La tesi è semplice: siamo tutti, poco o molto, amorali. Non sto parlando di gente cattiva (im-morale) ma di persone comuni che fanno poco poco male, senza neppure accorgersene, senza considerare colpevole il loro gesto (appunto a-morale). Il corollario di questa tesi è che la disponibilità, inizialmente perfino inconsapevole, ai piccoli slittamenti amorali, può portare, in certi casi, a passare senza consapevolezza la linea sulla sabbia che porta all’azione mendace, profittatrice, cattiva, interessata, e quando hai passato quella linea sulla sabbia devi costruirti un castello argomentativo falso, fallace, ideologico, autoassolutorio che ti consenta di convivere col male che continui a fare, a questo punto in maniera più sistematica e profittevole, e questo epilogo è piuttosto tipico di persone potenti, in grado di esercitare un’autorità (non necessariamente formale).
Quindi: siamo tutti, poco o molto, amorali, ma se ci lasciano fare diventiamo velocemente immorali; quando eravamo amorali non ce ne accorgevamo, quando diventiamo immorali troviamo giustificazioni che ci consentono di dormire benissimo la notte.
Gli slittamenti amorali su Hic Rhodus:
Ho rispolverato la mini serie degli slittamenti pensando a Enrico Montesano che, come forse avrete letto, è stato al centro di una polemica per avere indossato una maglietta della X Mas (che non è “Natale” scritto da teenager americani, ma la famigerata Decima MAS fascista). Il comico romano, famoso negli anni ’70-’80, squalificato dalla competizione, si è giustificato dicendo la seguente fesseria:
Sono un collezionista di maglie; ho quella di Mao, dell’Urss, ma non per questo ne condivido il pensiero. Non c’era in me nessuna intenzione di promuovere messaggi politici o apologia di fascismo da cui sono profondamente distante.
Non credo ci sia bisogno di spiegare perché sia una fesseria… diciamo così: quando il giovane studioso deve attraversare il campus per andare al bar universitario, sceglie con cura il libro di filosofia, o di logica, fisica, matematica, da portare con disinvoltura e noncuranza sotto il braccio.
La questione è assai più grave perché la RAI ha mandato in onda le immagini. Quindi Montesano, con la maglietta repubblichina, ha danzato sotto le cineprese, ha passato il montaggio, la post produzione etc. è andato in onda, e ci vogliono far credere che nessuno, ma proprio nessuno, sapeva che Memento Audere Semper (MAS) era un motto fascista, e non lo slogan di una tisana dimagrante?
Poiché non mi importa un piffero di Montesano, né della RAI, cerco di tornare al tema degli slittamenti. L’attore, bravino ai suoi tempi come comico senza esserne il re, soffrendo un certo declino, ha pur bisogno di farsi notare, e come tutti gli istrioni conosce bene la massima di Oscar Wilde:
Parlate pure male di me, ma parlatene.
Eccolo allora paladino dei No Vax, contro il 5G, contro il sangue dei vaccinati che a suo dire verrebbe eliminato (fonte: Wikipedia). Eccolo aderire al PSI, poi al PDS di Occhetto, poi avvicinarsi alla destra, simpatizzare per i 5 Stelle, poi aderire a Unione Popolare, l’accrocco superpopulista di sinistra di Luigi de Magistris e altre brave persone.
Lo slittamento, nel caso in questione, è l’adrenalinica assuefazione alla celebrità, sostenuta da una RAI – in questo caso – in costante ricerca di ascolti. È lo stesso meccanismo che fa straparlare (ops! intendevo stratwittare) Salvini, che ad ogni pernacchio trova il suo genio rimbalzato su agenzie di stampa, quotidiani, social, blog. In questo piccolo, miserabile, caso di studio che vi sto proponendo, occorrerebbe anche citare la giornalista Selvaggia Lucarelli (che se si chiamasse Cesira non se la filerebbe nessuno), rampante fustigatrice di costumi che, guarda caso, è una “giurata” di Ballando con le Stelle, sorta di Codacons intellettuale sempre pronta a ficcare il dito nel malcostume (esercizio facile, in Italia) con un ritorno di immagine e popolarità che, per carità, è meritato, ma anche così funzionale a questo sistema mediatico di piccola furfanteria egolatrica.
Poi mi venite a raccontare dei leoni da tastiera, degli improvvidi commentatori su Facebook, degli stalker su Twitter, degli youtuber famosi per i rutti, delle poliziotte esibitrici della loro sciocchezzeria, dei parlamentari che non sanno i congiuntivi ma neppure le leggi fondamentali dello Stato, eccetera. Il male delle armi che stanno sparando, benedetto da un prete ortodosso fasullo e da un ex questurino panslavista con problemi di dimensioni, è il residuo del Novecento che non si riesce ad archiviare, ma il male del protagonismo cieco, dell’agire politico solo in quanto agire comunicabile, dell’esagerare perché altrimenti non si viene notati, è il male di questo inizio di Terzo Millennio.
Se il livello popolare di questo male è la diffusa cialtroneria social, il suo portato “alto”, politico, è il populismo.
Populismo, sia ripetuto per i pochi che non l’hanno ancora compreso, non è un generico amore per il popolo, semmai un’eccessiva confidenza nel suo valore, ma è la riduzione dell’agire sociale a una presunta semplicità (e chiarezza, intelligibilità) di tipo causale, lineare, negatore della complessità. È l’idea che i problemi complessi abbiano soluzioni semplici, che le poche parole conosciute bastino a spiegare il mondo, così come la massaia di Voghera o il ragioniere di Canicattì se lo spiegano con semplicità: i politici tutti farabutti, i ladri in galera e buttiamo via la chiave, i migranti aiutiamoli a casa loro, basta armi a Zelensky che quella guerra sono fatti suoi.
Le persone di poca intelligenza, scarsa cultura, isolamento geografico e sociale, possono ben vivere di questa amoralità lessicale, e il fatto di essere sostenute da persone importanti e famose come un Montesano, Salvini, Cunial, Di Battista, li fa sentire nel giusto. Sono le persone più intellettualmente attrezzate che, invece, prestandosi alla deriva del pensiero, non sospettano di avere varcato la linea sulla sabbia ed essere passati dall’amoralità all’immoralità.