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I sociologi ci raccontano il destino dell’Italia

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Questo articolo è parte di un ciclo di tre in cui un gruppo qualificato di sociologi ci ha raccontato la sua visione dei problemi attuali e dei possibili sviluppi. I tre articoli sono così organizzati:

  1. l’Europa (il precedente articolo); per precisazioni sul metodo di intervista e un’introduzione generale (con link all’elenco dei sociologi partecipanti) rinvio a questo;
  2. l’Italia (il presente articolo);
  3. il mondo e il ruolo degli intellettuali (terzo e ultimo articolo).

Se – come visto nell’articolo precedente – i nostri sociologi risultano piuttosto disincantati sulla realtà europea e i suoi destini, parlando d’Italia hanno manifestato tutti dei punti di vista abbastanza critici; tale atteggiamento critico poteva essere atteso, essendo probabilmente comune a tantissimi italiani, e diventano interessanti le ragioni di tale critica, le articolazioni del giudizio che si suddividono in poche e chiare dimensioni della quali la maggiore è – diciamo così – “antropologica”, legata al carattere degli italiani, alla loro etica, all’incapacità di sentirsi comunità assumendosene le responsabilità:

Dalla lotta alla discriminazione all’omofobia cattolica

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Tutti leggiamo sui giornali, o apprendiamo dai notiziari, della sofferenza causata, a scuola, da bullismo omofobo, con ragazzini/e che ha volte finiscono col suicidarsi. Bulli omofobi a scuola, bulli omofobi nella vita; è da qui che è giusto partire. A seguito quindi del programma promosso dal Consiglio d’Europa “Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, al quale l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni (UNAR) ha aderito, è stata elaborata la Strategia Nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, che potete scaricare integralmente QUI.

Le ragioni dell’animalismo

61 Le ragioni dell’animalismo

Fra i concetti utilizzati in senso duplice, come bandiera e come ingiuria, quelli designati con un -ismo sono indubbiamente i più comuni. Se siete comunisti sarete fieri della vostra appartenenza e dovrete sopportare i dileggi degli anti-comunisti; se siete fieramente laici vi beccherete l’accusa di laicisti dai cattolici integralisti, intendendo con ciò qualcosa di negativo e sbagliato, l’esagerazione del concetto di laicità; e così i garantisti (eccessivamente tolleranti secondo coloro che vorrebbero tutti in galera), i giustizialisti (eccessivamente persecutori secondo coloro che non vorrebbero tutti in galera), i liberisti (eccessivamente fiduciosi nel libero mercato) e così via. Naturalmente il linguaggio è qualcosa di vivo e mutevole e non c’è una vera regola: il liberista non ritiene che questo aggettivo sia un insulto, ma se a me laico date del laicista sì, comprendo che volete diminuire e criticare la mia visione del mondo. Animalista è uno di questi termini un po’ ambigui: come femminista, comunista, e altri che fanno riferimento alla difesa di minoranze, o di parti sociali, è ritenuto termine neutro per chi ama gli animali e indicatore di una certa fanatica esagerazione da parte di chi non crede che agli animali si debba dare tutta questa attenzione. Ebbene, consapevole dei rischi che corro, mi dichiaro animalista anti-specista; ciò mi ha portato ad aderire a una dieta vegetariana; alla festa di San Firmino faccio il tifo per i tori; ho una pessima opinione dei cacciatori; credo che nei circhi non debbano esserci esibizioni di animali; e via discorrendo tutto l’armamentario tipico degli animalisti che voi lettori, a seconda della vostra visione del mondo, potete sostenere o irridere.

E adesso provo a spiegare la natura etica e filosofica dell’animalismo;