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Ore 18.00 di sabato 30 maggio, corso principale di una media città appenninica: il passeggio, o struscio, in un pomeriggio freschino ma col sole giusto. Fate pure la tara alla mia capacità di stima ma – al mio occhio – ho visto un 50-60% di adulti (più verso il 60) senza mascherina; qualcuno l’aveva al collo, qualcuno addirittura al polso come un ninnolo, la maggior parte nulla di visibile; tutti allegramente a spasso, uno vicino all’altra. Per quanto riguarda i giovani direi non meno dell’80% privo di protezione e, per di più, rigorosamente imbrancati come pinguini nella stagione degli amori. Le ragazze, mostrando nudità che il vento ancora freddo dovrebbe sconsigliare, a sbaciucchiarsi e brancicarsi con ostentazione di sorellanza; i maschi, più virilmente, spalla a spalla ammucchiati sulle scalette della cattedrale o nei bar a farsi l’aperitivo (per carità, non tocca ai gestori fare i gendarmi coi clienti…). Delle due l’una: o fra un mese le varie curve del virus hanno continuare a calare, oppure – come in molti temono – avranno ricominciato a salire. Nel primo caso suggerisco di abolire l’OMS, chiudere la specializzazione in virologia e dare uno svedese Nobel a Bolsonaro. Nel secondo caso, invece, pongo la domanda: chi si assumerà le responsabilità per quei nuovi morti?