On line dal 14 agosto, arriva alla platea elettorale il programma del M5S.
L’incipit è barricadiero e “di sinistra” (virgolette indispensabili), perché elenca innanzitutto le lavoratrici e i lavoratori sottopagati e sfruttati, i giovani sfruttati e le donne, e solo dopo l’ambiente, le imprese e la salute, poi i diritti, infine la scuola; vorrà pur dire qualcosa. Questo incipit, e il programma che segue, è piuttosto diverso da quello del 2018 (che potete trovare QUI; ricordiamo che le 5 stelle riguardavano acqua, ambiente, trasporti, sviluppo ed energia). Ma certo i tempi sono cambiati, la politica ha insegnato loro qualcosa (o almeno ha tentato), e i temi anti-istituzionali ed ecologisti sono stati sostituiti da un’agenda con uno sguardo prospettico più ampio, almeno nei titoli. Vediamola assieme.
Il programma
1. Diversamente dall’incipit il programma inizia col fisco: cashback fiscale, cancellazione totale Irap, taglio cuneo fiscale, cessione crediti fiscale strutturale e maxirateizzazione delle cartelle esattoriali. Subito sventolando soldi che non ci sono. Se nel 2018 Di Maio (Ministro) prometteva di dimezzare l’Irap, senza ovviamente riuscirci, oggi Conte la vuole abolire facendo rinunciare le casse dello Stato a circa 24 miliardi di Euro (dato 2021; fonte). Per quanto riguarda il cuneo fiscale, che tutti vorremmo vedere fortemente ridotto, potete dare un’occhiata QUI per capire l’ingarbugliata serie di motivi per i quali è difficile anche solo provare a ridurlo significativamente. Per avere comunque un elemento di paragone, nel febbraio 2020 il Presidente dell’INPS, Tridico, stimava in 7,1 miliardi di Euro la semplice riduzione del cuneo come stava prospettando, all’epoca, il governo (fonte) a fronte di pochi spiccioli in busta paga per i lavoratori. E lasciamo stare i cashback, le maxirateizzazione e compagnia danzante. Insomma, qui veramente cominciamo male.
2. Il capitolo sul lavoro non è male: salario minimo a 9 euro, stop a stage e tirocini gratuiti, ammortizzatori sociali per tutti, rafforzamento del reddito di cittadinanza (RdC), riduzione orario di lavoro e ovviamente superamento della legge Fornero e flessibilità per andare in pensione. Senza tornare a fare i conti in tasca a Conte, io potrei anche votare un programma sostanzialmente sovietico in cui si lavora meno ma pagati di più, si va in pensione prima e se non lavori c’è il RdC e così via. Viene da chiedersi come mai, a un mondo del lavoro così interessante, non ci abbia pensato nessuno fino ad oggi!
3. Le donne: oltre a perorazioni giuste, che faccio mie (parità salariale, equiparazione dei congedi di paternità e maternità, sgravi per l’assunzione delle donne in gravidanza…), ci sono un po’ di pensioni anticipate che, lo dico senza sarcasmo, non sarebbero ingiuste, poiché credo seriamente che le madri-lavoratrici fatichino tre volte i padri-lavoratori… Diciamo che se ne potrebbe parlare, assieme agli sgravi per l’assunzione di donne disoccupate e altre misure che probabilmente non costerebbero moltissimo. A patto di dire dove si trovano i soldi, e a patto di non creare altri meccanismi ingarbugliati come il RdC.
4. Giovani: considerando i tanti giovani che simpatizzano per il M5S, la povertà delle proposte per i giovani è disarmante; come per le donne ma con meno idee, più la gratuità del riscatto della laurea. Attenzione comunque: è molto bello scrivere “Incentivi all’imprenditoria giovanile”, ma cosa significa? Meno burocrazia? Meno spese? Sgravi fiscali? E perché non formazione continua, accesso al credito, affiancamento di tutor? Questa considerazione vale un po’ per tutti i punti del programma (e non solo per il programma dei 5 Stelle) quando si indicano orizzonti di gloria come meri titoli, rispetto ai quali si possono percorrere molteplici strade, alcune facili ma poco incisive, altre strutturali ma costose.
