Con le scuole ci sarà un nuovo incremento di casi, inevitabile, impossibile evitare contatto fisico tra studenti (Ranieri Guerra, Direttore aggiunto OMS)
Si sta avvicinando il fatidico giorno della riapertura delle scuole con un elevatissimo tasso di incertezza causato dalla pandemia e dall’andamento dei dati. Credo che senza troppe giravolte mentali il problema sia così sintetizzabile:
- se buone statistiche pandemiche (pochi contagiati, pochi morti) e tendenza alla diminuzione, allora riapertura con una serie di ovvie cautele generali, di cui dirò;
- se buone statistiche e tendenza al rialzo: come sopra ma con un livello di allerta maggiore e prontezza di reazione più mirata;
- se cattive statistiche, la scuola semplicemente non può riaprire ed è un incosciente chi dice il contrario.
In Italia, al momento, siamo a cavallo fra gli ultimi due punti, con valori assoluti ancora accettabili, ma una tendenza all’aumento preoccupante. Mancano tre settimane e abbiamo oggi, proprio ora, un bivio davanti: si riesce a dare una sterzata alla dilagante incoscienza, si torna a vedere la discesa della curva, e ci attestiamo sul primo punto, oppure la scuola potrebbe essere la nostra Caporetto, sia dal punto di vista sanitario sia – e di questo vorrei parlare – da quello della tenuta sociale.
Per ragioni piuttosto evidenti è impossibile, oggi, dire “no” alla riapertura delle scuole. L’impossibilità riguarda certo il diritto allo studio, può contemplare la corretta ed equilibrata crescita dei bambini, la loro esigenza di socialità e via discorrendo ma, in maniera banale e forse cinica, sappiamo tutti che in fondo la riapertura delle scuole serve perché nella nostra società la scuola è un elemento funzionale al corretto svolgimento della vita collettiva: i bimbi vanno a scuola, i genitori vanno al lavoro e i nonni badano alla casa. Poi, dopo, qualcuno va a riprendere i pargoli e li accudisce, i genitori tornano a casa, e la sacra famiglia si riunisce per la cena. Con le mille varianti riguardanti genitori (spesso le madri) che non lavorano, i nonni che ci sono oppure no, e così via, il succo è questo. Solo dopo avere accettata questa elementare verità possiamo aggiungere che in un paese che ha sempre castigato l’innovazione tecnologica non si può pretendere di andare avanti con la scuola virtuale, via Internet; e solo dopo anche questa seconda precisazione possiamo dar voce ai pedagogisti e agli psicologi che possono – a pieno diritto – descriverci i danni alla psiche e allo sviluppo cognitivo dei minori (per i ragazzi più grandi il discorso è molto diverso).
Cosa si è fatto, a livello ministeriale, per arrivare all’appuntamento con la massima tranquillità possibile? Si dirà poco o nulla, e potrei anche essere d’accordo se non fosse che dopo gli schermi di plexiglas e i banchi con le rotelle, le idee strampalate sono giustamente finite ed è venuta l’ora di un esame di realtà: gli edifici scolastici sono quelli che sono: si possono forse spostare i muri, allargare le aule, trovare su due piedi migliaia di metri quadrati di spazi alternativi per mettere i banchi alla necessaria distanza? Si possono legare i bimbi più piccoli ai banchi per evitare lo spontaneo contatto durante le lezioni, o durante la ricreazione? O nelle mense, nelle scuole a tempo pieno? Obblighiamo bimbi di 6, 7, 8 anni a tenere la mascherina per sei ore, spalmarsi di gel ogni momento? E all’ingresso e uscita come evitare l’ovvio assembramento dei piccoli? E dei genitori che li attendono fuori dal cancello (i bambini devono essere affidati al genitore o familiare, quindi ci sono dieci minuti in cui le maestre, bambino per bambino, devono riconoscere il parente in attesa e affidargli l’alunno)?
Poiché non si può fare quasi nulla di quello che sarebbe necessario, le recentissime linee guida emanate dai Ministeri della Salute e dell’Istruzione si limitano – mi verrebbe da dire: giustamente – a indicazioni che certamente sarebbero valide nella situazione di cui al primo punto, sopra.
Le linee guida mettono subito le mani avanti:
Per controllare/mitigare questa possibilità sono state già considerate alcune misure di prevenzione in documenti formali e in documenti tecnici del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) inviati al Ministro dell’Istruzione che forniscono le indicazioni per la riapertura della scuola e dei servizi educativi dell’infanzia, in linea con la situazione epidemiologica e con le conoscenze scientifiche finora disponibili. Va sottolineato che tutte queste misure possono ridurre il rischio di trasmissione in ambito scolastico, ma non possono azzerarlo. Pertanto, in una prospettiva di probabile circolazione del virus a settembre, è necessario sviluppare una strategia nazionale di risposta a eventuali casi sospetti e confermati che ci si aspetta possano avvenire in ambito scolastico o che abbiano ripercussioni su di esso. Anche la strategia di risposta a eventuali casi e focolai in ambito scolastico sarà strettamente correlata alla situazione epidemiologica. Le attuali strategie di contenimento sono basate sulle conoscenze scientifiche disponibili […]. Sono però ancora diverse le incognite, di cui alcune cruciali, che non permettono al momento una solida valutazione dell’efficacia delle diverse strategie di intervento attraverso i modelli […]. Per questi motivi, non è al momento possibile sviluppare modelli previsionali solidi sull’effetto delle diverse strategie di intervento. (Corsivi nostri).
Traduzione: la scuola subisce gli andamenti epidemiologici della società nel suo insieme, non è possibile avere la certezza che non si sviluppino focolai in ambito scolastico, non chiedete alla scienza quello che non vi può dare, speriamo che dio ce la mandi buona.
