Questo, in redazione, lo chiamiamo instant post; vale a dire: ho letto una corbelleria e mi scappa di rispondere subito perché non riesco a trattenermi.
Sapete della candidatura di Di Maio a inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico, vero? Non si sa bene come sia scappato fuori il suo nome, ma salvo sorprese dell’ultimo minuto sarà proprio lui a essere nominato al prestigioso incarico.
Non tutti in Italia sono stati contenti di questa riesumazione del Giggino nazionale, ma leggo un commento pubblicato un paio d’ore fa da Andrea Cangini che scrive (riproduco testualmente):
Ha incarnato ed esaltato i peggiori sentimenti antipolitici.
Ha mortificato il Parlamento, amputandone per pura demagogia la rappresentanza democratica.
Ha minacciato l’impeachment al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ha firmato il memorandum sulla Via della Seta con la Cina.
Ha flirtato col Venezuela di Nicolas Maduro e con la Federazione Russa di Vladimir Putin.
Ha corteggiato i gilet gialli francesi.
Ha realizzato con l’assunzione dei navigator la più colossale operazione clientelare della storia repubblicana.
Ha dato voce all’antieuropeismo più becero per poi rinnegare una dopo l’altra tutte queste posizioni e infine tradire il Movimento di cui fu, come allora usava dire, “capo politico”.
Ma non sono queste le colpe che vengono oggi imputate a Luigi Di Maio.
Secondo un’antica prassi arcitaliana, a Luigi Di Maio non viene perdonato il fatto di aver perso. Di aver perso tutto. E di non contare più nulla.
Dopodiché il Cangini, dopo avere accusato i demagoghi à la Salvini di boicottare questa candidatura per meschini livori personali, conclude:
Uomini privi di quel minimo senso dello Stato e dell’interesse nazionale che dovrebbero suggerire a chiunque di auspicare la nomina di un italiano, anche se dovesse chiamarsi Luigi Di Maio.
Orbene, io non so chi voglia e chi non voglia Di Maio, se per questioni meschine o di sostanza, né conosco i retroscena, i favori, i compromessi, i “risarcimenti” e altre questioni di piccolo cabotaggio. So, però, perché io non voglio Di Maio in quel ruolo, e lo spiego con le parole di Cangini:
Ha incarnato ed esaltato i peggiori sentimenti antipolitici.
Ha mortificato il Parlamento, amputandone per pura demagogia la rappresentanza democratica.
Ha minacciato l’impeachment al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ha firmato il memorandum sulla Via della Seta con la Cina.
Ha flirtato col Venezuela di Nicolas Maduro e con la Federazione Russa di Vladimir Putin.
Ha corteggiato i gilet gialli francesi.
Ha realizzato con l’assunzione dei navigator la più colossale operazione clientelare della storia repubblicana.
Ha dato voce all’antieuropeismo più becero per poi rinnegare una dopo l’altra tutte queste posizioni e infine tradire il Movimento di cui fu, come allora usava dire, “capo politico”.
Questa lista, pure incompleta, basta e avanza per dire che Di Maio era inadatto come parlamentare, capo politico e ministro (ricordate le figuracce fatte all’estero?), e quindi come rappresentante non dico di Pozzuoli bensì dell’Europa.
La frase conclusiva di Cangini, poi, è da brividi: preferisce un italiano incompetente e inaffidabile, in una carica europea, anziché uno straniero semmai più qualificato? Stiamo parlando di Europa, santo cielo, e dovremmo vedere le cose come europei ed europeisti, e non come italiani provinciali e ottusi.