sarò più breve nei prossimi paragrafi) per mostrare lo stile didascalico-retorico di questo documento, che ha impiegato due intere pagine, di 35, per illustrare il gruppo di problemi qui ammucchiati assieme (perché?) che sono, per lo più, ben conosciuti a chiunque abbia la scolarità, la cultura, l’interesse e il tempo di leggersi un programma politico. Dopo queste due pagine ecco il paragrafo finale che inizia con “Gli strumenti li abbiamo e sono molteplici”; sapete quali sono questi strumenti? La stabilità politica che consenta di portare a termine il PNRR.
Questo primo capitolo del programma quindi marca negativamente le nostre aspettative: molte chiacchiere, molto avvitamento, molta lezione pedagogica non richiesta per prospettare poche cose banali e ovvie.
Come promesso, per i prossimi punti del programma sarò molto più veloce.
Lavoro, conoscenza e giustizia sociale: basta precariato, lavoro povero e nero; salario minimo; rafforzamento delle politiche attive; investire in scuola, università e formazione professionale; investire in Sanità; colmare le disuguaglianze investendo nel Mezzogiorno (scusate, una pausa per tirare il fiato), contrastare la povertà delle bambine e dei bambini, finanziare i patti educativi di comunità e, infine, la perla: “Vogliamo un Paese per giovani” (per la felicità di Cormac McCarthy). Vorrei fare subito qualche riflessione, ma mi trattengo, prendo una bella boccata d’ossigeno, e passo al punto successivo.
Diritti e cittadinanza, ma mica per finta:
Diritti nel vero senso della parola: come piena realizzazione delle persone e come costruzione di una società realmente inclusiva. Diritti come percorsi di emancipazione.
Voglio dire, senza sarcasmo, che sottoscrivo tutto: donne, lgbtqi+, Ius Scholae, fine vita, cittadinanza digitale, sport (come sport, cosa ci azzecca?) e lotta alle mafie. Da animalista protesto per la mancanza di sensibilità verso i diritti degli animali (inclusi nel programma del M5S).
Europa: dopo un’ovvia dichiarazione europeista si invoca la riforma dei Trattati (perché no?), a partire dal
ripensare la propria governance economica, lasciandosi definitivamente alle spalle l’era dell’austerità e liberando investimenti a sostegno della crescita. L’Italia deve essere leader nella riforma del Patto di Stabilità verso un nuovo Patto di Sostenibilità, che coniughi attenzione ai conti pubblici e promozione degli investimenti necessari a sostenere transizione ecologica e sviluppo. In questo nuovo quadro, le regole di riduzione del debito dovranno essere parametrate al contesto di ogni singolo Paese, così da non compromettere la crescita e non ripetere gli errori del passato.
Vorrei dire che sono astrattamente d’accordo, ma visto che lo chiedono praticamente tutti i partiti, solitamente intendendo libertà di spesa a debito, mi permettete di sospendere il giudizio ed essere un filino diffidente (l’ultima frase della citazione cosa vorrebbe dire, se non licenza di fare debito?). Altre cose condivisibili (politica di sicurezza e difesa integrata) e altre meno (inclusione nell’Unione di Balcani; voglio dire: calma e gesso, impariamo qualche cosa dalla fretta con la quale abbiamo messo dentro i Paesi dell’Est).
Regole democratiche: si inizia con
La difesa della Costituzione antifascista e la promozione di politiche della memoria rappresentano un valore per noi irrinunciabile.
Considerando lo scempio della Costituzione fatta dalla sinistra quando governava, fino allo scempietto della riduzione dei parlamentari votata anche dal PD, direi che questa sembra una excusatio non petita. C’è poi l’impegno verso una nuova legge elettorale, impegno che avevano preso – assieme ai 5 Stelle – nella scorsa legislatura e che si sono guardati bene dal soddisfare. C’è la botta populista del “combattere il trasformismo parlamentare” (autentica idiozia, infatti qui non viene proposto nulla di serio) e poi un po’ di altra fuffa retorica.