Quel che segue – la potete leggere da voi – è un abbecedario di norme prudenziali di buon senso: dal “sistema di monitoraggio dello stato di salute degli alunni e del personale scolastico”, alla misurazione della temperatura, procedure standardizzate se si scopre un caso infetto e poco più; molto spazio è legato, invece, alla collaborazione con le famiglie, il loro coinvolgimento, la condivisione delle informazioni e via discorrendo, un punto cruciale sul quale torno più avanti. Per farvi capire il buon senso generico col quale è redatta la linea guida, ve ne mostro solo uno stralcio:

Si va avanti così: cosa fare se c’è più di un caso, cosa fare se si ammala l’insegnante, etc., e la logica è quella ovvia: la persona in questione avverte, viene isolata, fa il tampone, si procede alla sanificazione straordinaria della scuola… Queste linee guida funzionano (per quanto possono funzionare) in un clima di fiducia reciproca, di consapevolezza, assunzione di responsabilità da parte di tutti, insegnanti (e loro dirigenti, e sindacati) e genitori; poiché il virus c’è, e si può manifestare in ogni comunità, sia la discoteca che la scuola, allora stiamo attenti con un sistema che monitora costantemente al fine di isolare il prima possibile il caso, impedendo che questi possa infettare decine, e poi centinaia, di altri minori e insegnanti (e quindi genitori). Questa è la grande differenza fra la discoteca e la scuola: la seconda è un luogo pubblico che si assume delle responsabilità pubbliche: monitoraggio, rapida identificazione e accertamento del caso, isolamento del malato, sanificazione degli ambienti. Onestamente non possiamo chiedere di più fin quando il problema sarà risolto alla radice, con un vaccino; ma questo punto non riguarda la scuola.
Perché, malgrado tutto, e sperando fortemente in un ritorno alla curva calante, perché potrebbe essere, comunque, una Caporetto? Mi pare facile capirlo: occorre una collaborazione e una comunicazione e un’assunzione di responsabilità di tutti: dirigenti, insegnanti, famiglie. E questa non ci sarà.
Sul lato scuola sono prevedibilissimi i pessimi comportamenti sindacali, da sempre pronti a ogni rivendicazione corporativa senza essere capace, mai e in nessuna circostanza, di essere – il sindacato – compartecipe di una stagione di riforme, di rinnovamento, di sviluppo del sistema scolastico; figurarsi all’epoca della pandemia, con un’oggettiva responsabilità di dirigenti e insegnanti nell’individuare i casi, isolarli, eccetera. Assisteremo a un susseguirsi di defezioni, di scaricabarile, di rivendicazione sia di “diritti acquisiti” sia di “non mi compete” (al netto, ovviamente, dei bravi insegnanti che si faranno in quattro in quanto individui, non già come categoria).
Sul lato genitori poi, non stiamo forse parlando di persone che – in parte consistente – si è affollata al mare, nei ristoranti, bar, senza un briciolo più di attenzione, senza mascherine o addirittura sostenendo che il virus non esiste? Non stiamo forse parlando di alcuni (una minoranza) genitori paranoici e di altri (saranno forse anche questi una minoranza) di ex no vax pronti alla pugna? E in questa enorme differenza, fra chi aspetterà i figli a dieci metri dal cancello per paura del contagio e chi andrà assembrato e spudorato senza mascherina, quale informazioni, gestite come?
Non credo che il Ministero possa fare molto di più, ma quel poco rischia di essere compromesso fortemente da comportamenti ostili del personale scolastico e dalla confusione che regna negli adulti-genitori. E i bambini lì nel mezzo, forse spaventati, forse preoccupati, partigiani inconsapevoli delle idee che sentono circolare in famiglia. Immaginate, per esempio, genitori che non intendono collaborare, fanno storie e pretendono di entrare, uscire, gestire la questione senza interferenze da loro ritenute indebite; chi dovrà gestire questi genitori? I singoli insegnanti? Il dirigente scolastico? Supponiamo un* insegnante che pretenda di essere ligio alle linee guida contro il volere di questi genitori…
Quello a cui assisteremo – temo – sarà un’aumentata conflittualità fra genitori e insegnanti (e già ce n’era abbastanza…), con insegnanti sul piede di guerra, genitori riuniti in comitati che ritireranno bimbi da scuola, ricorreranno al TAR, e quindi scioperi, grandi ricadute sulla qualità della didattica.
Ed eventuali lassismi, praticati per non prendere posizione, per cercare di salvare capra e cavoli, per non inimicarsi sindacati e genitori fuori di testa, saranno semplicemente un ulteriore contributo alla circolazione del virus.
Sarebbe (stato) evitabile tutto questo? Francamente non lo so. Gli italiani, alla fine, sono stati molto più bravi di gran parte dei loro partner occidentali, ne prendo atto e sono lieto di ciò. Ma una bravura, non senza sbavature, di breve periodo è cosa non comparabile con una necessaria bravura su tempi medi e lunghi. Grazie anche ad alcuni errori e superficialità del governo (si veda, per tutte, l’apertura e poi richiusura delle discoteche), grazie a testimonial sconsiderati, grazie allo storico particolarismo italico (io sono io, e faccio come mi pare) lo sblocco del lockdown ha costituito una demarcazione netta, dopo la quale gran parte della popolazione ha ritenuto di non dover dar più conto di niente, e a nessuno. O torna un grande spavento con numeri importanti (di morti, sto parlando di morti, di intubati, di dolore) oppure vedo, il prossimo anno scolastico, come molto difficoltoso.
Per Aspera!