Guai postare un seno su Facebook, neppure di un’opera d’arte o il nudo artistico di una maternità. Adesso anche Google decide di applicare filtri pudibondi e la logica censoria sui social network è in preda a una discreta anarchia (bigottismo feroce su Facebook e libertà assoluta su Tumblr, che dispone di filtri applicabili a discrezione dell’utente); va bene. Ma possiamo parlarne? Possiamo parlarne nello stile HicRhodusiano?
Lo stile di questo blog parte spesso dalla definizione dei concetti. Se non definiamo |pornografia| non possiamo dire se ci va bene o no, ma soprattutto non possiamo dirne il perché. Le definizioni (che potete trovare facilmente anche voi in rete) vanno da un generico
Che raffigura o descrive esplicitamente atti sessuali (fonte),
all’ambiguo
è la raffigurazione esplicita di soggetti erotici e sessuali, in genere ritenuti osceni (fonte),
al più definito
trattazione o rappresentazione (in scritti, disegni, fotografie, spettacoli ecc.) di temi o soggetti sessuali molto espliciti e in forme volgari, che ha l’intento di stimolare eroticamente chi ne fruisce (fonte).

La prima definizione è praticamente inutile; la figura 1 è un affresco del lupanare di Pompei (l’ho scelta apposta fra quelle del lupanare, così non ci sono equivoci di sorta); è pornografia? Nessuno lo può sostenere…
La seconda definizione rinvia a ciò che viene ritenuto osceno; da chi? Dalla legge? dal “senso comune” che, sappiamo benissimo, cambia coi tempi?
La terza è più sottile, perché – includendo le precedenti due definizioni – fa riferimento a ciò che “stimola eroticamente” chi ne fruisce. Cosa vuol dire? Credo voglia dire che osservando l’affresco di Pompei non mi sento stimolato “lì”, mentre un’analoga scena con attori, riprodotta davanti a me, potrebbe farlo. Giusto? Bene: sentirsi o non sentirsi stimolati “lì” è un problema per qualcuno? Se leggo un romanzo giallo mi sento stimolato nella fantasia logica, avventurosa… se vedo un film horror mi sento stimolato nei sentimenti più oscuri di paura e incertezza che mi fanno fare salti adrenalinici… se vado su YouPorn lo stimolo è altrove ma, appunto, chiedo: a chi deve importare?
Il comune senso del pudore. La legge non ci aiuta per niente. L’art. 529 del Codice penale recita:
Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.
Non si considera oscena l’opera d`arte o l’opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.
Si tratta di norma di ottant’anni fa, ed è chiaro che non definisce nulla e crea non pochi problemi di giurisprudenza. Il pudore è offeso diversamente da persona a persona, da luogo a luogo e in epoche differenti; guardate le fotografie delle signore in costume da bagno negli anni ’50, ’60 fino ad oggi, dove all’immaginazione non resta che dedicarsi ai racconti di fantascienza. Che siate moralisti o no, oggi è difficile non vedere immagini fortemente allusive o nudi integrali nella pubblicità, su rotocalchi molto diffusi, nel cinema e in tv in prima serata.

Proviamo a stabilire un limite invalicabile nella tutela dei minori, che credo personalmente debba essere l’unica frontiera seria in tema di pornografia. Non mi riferisco alla pedopornografia, ripugnante e totalmente da combattere, ma alla semplice fruizione della pornografia da parte di minori. Posto che non sappiamo bene cosa possa essere definito osceno, contrario al comune senso del pudore, pornografico, possiamo concordare che l’esibizione esplicita di atti sessuali debba essere tenuta lontana da bambin* e ragazzin*. Fino ai 18 anni? Abbastanza ridicolo, naturalmente; oggi i diciottenni sanno e fanno assaissimamente più di quelli della mia generazione alla stessa età. Però non possiamo stabilire un’età-soglia perché moltissimo dipende dal tipo di educazione ricevuta, dalla sensibilità personale, dalla maturità del soggetto. Diciamo quindi pure “minori” in senso tecnico-legale. Al fine di tutelarli, difendiamoli dalla pornografia, e quindi non facciamo vedere loro Il trono di spade (figura 2) e altre serie televisive analoghe (in prima serata tv, molto pubblicizzate, molto esplicite); né film come In trance dove la famosa scena non riguarda un atto sessuale esplicito ma non ditemi che non è fortemente erotica e probabilmente, per qualcuno, pornografica; né pubblicità di profumi (figura 3) o di biancheria intima; né molti rotocalchi, specie l’Estate (figura 4); non facciamo leggere libri di autori da Boccaccio ad Anaïs Nin e così via.
Capite che qualcosa non quadra. Il mondo contemporaneo ha erotizzato la società e mercificato il corpo, specie femminile, e tutto diventa confuso concettualmente (come abbiamo visto) e implausibile nel controllo; qualunque minore può accedere a quantità inverosimili di pornografia anche senza passare necessariamente per siti internet dichiaratamente “per adulti”. Il problema va spostato dall’oggetto in sé (l’immagine potenzialmente pornografica) al rapporto educativo che si instaura fra i minori e adulti. Il genitore che lascia il figlio chiuso in camera sua davanti a un computer (o a una televisione), senza interessarsi di cosa faccia, manca nel suo ruolo di educatore; l’adulto/educatore non può impedire (sì, si possono mettere filtri e parental control, ma servono solo parzialmente) ma deve accompagnare e mediare: se la sessualità è argomento che crea difficoltà all’adulto, che ponendo censure pensa di risolvere i propri imbarazzi, quell’adulto sarà sopraffatto dalla realtà e i suoi figli saranno in balìa di ciò che incontreranno (che include molti, troppi, Uomini neri e Orchi); se invece l’adulto – oltre che eventuali forme di controllo attivo – saprà accompagnare senza imbarazzo il minore, la sessualità sarà normale, il nudo banale e la pornografia, quando verrà incontrata, al massimo diverrà oggetto di una risata (poiché solitamente è molto ridicola).

