Come acari nella polvere

In maniera analoga a quanto abbiamo vissuto durante i due anni di Covid, ma ovviamente con le sue specificità, anche queste due settimane di guerra in Ucraina hanno moltiplicato gli esperti incontinenti: strateghi, esperti di geopolitica, mancati generali da salotto con posizioni discutibili (= che necessitano di discussione) sul gruppo di questioni correlate che vanno da Putin è un bandito / Putin ha le sue ragioni, la guerra è sempre sbagliata / ci sono anche guerre giuste, le armi agli ucraini sono giuste e lecite / no sono un gesto incostituzionale e sostanzialmente vano, e svariate altre varianti, spesso con spericolate analogie storiche (Versailles, la resistenza…). Fra quelle che ho intercettato, e nelle quali anche il lettore sarà inciampato:

  • Tomaso Montanari, Il militarismo da divano farà strage di Ucraini, “il Fatto quotidiano”, 11 mar 2022, dove Montanari, accademico e noto storico d’arte, per questo espertissimo di guerra (ma già presidente di Libertà e Giustizia…) spiega come quella ucraina non sia affatto una “resistenza”, spericolandosi con un’analogia, con quella degli anni ’40 opposta al nazi-fascismo, che porterebbe alla bocciatura un ragazzino di terza media;
  • Luciano Canfora, intervistato da Enrica Simonetti, Canfora: «Salvini sbaglia ma l’Ucraina pure». Veneziani: «Evidente l’irrilevanza della politica», “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 10 mar 2022, dove lo storico esperto di guerra civile ateniese (quindi, già più qualificato di Montanari) dichiara che l’Ucraina se l’è sostanzialmente cercata, il vecchio capo del governo (filorusso) fu cacciato con un colpo di stato (perché la gente scese in piazza e lui ne fece strage) e tutto ‘sto dolore che si vede in TV non siamo mica sicuri che siano notizie vere; mia aggiunta: lo stesso articolo propone anche l’opinione di Marcello Veneziani, noto pensatore di destra, che fa una assai migliore figura;
  • Donatella di Cesare, infine, a La 7, si affanna a dire che bisogna capire le ragioni di Putin invasore e taccia di propaganda le parole dei suoi contraddittori che non capirebbero le ragioni russe e – diamine! – non contiamo le responsabilità di Zelensky?  (QUI il video). Donatella Di Cesare, come filosofa teoretica, allieva di Gadamer e competente di ermeneutica, potrebbe non sapere un piffero di guerra ma certamente dovrebbe conoscere (teoreticamente!) il pudore della parola.

Ci saranno altri, altri verranno, ma questi bastano e avanzano. Sintetizzo così: intellettuali con un loro indiscusso valore nei rispettivi campi, straparlano commettendo questi errori:

  • conoscenza vaga – da persona della strada, mediamente istruita, con informazioni di seconda mano – dell’oggetto di cui parlano (il Covid prima, la guerra oggi); l’errore in questione si chiama presunzione; poiché io so tutto sulla guerra civile ateniese, ho scritto tanti libri, gli studenti quando passo fanno ala, cribbio! sono in grado anche di parlare per ore di poesia burchiellesca, e mi si deve ascoltare col dovuto rispetto, doppio cribbio!;
  • fallacie logiche a go go, fra le quali generalizzazioni indebite, comparazioni acrobatiche, asserti indimostrati usati invece come verità, incapacità di lettura dei dati disponibili, eccetera;
  • scarso senso della realtà; trasferendosi dalle loro polverose aule agli studi televisivi, sui social, sulla carta stampata, questi giuggioloni non immaginano che qualcuno possa sventolare sotto il loro dotto naso il dato giusto che li coglie in fallo, il ragionamento logico che mostra la loro fallacia, la testimonianza che li spubblica. Purtroppo, a questo punto, i chiarissimi professori non possono ammettere la figura di tolla (che, in generale, comprendono all’istante) e si avvitano in ragionamenti assurdi per tenere il punto, a costo di affondare in un liquame dialogico che li macchia presso tutta l’opinione pubblica che pure li aveva apprezzati nelle loro vesti originali.

