L’uso retorico della competenza

Se non fosse bastato Colao, messo in soffitta ancor prima di poter dire “Ecco il mio lavoro!”, esattamente come Cottarelli, ecco un’importante altra testimonianza dell’uso eminentemente retorico della competenza, della scienza, dell’esperienza quando si fa finta di volerla usare al servizio dell’opinione pubblica.

In un’intervista al Corriere della Sera Davide Casaleggio illustra il documento preparato dall’Associazione Gianroberto Casaleggio dal titolo Niente resterà come prima, in cui illustra come fare uscire l’Italia dalla crisi secondo “lo studio scientifico”. Come dire: dove non poté Colao riuscì Casaleggio. Ovviamente me la sono andata a leggere perché già dalle dichiarazioni al Corriere si capiva che era una boiata.

Digressione: come funziona il metodo Delphi e come l’ha usato Casaleggio (se no non capite le mie successive critiche). La Delphi Analysis è una tecnica previsionale, ovvero utilizzata per costruire scenari probabilistici di breve e medio periodo (se proprio vi affascina l’argomento potete approfondirlo QUI). Gli elementi costitutivi di questa tecnica sono semplici da descrivere, anche se abbastanza complessi da maneggiare:

  • si “reclutano” tutti i principali esperti su un dato tema (sviluppo tecnologico, evoluzione social media, nuove povertà, …); “tutti” significa un’accurata ricerca degli esperti (ai massimi livelli possibili) in modo che le diverse sfaccettature del tema – certamente complesso – siano ben rappresentate entro il gruppo, indipendentemente da scuole di pensiero, gruppi accademici, fazioni politiche;
  • gli esperti ignorano chi fa parte del panel e non si incontrano mai durante la ricerca; è il ricercatore che li interpella, per iscritto, con una serie di domande; attende le risposte; le sintetizza avendo cura di rispettare i diversi punti di vista, quindi prepara un secondo questionario che rimanda ai partecipanti, assieme alla sintesi; generalmente una Delphi si conduce in tre distinti round ma questa non è una regola; i round sono quanti servono per esplorare, con questa interrogazione a distanza, i temi posti sul tavolo;
  • ci sono tipi differenti di Delphi, che comportano differenze nella forma dell’interrogazione e nell’analisi.
  • Notare che lo scopo è costruire scenari ipotetici, probabilistici; un tipico risultato Delphi ha questo formato: “Il gruppo converge a grande maggioranza sul fatto che nei prossimi due anni, stanti le premesse A e B, accada X. Una minoranza argomenta invece che se sussistesse anche la premessa C potrebbe accadere Y con un margine di probabilità stimato nel tot%. Qualora venga meno la premessa A, il danno stimato potrebbe risultare W”.

Appare evidente che le chiavi per una buona Delphi sono l’attenta selezione dei partecipanti al panel e la capacità di redigere sintesi rispettose dei diversi punti di vista.

Torniamo alla casaleggiata. Gli esperti sono in tutto 36 “suggeriti dagli iscritti dell’Associazione” (traggo dal testo integrale): “da manager di azienda a sociologi, da virologi a intellettuali, da imprenditori a medici”. Se avete compreso il senso dell’analisi Delphi avete già intuito che sta franando tutto: i panelist, se l’italiano di Casaleggio ha un senso, sono stati suggeriti da membri di un’associazione estremamente connotata nella visione, nell’etica, nella scientificità. Tutti i ricercatori, ovviamente, cercano suggerimenti per redigere una lunga lista di potenziali candidati al panel, e quindi scegliere entro tale lista i migliori candidati, ma qui non sembra esserci stata scelta se non “avere già partecipato a eventi dell’associazione” ed essere “suggeriti” da membri della stessa; quindi: amici. Sostanzialmente un gruppo di amici già in sintonia con il casaleggiamento. Poiché l’elenco è incluso nel rapporto, troviamo perle come “Padre Pinco Pallo, francescano, esperto di etica”, “Ciccio Formaggio, avvocato di riconosciuta esperienza in materia di diritto societario e immobiliare”, “Sempronio, Notaio di successo ed esperto di tematiche di innovazione”. Io esagero, sì: ci sono effettivamente anche nomi famosi in diversi campi industriali e accademici ma la domanda fondamentale – per chi conosce e usa questa tecnica – resta: perché proprio costoro?