Segue una “Seconda parte” del programma, sintesi delle Agorà democratiche aperte sul loro sito Web, dove i cittadini democratici hanno presentato e discusso proposte “dal basso”. Vediamo le cose più rilevanti:
- energia pulita per “un domani senza fonti fossili”; come? boh? Però sì ai rigassificatori se saranno solo (sia ben chiaro!) delle “soluzioni-ponte”; qui c’è anche il Fondo Nazionale Compensativo Anti-Nimby” (dare soldi alle popolazioni che si arrabbiano per gli impianti costruiti nei loro territori) e un sacco di cose costose ma molto verdi. Ma l’idea davvero rivoluzionaria è l’apertura di un grande Forum nazionale per il lavoro e per il clima, che finora mancava; tutto il resto va dai “Porti verdi” al computer regalato a tutti gli studenti non abbienti. Scusate: sono ben cinque pagine tutte così, non ce la posso fare io e non ce la potete fare voi;
- lavoro, pensioni, disuguaglianze: “Dobbiamo restituire dignità, senso e forza al lavoro”, e vabbé. Varie cose già dette (ma perché ripeterle?): salario minimo, politiche attive, retribuzione degli stage, lotta al precariato, lavoro nero, etc. Revisione (non abolizione) del reddito di Cittadinanza e una interessante integrazione pubblica delle retribuzioni basse. L’asino cade sulle pensioni, ovviamente da rendere flessibili da 63 anni, e una
pensione di garanzia, per le nuove generazioni, che stanzi fin da subito le risorse necessarie a garantire una pensione dignitosa a chi ha carriere lavorative discontinue e precarie. (non si capisce: con soldi pubblici? Fantastico – NdA).
Seguono il Mezzogiorno, varie cose fuffose e l’esilarante proposta dei
servizi di prossimità [che] devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale. Per questo, sosterremo l’apertura di 1.000 bar ed edicole multifunzione in 1.000 piccoli comuni, che offrano funzioni base affinché tutta Italia abbia accesso ai servizi di cittadinanza più importanti.
- L’istruzione (finalmente!) perché “la scuola [è il] motore del Paese”, quindi: stipendi degli insegnanti (dove l’ho già sentita?), sostegno e gratuità degli asili nido, fondo nazionale per i viaggi-studio e le “gite scolastiche” (sic), l’importantissima “creazione di ‘ambienti di apprendimento sostenibili’, accessibili, sicuri”, gratuità trasporti scolastici e libri, le “palestre di cittadinanza” e qui, scusate, mi sono cascate le ginocchia e il resto, se volete, leggetevelo da voi (ma vi avverto: ci sono altre due pagine!).
- La salute pubblica: salute per tutti rafforzando il Servizio Sanitario Nazionale (giustissimo!); ciò si otterrà superando “il modello di programmazione della spesa sanitaria costruita per comparti chiusi e tetti di spesa”, finanziando “un Piano straordinario per il personale del Ssn” (corretto), “incentivando la presenza sul territorio dei Medici di Medicina generale e degli infermieri di comunità” (indispensabile) e molte altre cose, non trascurando la salute mentale, la non autosufficienza, le liste d’attesa da dimezzare (dove l’ho già sentita questa cosa?), eccetera. Tutte, nessuna esclusa, cose enormemente necessarie e, ovviamente, costosissime; ma poiché questo programma non dice una sola parola su dove troveranno tutti questi soldi, non mi resta che dubitare fortemente che – qualora al governo – siano in grado di realizzarne la metà della metà.
- Diritti e cittadinanza: questo mio post è diventato già troppo lungo; in sintesi: un sacchissimo di belle cose costose, più gli immancabili diritti lgbtqi+ e lo Ius Scholae (ma perché, in un programma così infinitamente lungo, devono ripetere cose che hanno già scritto sopra? Mah…). Ma, all’improvviso, un barlume:
Vogliamo abolire la “Bossi-Fini” e approvare una nuova Legge sull’immigrazione, che permetta l’ingresso legale per ragioni di lavoro, anche sulla base delle indicazioni che arrivano dal Terzo settore. Occorre pensare ad un nuovo un modello di accoglienza fondato su piccoli centri diffusi sul territorio e integrati con esso, con particolare attenzione al SAI (Sistema di accoglienza e Integrazione) che dovrà progressivamente sostituire quello attuale.
