Arriva Draghi. Non vi piace? Lo capisco, ma forse potevate pensarci prima…

Arriva Draghi. Non vi piace? Lo capisco, ma forse potevate pensarci prima…
Molte erano state le critiche che i governi della scorsa legislatura avevano meritato; eppure, questo governo riesce a peggiorare quanto di cattivo e a rinnegare quanto di buono era stato fatto.
Il governo Gentiloni ha ormai esaurito il suo compito, e l’avvicinarsi di importanti scadenze dovrebbe convincere tutti che il tempo dei giochi postelettorali è finito
I moderati progressi che registriamo su scala nazionale (PIL, occupazione, ecc.) si riscontrano stavolta anche nel Mezzogiorno. Ma il divario col Nord resta enorme.
La fragilità della nostra “barchetta” ci espone a gravi rischi quando i mercati volgeranno al brutto. Ma forse…
I dati del Rapporto Istat 2017 illustrano una realtà paradossale: in Italia, solo le piccole aziende sono incentivate a essere più produttive, mentre per le medio-grandi vale l’opposto
Ormai ci siamo abituati: ogni volta che si parla di argomenti che dovrebbero essere oggetto di una valutazione basata sui dati di fatto, si finisce in una querelle tutta dialettica, come se bastasse una buona o cattiva comunicazione a indirizzare i problemi in un senso o nell’altro.
Stavolta, e non per la prima volta, la discussione si è accesa sui dati relativi all’embrione di ripresa economica in cui l’Italia si trova, e in particolare sugli effetti del Jobs Act sull’occupazione. Addirittura, il Presidente del Consiglio Renzi ha annunciato un piano “antibufala” per contrastare la disinformazione che a suo dire viene fatta sull’operato del Governo. Ma è davvero così?
In questo inizio di 2015, abbiamo assistito a un insolito fenomeno: il manifestarsi di alcuni segnali positivi per l’economia italiana. Da un lato la Banca d’Italia ha comunicato che prevede per il 2015 una crescita del PIL “significativamente superiore” delle sue stesse precedenti proiezioni; dall’altro lo stesso annuncio è stato dato dal Centro Studi di Confindustria. Infine, l’Istat ha comunicato che, finalmente, ci sono segni di ripresa dell’occupazione, e che a dicembre il numero degli occupati è cresciuto di circa 93.000 unità.
Si tratta di segnali di un reale miglioramento, o di un fenomeno statistico magari stagionale, come qualcuno ha suggerito?
[I dati qui presentati sono stati aggiornati con un post del 21 Marzo 2018]
Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna (Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909).
In linea di massima lo sappiamo tutti: le guerre sono convenienti per alcuni, il traffico d’armi è colossale e anche l’Italia ha la sua fetta di torta. Ma come sempre un conto è sapere “in astratto”, per sentito dire, e altro conto è conoscere in maniera precisa e documentata, cosa che cercherò di fare in questo articolo. Di tutte le convenienze belliche (conquista di territori, controlli di risorse, eliminazione fisica di nemici storici…) qui mi occuperò solo dell’industria delle armi, fiorentissima, potente, produttiva, vero pilastro nel sostegno dei PIL nazionali di quei Paesi che – come l’Italia – hanno la fortuna di essere leader in questo settore. Perché, vi anticipo, anche qui il made in Italy è globalmente competitivo.