Zelensky deve andare a Sanremo (se non cambiano idea succederà sabato 11 febbraio) per perorare la sua causa? Tanti dicono sì e non pochi dicono no, in maniera piuttosto trasversale e a volte incomprensibile (Conte e Salvini sono scontati, ma Calenda che dice “No” lo devo capire…). Io personalmente sono per il “Sì”, e le ragioni sono innumerevoli, alcune solide e strategiche (Zelensky ha bisogno di non lasciar dimenticare il conflitto che dura ormai da un anno, è un’ovvia scelta comunicativa per sopravvivere, visto che gli aiuti americani ed europei gli sono indispensabili), altre probabilmente più labili. La cosa che ritengo di poter giudicare con discreta certezza è che tutte le critiche dei contrari sono sciocche e false, come il fatto che non va mescolata la guerra e la sofferenza con le canzonette (dice Salvini).
Guerra e musica. Oltre a stranoti successi americani (Give peace a chance, Blowin’ in the Wind tantissime altre), restando alle italiane:
- Fabrizio De Andrè, La guerra di Piero;
- Jovanotti, Ligabue e Pelù, Il mio nome è mai più;
- Gianni Morandi, C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones;
- Francesco De Gregori, Generale;
- Nomadi, Contro.
E numerose altre.
Per non parlare della musica operistica, piena di drammi e conflitti, dell’arte espressiva, del cinema e così via. Il connubio dell’arte, in ogni sua forma, con la realtà, la vita e i suoi drammi, è testimoniata in tutte le latitudini e le epoche.
La guerra moderna, contemporanea, a pochi chilometri dai nostri confini, nel cuore della democratica Europa, non può restare tema marginale, a un certo punto noioso perché siamo stufi di vedere i morti ucraini e la faccia di Zelensky. In molti – è piuttosto evidente – pensano che il conflitto non ci riguardi, e che costi sacrifici inammissibili a noi italiani “che non c’entriamo niente”. Noi di Hic Rhodus ci siamo ripetutamente spesi a favore e a fianco del popolo ucraino, e non vale la pena ripetere quei concetti, perché abbiamo ben imparato la lezione principale: se non ci vuoi credere non ci credi, e te ne infischi degli argomenti; se la difesa strenua della tua posizione non è negoziabile, è inutile sprecare il nostro tempo a discuterne.
Quindi l’argomento deve essere leggermente cambiato; non già se sia giusto che Zelensky partecipi, ma se è accettabile farne un dibattito (pseudo-)politico. Zelensky non verrà a casa vostra, pretendendo ospitalità e soldi; comparirà brevemente a Sanremo così come è comparso già in innumerevoli eventi mondani, e per le stesse ragioni. Siete furiosamente contrari a quell’apparizione? Spegnete il televisore o cambiate canale.
(P.S. Il tema “La RAI lo fa con soldi pubblici” è l’abisso della poracciaggine; la RAI, così come Mediaset e tutte le piattaforme televisive, trasmettono ogni sorta di porcheria, forniscono continuamente messaggi ambigui, e la caratterizzazione “pubblica” della RAI ha da molti decenni perso il significato di trasparenza, educazione ed equilibrio che poteva avere fino, più o meno, agli anni ’70. Se continuate a guardare la RAI malgrado tutto, potete benissimo continuare anche con mezz’ora di Zelensky a Sanremo).
(P.P.S. Calenda a parte, e perfino Salvini a parte, che quel giornale scandalistico del Fatto, e quell’inqualificabile covo disinformativo di ByoBlu, siano contro – ByoBlu sta addirittura raccogliendo firme – è una ragione necessaria e sufficiente per mettersi in poltrona, l’11 febbraio, e ascoltare con commozione quello che Zelensky ci vorrà dire).