La miopia con cui aziende, sindacati e governi evitano di affrontare le trasformazioni del lavoro ha un costo insostenibile, e crescente.

La miopia con cui aziende, sindacati e governi evitano di affrontare le trasformazioni del lavoro ha un costo insostenibile, e crescente.
Il MEF è un rischio per l’Italia? Solo se a governare l’Italia sono politici incapaci… quindi probabilmente sì.
L’annuncio della nuova “moneta” di Facebook porta con sé promesse e preoccupazioni.
Molte erano state le critiche che i governi della scorsa legislatura avevano meritato; eppure, questo governo riesce a peggiorare quanto di cattivo e a rinnegare quanto di buono era stato fatto.
Con la mozione di “sfiducia” a Visco, Renzi ha forse ottenuto un piccolo beneficio elettorale, ma il risultato per il paese è negativo.
La conclusione (?) della vicenda delle banche venete conferma che in Italia tutto viene sempre scaricato sulla finanza pubblica
A fronte dei danni ai risparmiatori causati dai titoli bancari, la relazione annuale del Presidente della Consob è un capolavoro di scaricabarile. Vediamo perché.
Proviamo a stilare un bilancio della stagione del Governo Renzi
Negli ultimi mesi, le banche italiane sono state al centro dell’attenzione, spesso anche di Hic Rhodus, e con buoni motivi: dal “salvataggio” delle quattro banche minori a fine 2015, fino all’esito contrastato degli stress test e all’acrobatico piano di risanamento del Monte dei Paschi, le nostre banche hanno evidenziato una vulnerabilità generalmente attribuita all’imponente massa di crediti “in sofferenza” che le affligge.
Eppure, il vero problema delle banche è un altro, e vogliamo approfittare di questa pausa agostana per parlarne.
Ebbene, il giorno tanto atteso è giunto: sono stati pubblicati i risultati degli stress test effettuati dall’autorità di vigilanza sulle principali banche europee. I risultati erano peraltro, almeno in una certa misura, attesi, ma ora certificano nero su bianco che in Europa c’è una banca che non è minimamente in grado di sostenersi in uno scenario di crisi, e si tratta del Monte dei Paschi di Siena.
Niente panico, però: proprio in vista di questa scadenza, le migliori menti politiche e finanziarie d’Italia hanno già messo a punto un piano per il “salvataggio” del MPS, che è anche stato approvato dalla BCE nella sua impostazione. Tutto sotto controllo…
Dopo il referendum sulla Brexit, è diventato l’argomento apocalittico preferito della stampa economica europea e mondiale: le banche italiane sono sull’orlo del baratro?
Sappiamo bene che per anni, mentre i venti di crisi sconvolgevano l’economia mondiale, i nostri leader, ma anche gli organismi di vigilanza, hanno sostenuto che le nostre banche erano solide. Adesso, invece, tutti gli osservatori interni ed esterni sottolineano la fragilità del nostro sistema bancario, e invocano azioni drastiche e immediate. Addirittura, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli nei giorni scorsi si è concesso dichiarazioni che dimostrano più faccia tosta che lucidità, culminando in un’ineffabile accusa di “tirchieria” allo Stato italiano per non aver finanziato le banche quando era possibile. Nel frattempo il governo sta trattando intensamente con i partner europei per scongiurare il temuto bail-in che potrebbe colpire innanzitutto il Monte dei Paschi, e poi forse altre banche malconce.
In questa concitazione, anche noi di Hic Rhodus torniamo sull’argomento, cercando di concentrarci sull’interesse dei cittadini, e non di politici o banchieri.
Col difficile accordo tra il nostro Ministro dell’Economia Padoan e Margrethe Vestager, la Commissaria Europea alla Concorrenza, sembra finalmente chiusa la questione relativa alla fragilità del sistema bancario italiano. Per usare le parole del nostro ministro, la definizione del modo in cui le banche potranno liberarsi dei crediti “cattivi” “è uno strumento che completa la scatola per gli attrezzi italiani per gestire i crediti in sofferenza”. Il giorno dopo, però, in Borsa i titoli bancari italiani hanno sofferto; come stanno davvero le cose? Quanto possiamo stare tranquilli noi cittadini?
Nelle ultime ore abbiamo visto susseguirsi una serie di colpi di scena in quella che sembrava una vicenda chiusa con uno dei soliti accomodamenti “all’italiana”: quella della crisi di quattro banche (Banca Etruria, Banca Marche, CaRiChieti, CaRiFerrara) che erano giunte a una condizione di sostanziale insolvenza. La soluzione adottata del Governo, com’è noto, è stata quella di un Decreto Legge che, con una procedura piuttosto acrobatica, prevede che le “sofferenze” di queste banche finiscano a carico del Fondo di Risoluzione. Questo permette di non far fallire le banche, di proteggere i correntisti e i posti di lavoro, ma non coloro che in queste banche hanno investito, ossia azionisti e obbligazionisti . Proprio questi ultimi, spesso correntisti e piccoli investitori, gridano alla “rapina”, e a gran voce esigono (da chi?) di riavere indietro “i loro soldi”, e sicuramente tra loro c’è chi davvero ha subito una perdita drammatica, come il recente suicidio di un pensionato dimostra. Ma chi sono davvero i rapinati, e chi i rapinatori? Vediamo.
Nell’ultimo anno o poco più, una banda internazionale di audaci criminali s’è introdotta clandestinamente in decine di banche di tutto il mondo. In ciascun caso, i malfattori hanno finto di essere dipendenti della banca presa di mira e hanno effettuato transazioni che hanno spostato all’esterno della banca stessa ingenti fondi, spesso facendoli transitare da conti correnti di clienti ignari. In alcuni casi, i rapinatori hanno anche permesso a dei complici di ritirare abusivamente grosse cifre dai bancomat. Una volta raggiunto un bottino pari a 10 milioni di dollari, i banditi si sono dileguati senza lasciare tracce; come dicevo, questa procedura è stata ripetuta con numerosissime banche provocando un bottino stimato in un miliardo di dollari. Non lo sapevate? Eppure è tutto vero, ma bisogna aggiungere che la banda ha operato esclusivamente via Internet.
La Grecia ha riacquistato le prime pagine dei giornali a partire dalla vittoria di Syriza pochi giorni fa; Tsipras e Varoufakis hanno vinto sull’onda della disperazione del popolo greco, ma soprattutto dell’umiliazione subita dalla Troika, umiliazione rinnovata coi tre bei “No” netti ricevuti nel recentissimo tour europeo in cui i due leader greci hanno cercato sponde per una soluzione basata su alcune proposte ritenute inaccettabili. Punto. A partire da questa banale constatazione dei fatti si possono poi intrecciare pareri complessi che rischiano di essere sempre in qualche modo sbagliati, almeno in parte: