Conflitto israelo-palestinese: comunque vada, una sconfitta per tutti

Non sono uno stratega militare, e sulle ragioni tattiche e strategiche del comportamento di Israele a Gaza so esattamente quello che sapete voi, a parità di informazioni; sarebbe quindi sciocco che io ne parlassi. Sulle ragioni politiche per le quali Netanyahu ha fatto e fa quello che ha fatto e sta facendo, so parimenti quello che leggo, perché non sono un politologo esperto di questioni mediorientali. Diciamo quindi che parto alla pari di chiunque, chiunque si informi un pochino, come può, e poi usi un minimo di logica per decifrare quel po’ che si sa, specialmente di decifrarlo senza eccessi di ideologismo ed emotività.

Il senso di questo post, quindi, non è certo informare i nostri lettori (raramente HR è stato un medium informativo) ma di ragionare ad alta voce con loro, perché se ci aiutiamo a capire, se ci aiutiamo reciprocamente, capiamo meglio, viviamo meglio, contribuiamo (ciascuno nell’infimo contributo che può dare) alla costruzione di un mondo meno schifoso. Vado per punti che mi viene più facile.

  1. Si continua a confondere ebraismo (la religione e il popolo che vi si riconosce) con Israele (una nazione e i suoi abitanti) e col sionismo (oggi una visione politica massimalista, fanatica). Questo è gravissimo; molti dei peccati di Israele (sopra tutti: l’occupazione dei territori palestinesi, in barba al diritto internazionale) sono stati perpetrati da ebrei fanatici e sionisti, con l’avallo di politici israeliani della destra religiosa; assalire gli ebrei in giro per il mondo (come sta accadendo in questi giorni) è una reazione fanatica, insensata, ingiusta, immorale; senza tirare in ballo la manfrina degli ebrei perseguitati per secoli, e dell’Olocausto (però, sì, gli ebrei sono stati perseguitati per secoli, anche in Italia, e c’è stato l’Olocausto, complice anche l’Italia), noi possiamo vedere chiaramente le colpe politiche di Israele, biasimare il suo spregio per gli accordi, desiderare che cambi le proprie politiche, condannare il sionismo becero, ma Israele resta un’entità democratica, di stile occidentale, nel cuore di un Medio Oriente dove i moderati stentano a far sentire la loro flebile voce (ma in Israele ci sono: moderati, pacifisti, contro Netanyahu, desiderosi di una sana convivenza coi palestinesi). 
  2. Si continua anche a confondere Hamas con la Palestina, come ogni mezz’ora i giornalisti ci spiegano nei telegiornali. Secondo un sondaggio di Foreign Affairs, realizzato pochi giorni prima della strage del 7 ottobre, sembrerebbe (dobbiamo essere cauti, ovviamente) che per gli intervistati di Gaza e della Cisgiordania

Alla domanda di indicare quanta fiducia avessero nelle autorità di Hamas , una pluralità di intervistati (44%) ha affermato di non avere alcuna fiducia; “poca fiducia” è stata la seconda risposta più comune, con il 23%. Solo il 29% degli abitanti di Gaza ha espresso “molta” o “molta” fiducia nel proprio governo. Inoltre, il 72% ha affermato che vi è un livello elevato (34%) o medio (38%) di corruzione nelle istituzioni governative, e una minoranza ritiene che il governo stia adottando misure significative per affrontare il problema.

Anche qui, quindi, vediamo un popolo (palestinese) che ha subito e subisce da decenni una quantità di soprusi, e una “élite” (diciamo così) di tagliagole che spadroneggia e tiene in ostaggio il popolo per il quale pretende di combattere (l’impegno messo da Hamas per impedire ai civili di sfollare dalla zona nord di Gaza, e usarli non tanto come scudi umani – come si dice – ma come martiri da esibire, come dimostrazione della disumanità israeliana, come scaturigine di nuovi cicli di vendette e ritorsioni, beh… a me pare una lampante dimostrazione della visione e dei valori che animano questi delinquenti).