Tutto questo accade per narcisismo, un peccato piccino e assai diffuso che diventa grave per i politici, i giornalisti, gli influencer, che se sopravvivono qualche anno nel loro mestiere, comunque, imparano a gestire il ruolo (tranne Salvini, ovviamente), e per i professori e gli scrittori e gli intellettuali sui generis, per i quali il peccatuccio diventa devastante perché sono abituati al consenso e alla lusinga (per i loro bei libri, per i loro chiarissimi corsi) e non sanno reagire quando, per loro medesima colpa, sono colti in fallo.

Ora dovrei aprire un altro capitolo su chi ci guadagna a sacrificare i Montanari, i Canfora e le di Cesare, ovvero i media che li pubblicano o li mandano in onda, che di tali strafalcioni sesquipedali vivono, perché aumentano i click, i rimbalzi sulle agenzie di stampa, i commenti di commenti su rubriche di altri giornali e, alla fine della fiera, fanno aumentare visibilità e gettiti pubblicitari.

In sostanza un fogliaccio come il Fatto vive di canea, la 7 ospita di regola personaggi squalificati pagati per dire scemenze scandalizzando (davvero? per finta?) gli ospiti “seri”, e la Gazzetta del Mezzogiorno, con tutto il rispetto per lo storico giornale pugliese, non regge certo la popolarità di quotidiani nazionali più blasonati (a torto o a ragione), e con la sua canforata ha fatto bingo.

Quindi c’è una simbiosi fra l’intellettuale narciso con Super Ego esagerato, la testata in affannata ricerca di pubblicità, il lettore o ascoltatore, elemento fondamentale di questo triangolo perverso, che non sempre ha i giusti strumenti critici per cogliere la fallacia, il paragone forzato, la tesi insostenibile, e che, semplicemente, aumenta la sua confusione. E questo è grave. L’intellettuale deve fornire chiavi di lettura della realtà complessa ai cittadini che in tale complessità si confondono e si perdono; se l’intellettuale o l’intellettualessa, invece, forniscono elementi di falsa comprensione, di mistificazione, di errata interpretazione, compiono un peccato mortale (laico, ovviamente; un peccato mortale laico ma non di meno gravissimo).

Dite la verità: forse Canfora sapevate vagamente chi era, ma non conoscevate Montanari o di Cesare, dico bene? Come, ai bei tempi delle polemiche sul Covid, certamente conoscevate Cacciari ma già Agamben e Freccero non erano nelle corde di tutti voi, e certamente in pochi conoscevano Mattei e altri firmatari dell’appello “dubbioso” sulle politiche anti-Covid (QUI un promemoria). Ecco: ci sono le star, che scrivono su giornali importanti, che sono pochi, poi esiste una vastissima platea di professori e intellettuali (a volte come tali autoproclamati); pensate che solo di accademici  in Italia ce ne sono 57.000 (fonte); aggiungete scrittori, giornalisti, filosofi da strada, e allargate a piacere la platea di persone che si ritiene siano qualificate per esprimere pubblicamente un parere sulla qualunque. Costoro vivono per lo più nell’ombra; le star da salotto televisivo sono una manciata, gli epigoni di Eco si contano sulle dita di una mano; ma tutti gli altri vivono ignoti chini sui loro libri, affaticati dalle rogne accademiche, assillati da studenti mediocri… Sono lì, attorno a noi, e aspettano il loro momento di celebrità; a loro si riferiva Andy Warhol. Come acari nella polvere sono poco visibili, vivono prevalentemente in circoli ristretti, si incrociano fra loro, escono solo di notte. Ma procurano allergie anche pericolose, patologie democratiche che possono diventare serie. Difendetevi dagli acari! Smettete di guardare stupidi talk show, costruiti volutamente per ammorbare le vostre coscienze; leggete con diffidenza le rubriche e le interviste, sul vostro quotidiano abituale, quando spacciano opinioni risibili per pareri autorevoli; vigilate, meditate, rimanete fermi in una posizione di disincanto, aperto sì (a nuove idee, nuove verità, nuove interpretazioni) ma cieco no (ai paragoni bizzarri, agli asserti insostenibili, alla comparazioni impossibili).

Saremo tutti annichiliti se non saremo disincantati fino al cinismo.