Qui, ammetto, mi sono commosso: la Legge Bossi-Fini ha festeggiato a inizio 2022 i suoi venti anni di vita, e in questi 20 anni mai il PD, quasi sempre al governo nel ventennio, aveva pensato ad abolirla. Meglio tardi che mai!
- Giustizia, legalità e sicurezza: bisogna intervenire per la minor durata dei processi, investendo sulle risorse umane, fare un piano contro le mafie, legalizzare la cannabis, migliorare le carceri e investire sulla professionalità della polizia. Di reale riforma della giustizia e separazione delle carriere nemmeno un accenno.
A questo punto, sfinito, salto veramente la Parte III sulla parità, le donne, i giovani, perché l’hanno già detto e ridetto.
Il nostro commento
Dal PD mi aspettavo di meglio. Ma di molto meglio. Un documento complesso, ripetitivo, mortalmente noioso, zeppo di ogni cosa, da strategica (il sistema sanitario nazionale…) a risibile (le palestre di cittadinanza), mostrando un lavoro che appare frutto di assemblaggi di “pezzi” proposti da mani diverse, in occasioni diverse, con linguaggio diversi. Assomiglia al polpettone di Conte, ma più insopportabile.
Poi, per carità, molte delle cose indicate sono condivisibili: i diritti, le donne, la dignità del lavoro, salute per tutti, scuola per tutti… chi, onestamente, può essere contrario? Ma ci sono due elementi enormemente stridenti, che francamente urtano il doppio proprio perché vengono da una parte “amica” (in un qualche senso…):
- non solo si evince una spesa pubblica enorme nel silenzio totale delle risorse economiche con le quali si intende finanziarla; ma – peggio – non si parla proprio di politiche fiscali; la parola “fisco” compare 5 volte, nel programma, ma sempre en passant, per caso, all’interno di frasi e proposte più complesse. Non c’è un paragrafo sul fisco: voglio aumentare o diminuire le tasse? Vogliono imporre una patrimoniale oppure no? E il cuneo fiscale (mai citato)? E l’Imu (mai citata)? E l’Irap (citata, sì, “va progressivamente superata”; come? Quando?). Per un programma che vuole innalzare gli stipendi sostanzialmente a tutti, abbassare l’età pensionabile, investire su ogni qualunque oggetto sul quale si può investire (= spendere), mi pare una carenza grave e inaccettabile;
- l’altra critica radicale riguarda la visione sottesa a questo programma; se riuscite a vedere sotto la crosta del “faremo questo”, “faremo quello”, emerge una visione sui diritti, sì; diritti dei lavoratori da tutelare, degli immigrati, delle donne etc., e questo va bene. Ma manca completamente una visione del lavoro che si traduca in una politica industriale e del lavoro immaginate organicamente; manca una politica del territorio (il dissesto, la crisi idrogeologica…); manca una visione della giustizia, della scuola, manca tutto. Prendete la scuola (giusto per fare un esempio): vanno benissimo stipendi migliori per gli insegnanti, la gratuità dei libri, il fondo nazionale per le gite (!), l’estensione del tempo pieno e le altre cose dichiarate, ma non emerge un modello di scuola; non si parla, per esempio, di formazione e valutazione degli insegnanti, di merito, di programmi, di collegamenti fra scuola e territorio; la scuola è quella lì, quella che abbiamo già (che funziona poco e male) ma con qualche soldo in più agli insegnanti e qualche sostegno marginale. E di Università e ricerca quasi non si parla…
Insomma: un programma sterminato (e faticoso, noioso, poco comunicativo) di retorica, interventi puntuali (a volte stravaganti) e non strutturali, salvo in pochi punti, costosi (molto, molto costosi) senza un parola di come pagarli. Certo, bisogna acchiappare voti, ma allora anche il PD non è andato molto più in là della vecchia presa per il naso di Berlusconi del “milione di posti di lavoro”.