5. Le imprese: oltre ad alcuni “orizzonti di gloria” come già visto, colpiscono – almeno a me – due questioni: l’estensione dei crediti d’imposta “sul modello del Superbonus” (ovvero altri soldi buttati a pioggia, utili per innescare appetiti truffaldini) e un fantastico
Misure per contrastare le delocalizzazioni e favorire la responsabilità sociale delle imprese,
che significa più o meno questo: se un imprenditore italiano è soffocato dal costo del lavoro e dalla sua rigidità, asfissiato dalla burocrazia, tartassato dal fisco, e pensa di delocalizzare in Romania, arriva non si sa chi per instillargli la “responsabilità sociale”, fargli venire i sensi di colpa, non so, e poi gli applica “misure” che lo convinceranno a non delocalizzare (tipo una testa di cavallo nel letto?). Questa ingenuità è tipica dei populisti pentastellati, ed è la stessa che, su un altro fronte, ha prodotto il RdC “sconfiggendo la povertà”. Non esistono macrosistemi, cause strutturali, reti complesse di cause che conducono, fra le altre cose, alla povertà o alla necessità di delocalizzare. Come il medicastro che si limita a darti un aspirina per curare i sintomi evidenti, non peritandosi di comprendere l’origine del tuo male, la povertà si sconfisse (sic) col RdC e il fenomeno della delocalizzazione si sconfiggerà con “misure” e col favorire la “responsabilità sociale”.
6. La casa: edilizia residenziale, mutui agevolati, aiuti alle persone sovraindebitate.

7. Ambiente: il capitolo si apre con uno slogan come tanti già visti:
Tendere a un modello sostenibile di consumo energetico per ridurre le emissioni annue di gas serra.
Ovviamente, come “Dare la precedenza a destra” e “Le donne non si colpiscono nemmeno con un fiore”, sono d’accordo, come anche con
Sburocratizzazione per favorire la creazione di impianti di energia rinnovabile.
Poi, uniche cose chiare, bonus e superbonus a gogò, e un bello stop a trivellazioni e a nuovi inceneritori (su gas e rigassificatori non si dice nulla).
8. Rigenerazione ed economia circolare: buoni propositi condivisibili.
9. Sanità pubblica. Qui ci sarebbe da fare un discorso lunghissimo. Per esempio come non essere d’accordo su “Basta interferenze della politica nelle nomine dei dirigenti sanitari”? Io abito in una Regione dove perfino gli uscieri delle Asl sono nominati dai politici (immagino sia così anche da voi), ovvio che sarei d’accordo. Ma, mi chiedo, chi li nomina quindi i dirigenti? Alcuni decenni fa, prima dell’aziendalizzazione della Sanità, i dirigenti erano nominati dalla conferenza dei sindaci del territorio; sempre politici sono. Vogliamo fare che i dirigenti li nomina il popolo sovrano? O sarebbe meglio una politica meno vorace, più controllata, sottoposta a vincoli (per esempio di merito, di valutazione dell’efficacia…). Il resto del programma su questo punto è mera propaganda (aumentare gli stipendi…).
10. Sostegno ai disabili: più pensioni ai disabili è il primo punto, chiarissimo. Il resto è roba vaga, vagamente accettabile se si capisse meglio.
11. Istituzioni: qui il populismo grillino raggiunge il vertice. Tre quarti dei punti che propongono è semplicemente incostituzionale, e in alcuni casi in senso marcato (voglio dire: grazie al cielo l’attuale Costituzione impedisce esplicitamente alcune boiate illiberali, antidemocratiche e fondamentalmente imbecilli).
12. Sviluppo: inizia con uno splendido “riduzione del gap infrastrutturale tra i territori” sul quale sono d’accordo. Dai coi cantieri, dai! Come se non si fossero malamente spesi vagonate di miliardi negli ultimi decenni per costruire infrastrutture imbecilli (come il prossimo Ponte sullo Stretto, di Berlusconiana vocazione); anche qui non si capisce che i gap, di qualunque natura, si superano non già intervenendo a valle del problema, lì dove si manifesta, ma a monte, là dove si genera; sarebbe un discorso davvero lungo, e comunque stare sempre molto attenti a chi vuole le infrastrutture! Seguono altre sciocchezzine.
13. Legalità: c’è l’ovvio contrasto alle mafie, l’immarcescibile lotta alla corruzione, il santo contrasto alla violenza sulle donne e l’obbligo di dire buongiorno e buonasera ai vicini. Manca la lotta al lavoro nero e all’evasione fiscale.