  1. Il famoso diritto alla difesa di uno stato, sancito anche nel diritto internazionale, è scivolato nel diritto alla ritorsione, e guardate che anche questo è – mah? – un “diritto”; dopo i 1.200 morti – o quanti son stati – del 7 ottobre, e gli oltre 200 rapiti (diversi dei quali già morti),  cosa doveva fare Israele? Stare buono? Perdonare? Trattare con gli assassini? La reazione è (o meglio: avrebbe dovuto essere) una reazione militare: mi hai attaccato – a tradimento e in modo infame – e io contrattacco per eliminare il pericolo; questo, per esempio, è successo in Ucraina, ma a Gaza contro chi combatterebbe, esattamente, Israele? La risposta “contro Hamas” resta militarmente e politicamente complicata, perché Hamas non è uno stato, non è un’organizzazione politica tradizionale e – malgrado il sondaggio citato – ha profondi radicamenti nel popolo di Gaza. Contro chi devono sparare, esattamente, i militari israeliani? È indubbio che la reazione israeliana non può non coinvolgere i civili, creando nuovi lutti, dolori, sofferenze che avranno un prezzo politico enorme; i 1.200 morti (ammazzati come cani, vittime civili innocenti) sono stati dimenticati in 48 ore, perché la comunicazione è sempre una comunicazione qui e ora, e ogni minuto i telegiornali ci parlano di civili uccisi, di strage di bambini, di ospedali distrutti, di gente alla fame, di un popolo, quello palestinese, che senza colpe viene avvilito e martoriato da chi? Dagli israeliani, da Israele, quello stato di farabutti che da sempre umilia i palestinesi, che gli ha rubato le terre… E poiché c’è del vero nel racconto di quei soprusi, ecco che la situazione attuale è la seguente: gli aguzzini israeliani (diciamolo, dai: ebrei!), continuano l’azione violenta e sopraffattoria sempre messa in atto contro quei disgraziati di palestinesi, ormai senza patria, senza casa, senza cibo, senza nulla. Come diavolo si fa a non provare pietà per loro, e una rabbia profonda per gli israeliani (diciamolo, dai: ebrei!) capitanati da quel loschissimo figuro di Netanyahu? Allora: Hamas ha già vinto, Israele ha comunque perso; le continue dimostrazioni in giro per il mondo lo dimostrano.
  2. Il radicalismi islamico non è stato sconfitto con l’annientamento militare dell’ISIS (che sopravvive nell’ombra) e non lo sarà con l’eventuale e del tutto ipotetico annientamento di Hamas (come si fa ad annientare Hamas? Si uccidono tutti i capi, i vice capi, i luogotenenti, i militanti, poi i loro familiari fino alla terza generazione, gli amici degli amici…). Il radicalismo islamico è presente in tutto il Nord Africa, centro Africa, Medio Oriente e altre aree, è in espansione, è profumatamente alimentato e pagato da Iran e Qatar, da frange saudite, con la complicità di stati importantissimi ai quali non frega nulla dei poveri palestinesi (visto e considerato che queste importantissime nazioni schiacciano le minoranze interne senza pietà), né del diritto internazionale (visto che codeste nazioni lo violano sistematicamente), che operano nell’esclusivo proprio interesse, inseguendo sogni egemonici, confidando nel logorio dell’Occidente (sì, parlo specialmente della Cina, secondariamente del suo vassallo russo e poi di altri satrapi locali, molti in Medio Oriente, qualcuno altrove). Ecco allora che i giochi cambiano immediatamente prospettiva: Hamas manovrato dal Qatar e da una parte importante dei Sauditi, Hezbollah dall’Iran, con convergenze strumentali e “innaturali” (storicamente) fra sciiti e sunniti, fra cinesi e arabi (i quali se ne infischiano della sorte dei loro fratelli uiguri…), pur di guadagnare posizioni nell’accaparramento delle materie prime, nel mercato globale, sul fronte politico interno, nel fare un dispetto agli imperialisti americani e ai pavidi europei, neppure fosse tutto un talk show dove vale la battuta fulminante, o l’inquadratura mentre ti mostri sprezzante, altro che far politica, altro che costruire un piano, un progetto per il futuro.
  3. In questo conflitto permanente che attraversa il globo in varie forme, ormai da decenni, una cosa è chiara in me. Non ci sono vere ragioni. Forse non c’è mai una vera ragione alla guerra, salvo quando ci si difende, ovviamente. Nelle guerre contemporanee ci sono sempre e solo leader invasati, poteri da affermare, posizioni da consolidare, spesso solo simboliche, ideologie da imporre, nemici immaginari, storie secolari trasfigurate a beneficio di chi le narra, popoli da usare come massa elettorale se serve in elezioni truffate, da usare come scudo per difendersi, da usare come vittima per sventolarne i resti insanguinati e dare colpe al nemico, al Nemico, che è sempre e solo uno, sempre quello: la modernità, il pensiero razionale, la libertà e la democrazia, l’emancipazione e l’uguaglianza (delle donne, per esempio; ma ce ne ricordiamo solo quando dobbiamo predicare la schwa? Siate donne in Palestina, in Iran, in Arabia e poi venitemelo a raccontare), il diritto di critica e di parola e, perché no?, di blasfemia (provate a bestemmiare in Palestina, in Iran, in Arabia e poi venitemelo a dire), di essere omosessuali (provate in Palestina, in Iran, in Arabia e poi venitemelo a dire), di intraprendere, candidarsi liberamente al governo del Paese (provate in Palestina, in Iran, in Arabia e poi venitemelo a dire)… In una parola: è una guerra all’Occidente democratico e liberale. Una guerra con moltissime facce, non tutte banalmente economiche, che vede una manciata di gaglioffi manovrare milioni di poveracci, resi e mantenuti tali perché solo così si possono manovrare. E mandare al macello.