La decisione di Calenda di presentare, costruttivamente, una proposta a Meloni, ha fatto insorgere la sinistra organica. Che ancora una volta si sbaglia.

La decisione di Calenda di presentare, costruttivamente, una proposta a Meloni, ha fatto insorgere la sinistra organica. Che ancora una volta si sbaglia.
Di Maio inviato speciale europeo nei Paesi del Golfo? Stiamo scherzando, spero.
Le stupidaggini si fanno per caso? Nell’epoca dell’esibizionismo più volgare, mi vorreste dire che tutto questo chiasso è capitato senza volere?
Secondo Robert Nozick, l’avversione degli intellettuali “parolai” verso l’economia di mercato nasce dal traumatico passaggio dalla scuola al mondo esterno.
Stupefacente il penoso flirt che parte del PD cerca ancora di avere col M5S. E non si può sperare in un ravvedimento.
Chi più chi meno, i partiti che stiamo per votare hanno mutato idee, visione, programmi nel corso degli anni. Facciamo un ripasso, per non finire col votare partiti che crediamo essere chi non sono.
Scriviamo spesso di essere razionalisti, e auspichiamo una politica razionalista. E ora di spiegare questo concetto.
La proposta presidenzialista della destra è una pericolosa deriva populista e sottilmente eversiva. E per questo piace alla gente.
Il programma dei 5 Stelle, oltre alla fuffa populista e al ricorso alla spesa pubblica, ha un difetto esiziale: manca di una visione strutturale dei problemi, e propone solo piccoli interventi inutili e scollegati.
C’è un dibattito, marginale, sul concetto di ‘fascismo’, che vale la pena chiarire; anche perché coinvolge un altro concetto, ‘populismo’, che si è messo di traverso nella campagna elettorale.
Una sinistra con poche idee lancia vecchi e logori slogan, non vedendo chi sia il vero nemico.
I tempi sono cupi, ma non diamoci per vinti. C’è una grande occasione da cogliere per i democratici, riformisti, liberali ed europeisti. Coraggio!
Un Senato di vili e ipocriti manda a casa Draghi e apre le porte a Meloni. Buona fortuna!
Le ragioni (mie personali) a favore del voto subito, senza paura della destra becera e cercando di tradurre la probabile sconfitta in un’occasione per i riformisti, socialisti e liberali.
La crisi di governo non è una crisi politica. Non ha nulla di “politico”, semmai di culturale, antropologico, patologico…