14. Diritti: diritti a gogò, matrimonio egualitario, e Ius Scholae (ma non una riforma strutturale delle legge sull’immigrazione; ancora una volta guardano il dito senza accorgersi della Luna).
15. Finalmente arriva la scuola: intanto – giustamente – stipendi più alti agli insegnanti; poi lo psicologo a scuola (la lobby degli psicologi ringrazia), più soldi per Università e ricerca (ah, beh…), accesso aperto ai risultati delle ricerche (così col cavolo che si farà ricerca in Italia, visto che non sarebbe più remunerativo) e riduzione del numero chiuso universitario, ma sì, che tutti vadano a studiare quel che gli pare, che già abbiamo Università schifose che rilasciano titoli pressoché inutili.
16. Cittadinanza attiva: a parte l’acqua pubblica (che almeno è chiaro) il resto è fuffa demagogica.
17. Animali: abolizione della caccia, pene severe per chi maltratta gli animali e detrazioni per spese veterinarie. Essendo io un animalista, approvo incondizionatamente.
18. Tecnologie: Carta dei Diritti digitali e altre belle cose, sostanzialmente giuste ma che andrebbero poi declinate operativamente; permettetemi di soprassedere.
19. Agricoltura e 20. Turismo: belle cose costose e in parte irrealizzabili, ma incomincio a essere stufo e corro avanti.
21. Multilateralismo e collocazione internazionale: si parte dalla “Solida collocazione dell’Italia nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea”, che ovviamente mi fa moltissimo piacere, smentita subito dopo da idee irricevibili come “rendere permanente l’emissione di debito pubblico” e “Riforma del Patto di stabilità rivedendo gli attuali parametri” (vuole ovviamente dire poter fare più debito); questioni delicate, contrarie all’attuale assetto comunitario, che indubbiamente può (e in qualche misura deve) essere messo in discussione con proposte solide e credibili, perché l’Italia è una fra oltre venti Paesi che devono negoziare, e il negoziato funziona fra Paesi credibili e con le finanze in ordine. Altre cose accettabili.
22. Infine – e non ne potevo più – un capitoletto sull’informazione pubblica con scritto che serve una nuova governance per tenere fuori i partiti dalla Rai (idea davvero originale!).
Il nostro commento
Innanzitutto, sotto un profilo comunicativo, il programma a 5 Stelle appare subito come un grande guazzabuglio dove hanno cercato di dare un ordine a una quantità di slogan e parole d’ordine tipiche di questa parte sociale e politica. Anche il programma della destra è molto piena di slogan demagogici, ma che capacità di sintesi!
Anche qui, comunque, balza agli occhi che il leitmotiv è sostanzialmente questo: incentivi, soldi, bonus, pensione facile, aumenti di stipendi etc., senza alcuna indicazione di dove diavolo si prenderanno i soldi (qui esattamente come la destra): da tagli? Dove? Da tasse? Come, a chi? O, semplicemente – come si evince – da aumenti del debito pubblico?
Ma c’è una questione più grave e determinante: non c’è un singolo punto che riveli una visione strutturale, organica, complessiva. La Sanità è spicciata con l’allontanamento dei politici dalle nomine e con più soldi, ma non c’è una “visione” della salute pubblica; la scuola è ridicolizzata con sciocchezze come l’abolizione del numero chiuso o lo psicologo scolastico, senza una prospettiva organica su questa povera e maltrattata istruzione italiana; il capitolo sullo sviluppo industriale è costellato di incentivi e di castighi ai cattivi che delocalizzano, ma non è descritta una strada per la ripresa industriale, la competitività e le mille questioni che fanno la differenza fra un Paese che ricerca sviluppo e benessere e uno che vivacchia sui superbonus. Patetiche (e completamente irrealizzabili) le politiche fiscali. L’ambiente (che era una delle “stelle” delle origini) è ridotta a slogan macchiettistici.
Manca qualunque pensiero strutturale sull’immigrazione, sulla difesa del suolo, sulla sicurezza, sulla giustizia…
Francamente, se avevamo avuto dubbi sul programma della destra, chiaramente una presa in giro, qui se possibile siamo un gradino sotto; il programma della destra è una truffa, ma c’è un suo senso complessivo, per quanto ributtante. Qui, invece, c’è il vuoto pneumatico di un gruppo politico, e del suo leader, totalmente appiattiti sul linguaggio prepolitico.
Gli altri programmi, finora: