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Il bivio dell’Occidente dopo la strage di Parigi

Copia di Hebdo25_mediagallery-page

Quanto sia terribile il bivio che abbiamo davanti mi appare chiaro ma so che è difficile argomentarlo in maniera semplice e convincente. Soprattutto convincente, non già perché non ci siano fatti, circostanze, tendenze, per non parlare di tantissime analisi e commenti; il problema è il solito, quello dell’ideologia. Poiché la storia non è matematica, la politica non è fisica e le dinamiche sociali non sono chimica, tutti quelli che ho definito “fatti, circostanze etc.” sono soggetti a interpretazione, vengono – da ciascuno di noi – piegati agli schemi mentali che ci sono propri, alle idee che tradizionalmente, da tempo, “indossiamo” assieme ai nostri amici, consoci, confratelli, compagni. Quindi se adesso dico delle cose scomode, fuori dagli schemi, politicamente scorrette, non in linea col vostro pensiero tradizionale, potreste essere poco disponibili a cambiare voi, e tendere piuttosto a rifiutare me. Trovo un certo conforto dal fatto che dopo la strage di Parigi (perché questo è il tema della riflessione che vi propongo) mi sembra di notare un cambiamento di registro in molti importanti commentatori italiani (commentatori soggetti agli stessi condizionamenti e quindi non universalmente condivisi); non so se è una nuova consapevolezza in loro, oppure se la tragedia francese li ha fatti rompere con gli indugi e venire allo scoperto. Comunque alcuni di questi commenti ve li propongo nelle Risorse finali invitandovi a leggerli. Per il resto preferisco uno stile molto asciutto e per punti; meno fronzoli = meno equivoci.

Il tema è: cosa fare dopo la strage parigina? Che atteggiamento avere con l’Islam?

L’Ebola come metafora

L’epidemia di Ebola comincia a spaventare o, quanto meno, a preoccupare. Conosciuta da alcuni decenni è sempre rimasto un problema lontano, con pochi morti in remoti villaggi dell’Africa “nera”, buono per una frettolosa compassione o per spaventarsi in qualche disaster movie. Ma adesso le cose sono improvvisamente cambiate: circa 1.000 morti al momento in cui scrivo, un numero mai raggiunto nelle precedenti epidemie (solitamente di poche decine di casi e, raramente, alcune centinaia); 100 operatori sanitari (tutti locali) contagiati, di cui 50 morti; un morto in Arabia; un caso sospetto in America (non è però Ebola); primo caso in Europa! (ma ce l’abbiamo portato noi, rimpatriandolo in Spagna); tre casi a Lampedusa!! (ma è un falso, denunciato l’autore). Infine, ad alimentare l’incipiente psicosi, l’allarme lanciato dall’OMS e titolato “La peggiore epidemia da quarant’anni MA si può battere”, con quel “ma” micidiale, ipotetico (dubitativo?).

Lo scontro di civiltà prossimo venturo, anzi già attuale

Anche se famoso come titolo, e per ciò stesso equivocato e spesso ridotto a slogan, il testo di Huntington presenta elementi di attualità importanti. In questo post non voglio fare l’esegesi di Clash of Civilizations, e i lettori interessati troveranno in coda il testo originale dell’articolo del 1993; l’idea dell’Autore ha ricevute diverse e corrette critiche a svariate semplificazioni ed errori che – secondo alcuni commentatori – non ne minano però l’apparato concettuale fondamentale. È a partire dalle intuizione di Huntington che vorrei osservare come il binario storico imboccato dalla “civiltà” (permettetemi di utilizzare il termine di Huntington, anche se discutibile) islamica sia ormai decisamente in rotta di collisione con quello Occidentale.

Il conflitto israelo-palestinese, che non finirà mai

Parlare oggi – a conflitto aperto e morti per le strade – del conflitto israelo-palestinese è di una pericolosità estrema. Foto atroci circolano in rete; ingiustizie decennali sono rinvigorite; ideologie solleticate, religioni scomodate e soprattutto, soprattutto, sono scomparse le verità, le possibilità stesse di una verità. E con essa di una giustizia. Credo sia facile la pietà per le vittime, e doverosa, e giusta. Per tutte le vittime. Credo sia ovvia l’indignazione per i soprusi e la loro pubblica denuncia. Per tutti i soprusi. Perché la situazione mediorientale è molto più intricata e contorta di quanto appaia a facili semplificazioni, e credo che simpatie a parte, ideologie a parte, sentimenti a parte, valga sempre la pena ragionare e cercare di capire, e Hic Rhodus vuole appunto essere uno spazio di ragionamento e approfondimento, per quanto scomodo. Prima di tutto di ragionamento e argomentazione, e per poter ragionare occorre approfondire e informarsi. Sono consapevole che anche approfondendo non può esistere una sola verità (l’ho detto più volte e così esplicitamente!) non perché oscura o dissimulata ma perché molteplice. Anche un’ipotetica “verità” in questo conflitto è molteplice; troppi fattori, eventi, circostanze, attori internazionali coinvolti; troppi torti subiti da ciascuna parte; troppi interessi evidenti e moltissimi oscuri… Mi limito quindi a proporre un po’ di storia e un po’ di sociologia per comprendere le ragioni del conflitto.