Tag: comunicazione politica

Discutevamo ieri, in redazione, delle terrificanti boiate che bisogna sorbirsi in questa campagna elettorale, dall’abolizione dei jet privati al blocco navale dei porti. La maggior parte di queste proposte sono manifestamente false, o impossibili, o francamente stupide e onestamente, pur accettando che una parte di minus habens possa accoglierle come vere, non possiamo credere che costoro siano la maggioranza della popolazione italiana. Allora perché sparare idiozie così eclatanti? La risposta che ci siamo data è la seguente: non si tratta di proposte politiche assunte per un valore di verità (vero o sbagliato, giusto o ingiusto), ma per la loro funzione comunicativa. Sono dei marcatori semantici che, come le pisciatine dei cani, definiscono un territorio, e quindi il branco che quel territorio presidia. Gli elettori di destra non credono (salvo pochi casi umani) che con Meloni e Salvini si bloccheranno davvero i porti per impedire l’immigrazione, ma vogliono sentirlo dire perché non conta il testo (mettere navi militari a sparare ai barconi) ma solo il sottotesto, quello implicito che crea identità (siamo muscolari, siamo cazzuti, a noi nessuno ci mangia sulla testa…). Attenzione però: la comunicazione ha regole strane. Se anche lo scopo è il sottotesto, la profusione di boiate irreali che viene dispensata provoca cambiamenti nei linguaggi, e quindi nelle coscienze, e quindi nei comportamenti. Questa non è una teoria, è un’evidenza. Attenzione a maneggiare le parole, e attenzione a ciò che si dichiara di desiderare.