La riflessione di oggi ha per tema: “Come si commentano i post (o gli articoli)?” e ovviamente non ha nulla a che fare coi commenti ai post di Hic Rhodus, né quelli prodotti qui, direttamente sulla pagina del blog (solitamente scritti sensatamente e cortesemente dai nostri ormai storici lettori) né – dio ci scampi – nella pagina Facebook dove invece abbiamo un pubblico vasto, eterogeneo e spesso passeggero. Quindi nessuno pensi che parliamo di noi, che io parli di me, e soprattutto che parli dei nostri lettori. Parlo di altri lettori, quelli che commentano in certi giornalacci, su Facebook, e ho detto tutto.
Direi che leggendo una buona quantità di commenti stupidini possiamo trarre alcune lezioni:
- Stare sul pezzo; se il post o l’articolo parla di edilizia, è inutile blaterare di Tommaso d’Aquino. Se siete filosofi col pallino della filosofia medievale, e vi scappa di parlare di Tommaso d’Aquino, scrivetevi un libro, o compulsate la Rete finché non trovate un blog che parli della Scolastica (e che lasci spazio ai commenti dei lettori), così potrete sfogarvi. Poi, naturalmente, gli argomenti affini, correlati, limitrofi, sono sempre innumerevoli, e uno può anche uscire un po’ dal seminato, per trovare un esempio, una comparazione, un suggerimento, un argomento, a patto che poi lo riconduca all’argomento principale, che è quello proposto dall’autore nel suo testo, non quello che piace discutere a voi.
- Capire il senso delle esemplificazioni; se il post o l’articolo parla di edilizia, e a un certo punto l’autore scrive “Per capire la complessità dell’edilizia prendiamo a esempio il ruolo dell’impianto idraulico…” non significa che stia trattando l’idraulica dall’A alla Zeta, ma che cerca di spiegare un tema complesso e generale a partire da un esempio particolare e circoscritto, generalmente comprensibile ai più. Ovviamente l’esempio deve essere corretto e azzeccato, ma l’autore non sta comunque scrivendo di idraulica, bensì di edilizia, e quindi se non cita la legge di Pascal non significa che sia ignorante o capzioso, è che la legge di Pascal non c’azzecca nulla, l’idraulica era solo un esempio, chiaro?
- Delle metafore, allegorie, formulazioni retoriche, iperboli, non parlo nemmeno, sono anni che ho compreso che non vengono proprio capite, specie se utilizzate in un contesto ironico o addirittura sarcastico, lasciamo perdere.
- La reazione all’oggetto è il Covid dei commenti; se un articolo parte da “C’è chi dice che anche Mussolini ha fatto cose buone” per spiegare il fenomeno dell’ideologia, o dell’ignoranza storica, o delle semplificazioni stereotipate, o altro, potete scommettere che scappa fuori quello che commenta “Ma come si fa a dire ancora che Mussolini ha fatto cose buone? Mussolini era un mascalzone e basta!”. La reazione all’oggetto comporta che un elemento marginale, simbolico, del discorso, giganteggi nella mente del lettore rendendo opaco tutto il resto. Che poi l’articolo sia completamente avverso a Mussolini, e che si sia affannato a cercare spiegazioni del perché qualcuno, oggi, possa ancora dire frescacce simili, viene semplicemente ignorato perché il commentatore ha in testa solo quella frase: “Mussolini ha fatto cose buone, Mussolini ha fatto cose buone…”.
- L’equivoco inspiegabile è una variante della reazione all’oggetto; tu hai scritto A → x (Renzi ha fatto questa cosa; il ruolo di Presidente della Repubblica implica il tale dovere…) e il lettore capisce A → y (Renzi ha fatto una tale altra cosa; il ruolo di Presidente implica un altro diverso dovere…), e poi, su tale equivoco, imbastisce una colossale filippica avversa. E non è un banale prendere fischi per fiaschi, che può capitare, perché quella frase equivocata è all’interno di un discorso, di una argomentazione complessa e lunga molte righe, che va tutta in una certa direzione, e capire solo quella particella a rovescio dovrebbe risultare strano al commentatore, che non potrebbe più inserirla nel discorso che sta leggendo. Ma poiché il profilo di commentatore che stiamo descrivendo ha poche qualità logiche, non se ne accorge mica! Resta tutto incazzato per quello che è un suo equivoco, non riesce a connettere quel pezzo col resto di dichiarazioni che legge, e giù di commenti salaci quanto completamente fuori luogo.
- La sindrome di Bibbiano; ve la ricorderete: sulla base di notizie false si montò uno scandalo che aveva al centro dei bambini di questa cittadina. Poiché gli amministratori locali erano del PD, tutti gli avversari politici, ogni due per tre, facevano il bregno e strillavano “Parlateci di Bibbiano!”. Ecco, Bibbiano come archetipo sopravvive in quei commentatori che hanno un rodimento di culo e ti propongono in continuazione la loro “Bibbiano” senza che, generalmente, ci azzecchi qualcosa; parliamo di ecologia: “E di Monte Paschi vogliamo parlarne?”; discutiamo di scuola: “E perché non dite qualcosa sui poveri tibetani?”; argomentiamo di politica: “Ma perché non dite che sull’amatriciana ci va il guanciale?”.
- Infine: l’autore è uno stronzo e basta. Allora, uno fa una certa qual fatica per argomentare un certo concetto; per carità, può darsi che argomenti bene o male, ma un qualche sforzo ce lo mette. E poi arriva un tale indignato, frustrato, meravigliato, scandalizzato, che dice che mai e poi mai si sarebbe aspettato un testo del genere, che l’autore deve indubbiamente essere un mascalzone, che non avrebbe mai immaginato di dover leggere delle cose così disgustose. Ma non spiega perché. Vale a dire: da un lato diverse ore di ragionamento e di messa in ordine di frasi che dispiegano quel ragionamento, d’altro lato un tizio che dice che è tutta merda, ma non spiega perché. C’è una fallacia, dei dati errati, una consecutio temporum errata? O non ti piace quanto scritto sotto un profilo ideologico? Ma anche in questo caso: in quali parti ti sei sentito offeso? E tu, invece, cosa proponi? Nessuno lo sa, perché la potenza dell’indignazione è autoevidente e non necessita di spiegazioni.
Qualche volta è davvero faticoso leggere i commenti (non quelli qui su Hic Rhodus, ho già spiegato che noi e voi siamo immuni), e indubbiamente si può capire perché l’autore dell’articolo non risponda. Cosa dovrebbe dire, e come? Ma, soprattutto, perché?
(Foto di copertina di Anna Toni)