Dopodiché, ovviamente, mi permetterei di dire che la costruzione di scenari probabilistici a tutto campo, dal lavoro alle povertà, dalla ricerca alla formazione, tecnologie, sanità… con straordinaria evidenza anche a chi non si occupa professionalmente di queste cose appare che non si può realizzare con numero trentasei (36) “esperti”. 36 potrebbero forse bastare per i temi della salute; un’altra ventina per il lavoro e la formazione; altrettanti per le povertà… Anche perché nessuna Delphi può spaziare su argomenti molteplici; una Delphi riunisce esperti di un determinato settore, e con costoro si approfondisce quel settore; cosa diavolo ne sa Padre Pinco Pallo, menzionato sopra, di tecnologie, sanità e lavoro, visto che è nel gruppo in quanto “esperto di etica”? E Ciccio Formaggio, l’avvocato esperto di diritto societario, sa tutto di nuove povertà e scuola e innovazione tecnologica?

In questi casi l’unico modo per far stare assieme le persone, farle discutere (a distanza nella tecnica in questione) e farle pervenire a una qualche sintesi, dopo ripetuti andirivieni dei questionari, è solo quello di stare a livelli altissimi di generalità. Come andrà il mondo? bene, benino, maluccio… perché? Eh, cosa vuole, è tutto un gran bordello.

Invece il rapporto entra nello specifico (non troppo, ma non sta così sulle generali), e questo è stato possibile, ne sono certo, solo facendo scrivere delle brevi memorie a ciascuno, secondo i propri saperi e le proprie competenze, e assemblando poi con sapienti mix, copia e incolla, sintesi parziali e mediazioni quanto scaturito. Nessun panel Delphi, nessuna costruzione di scenari probabilistici, ma semplicemente i pareri di un gruppo di amici di Casaleggio, per quanto (alcuni) titolati, che valgono solo in quanto pareri di singoli studiosi, frati e avvocati esperti in diritto immobiliare.

Quasi un anno e mezzo fa ci trovammo su questo blog a criticare un’altra boiata scienzo-populista molto simile, vale a dire una pseudo Analisi Costi-Benefici che Toninelli (quanto ci manca!) commissionò per “dimostrare scientificamente” che la TAV era nociva e non andava fatta. Il professorone che eseguì lo studio “dimostrò” quello che stava a cuore a Toninelli, dopodiché passò qualche mese a difendersi dalle critiche che il mondo scientifico gli mosse, perché il suo studio era decisamente fallace e non seguiva gli standard scientifici comunemente accettati.

Il problema dei Toninelli e dei Casaleggio (e di vagonate di altri loro sodali) è che hanno una certezza, una verità, una fede, un’incrollabile certezza su un argomento, tanto incrollabile che la verifica scientifica – loro pensano – non può che confermarla. E poiché invece gli fanno i pernacchi (a Toninelli) o gli stanno tutti girando le spalle (al casaleggino), è evidente che c’è un volgo ignorante e incredulo che deve essere convinto con “la scienza”. Quella fatta coi piedi che dà loro ragione. Quella fatta da amici di amici degli amici, che dà loro ragione. Loro credono di avere avuto una “prova scientifica” della loro verità e – nel caso di Casaleggio, ché per Toninelli era al di là delle sue forze – la usano in tutti i modi come forma di comunicazione retorica (per esempio per un’intervista sul Corriere ripresa da molti altri giornali), sostanzialmente a costi zero.

Colao, e prima di lui Cottarelli, non l’hanno capito in tempo. Chi fa l’analista delle politiche pubbliche invece lo sa da un pezzo. I tecnici, gli esperti, servono solo per un fine terzo, che è la comunicazione fine a se stessa, una comunicazione che non illumina l’esperto né il tema che ha trattato, ma il suo interlocutore (politico o giornalista che sia). Guardate la fine che hanno fatto i virologi da televisione, per esempio; bene a fatto Burioni a decidere per un sano passo indietro.

Se la classe politica, se il ceto giornalistico, se l’apparato amministrativo, in Italia fanno schifo nella loro asinità, come può un “esperto”, se è veramente tale, credere che gli stanno dando fiducia? Che col suo sapere potrà – finalmente! – aiutare a cambiare in meglio le cose? Che saprà spiegare, argomentare, mostrare dati e analisi, anche coi disegnini che sono più chiari… e che conseguentemente quel politico, quel giornalista, quel dirigente pubblico, illuminato da tanto limpido sapere, indirizzi le cose verso la logica, l’evidenza scientifica, la programmazione razionale della spesa pubblica?

Come può?