Sgomberato il principale problema, a mio avviso, e tutelati i minori, tutto quel che resta deve restare nell’ambito delle responsabilità individuali senza alcun giudizio moralistico. Occorre fare un esame di realtà, comprendere il mondo nella sua interezza, non attraversarlo col passo incerto del pregiudizio. Restano due problemi sul tappeto, sempre di tipo etico: i legami fra pornografia e prostituzione, e la critica di genere. Sui rapporti con la prostituzione, solo a volte diretti, spesso allusi, il discorso si farebbe molto lungo coinvolgendo un nuovo concetto oggetto, a sua volta, di giudizi legati alla morale; rimando quindi a un diverso specifico post. Sulla critica di genere c’è poi poco da dire: sì, la pornografia prevalente è maschilista, riflette un immaginario maschile eccessivamente legato all’erotismo genitale e via discorrendo. Esempi di pornografia “al femminile” sono rari e di esito incerto. Ciò detto segnalo che questo non è un problema specifico della pornografia ma riflette i rapporti di potere fra maschi e femmine nella nostra società e la disparità di genere riscontrabile in tutte le forme d’arte e di business, dove più e dove meno.
Infine: il porno è un business incredibile. Ci sarà un motivo… Considerate questi pochi numeri: nel 2012 un sito di informazione come Yahoo News ha totalizzato 110 milioni di visitatori unici al mese; la CNN 74 milioni; bei numeri, vero? Sapete quanti ne ha totalizzato YouPorn, uno dei siti di porno sharing più noto? No, non potete immaginarlo: 2,2 miliardi di utenti al mese (per inciso: noi italiani ne siamo grandi frequentatori).
Ogni secondo, nel mondo, 38.258 persone stanno guardando contenuti pornografici. Ogni secondo, il circuito del porno incassa tremila dollari. Ogni giorno, appaiono in internet 266 nuovi siti porno. Che il porno on-line fosse frequentato era cosa nota. Che Xvideos avesse 4,4 miliardi di pagine viste al mese, meno. Che le capitali di Youporn (4,6 miliardi di visite nel 2012) fossero New York, Los Angeles, Milano e Roma, ancora meno. Fortune stima in 21 miliardi di dollari il mercato della pornografia online statunitense per il 2012. Per comprendere il volume d’affari del porno, basti paragonarlo a quello di categorie come la pubblicità. Sempre secondo Fortune, il fatturato globale dei ricavi pubblicitari nell’industria della comunicazione è di 74 miliardi di euro. Quello dei videogiochi tra i 57 e 65 miliardi di euro. Quello dell’apprendimento a distanza tra i 50 e i 52. Se nel 2006 il fatturato complessivo dell’industria pornografica era di circa 97 miliardi di dollari, ovvero più del doppio del fatturato di Goldman Sachs e JPMorgan, nel 2010 i valori sono schizzati a quota 145 miliardi di dollari (fonte).

Che vi piaccia o no la pornografia c’è, è enormemente diffusa, è circondata da diversi livelli via via più soft e socialmente accettati (si vedano le illustrazioni di questo articolo) ma propedeutici alla pornografia stessa, la prostituzione è un business fiorente che coinvolge una enormità di maschi, la famiglia ha subìto trasformazioni fondamentali in questi decenni (anche su questo tema proporrò a breve un articolo) e, insomma, la morale sessuale e legata al corpo ha subìto delle trasformazioni inimmaginabili in breve tempo. Opporsi a questa trasformazione culturale è inutile e ridicolo; indubbiamente far finta di nulla può non essere la giusta soluzione. Tuteliamo quindi i minori (questo è imperativo) ma soprattutto educhiamoli bene; poniamo attenzione alla disparità di genere e alla mercificazione dell’immagine femminile (ma se consumatori e consumatrici se ne infischiano anche questa sarà una battaglia persa); ma soprattutto non affrontiamo il problema con gli occhiali di una qualche morale bacchettona.
Risorse:
- Piero Benassi, Pornografia, “Treccani.it”;
- D. Stanzani e V. Stendardo, Osceno e comune senso del pudore: Antropologia della pornografia, “Diritto.it”;
- Pornografia nel mondo, “Wikipedia”, per sapere dov’è legale e dove illegale;
- Pornography Statistics: Annual report 2014, per tutti i dati.