Lasciamo stare i risvolti giudiziari di questo scandalo che, si comincia a dire, dilagherà coinvolgendo numerose personalità di vari paesi europei. Il problema è politico, di selezione della classe dirigente che stancamente mandiamo nei posti di responsabilità su indicazioni, sempre più maldestre, di forze politiche che sono sempre più eterodirette e indisponibili al reale confronto coi cittadini, con gli elettori. Ma anche questa è storia vecchia. Quello che ci deve realmente turbare, oggi, è che i mascalzoni che verranno accertati, nel minare la credibilità del Parlamento Europeo, e di riflesso di tutto il progetto di Unione, sono un soccorso insperato a Orban, un aiuto a Xi, un sostegno al populismo internazionale. Putin starà brindando con Vodka Beluga, gli ayatollah ringraziano Allah, mentre le vere vittime siamo noi tutti, cittadini europei speranzosi in diritti certi, in sviluppo equo, in una patria condivisa. Io me ne infischio del fatto economico in sé, delle meschine furbate opportunistiche, della doppia morale di politici imbarazzanti. Cose pessime alle quali siamo abituati da tempo; no, è immaginare Putin felice del nostro disastro, questo sì è imperdonabile.
Categoria: Europa

Viva l’Ucraina, brindo alla sua vittoria! Ma nell’Unione Europea per ora no, grazie
Viva l’Ucraina, senza se e senza ma. Del suo ingresso nell’Unione Europea, però, ne parleremo più in là.
Se Putin si fosse mangiato l’Ucraina in un paio di giorni, come contava di fare, con l’esercito ucraino in rotta e Zelensky in fuga, adesso gli europei sarebbero tanto costernati e starebbero ancora a pensare se e come infliggere qualche tiepida sanzione al dittatore russo. Ma Zelensky è restato lì, e gli ucraini non mollano un metro di terreno senza sparare e soffrire e morire. Stupita, l’Europa assiste a questa resistenza e comincia, lentamente (quanto lentamente!) a fare un po’ più sul serio, come le piazze russe che si vanno riempiendo di cittadini che protestano. Se l’Ucraina resiste qualche altro giorno, Putin potrebbe vedere negli occhi la sua fine.

Evviva gli Stati Uniti Democratici Inclusivi d’Europa
Il documento sul linguaggio “inclusivo” ritirato dalla Commissione Europea merita di essere letto con preoccupazione.

Cosa fare coi dittatori
Cosa fare coi “dittatori”? Fin dove si può spingere la realpolitik? Una questione spinosa che non possiamo risolvere con appelli ideologici.

Brexit, firmato l’accordicchio
All’ultimo minuto c’è stato l’accordo fra UK ed Europa per evitare un disastroso “no deal”. Johnson esulta, ma in realtà ha raccolto poco.

2021, l’anno della Brexit
Fra una settimana la Gran Bretagna sarà un paese extracomunitario, con gravissime conseguenze economiche e sociali soprattutto per lei. Un esempio inquietante dell’uso spregiudicato della politica.

Un’hard Brexit sotto l’albero
L’UK sta giocando col fuoco avviandosi verso una Brexit “no-deal”. Come ne usciranno? E perché questo esito è inevitabile?

Come buttar via i soldi del Recovery Fund
L’Italia ha giustamente ottenuto finanziamenti europei per la ripresa. Ora però il difficile è non buttarli via.

Abbiamo i soldi! Appunti a conclusione del Vertice UE per il Recovery Fund
Conte esce vittorioso dal vertice europeo sul Recovery Fund. Ma anche Rutte e i “frugali”. Ne esce ammaccata l’idea di Europa ma, specialmente, ora dobbiamo dimostrare di esserci meritati quei soldi.

Saremo all’altezza della sfida dell’Europa?
L’Europa si è assunta le sue responsabilità per la gestione della crisi creata dal Coronavirus, ora tocca all’Italia usare bene le risorse che saranno erogate dall’Europa.

Il futuro dell’Europa dipende da noi, non da Conte o da Wopke Hoekstra
Tedeschi? Cattivi! Olandesi? Pessimi! Italiani? Inaffidabili! Se continuiamo così non andremo da nessuna parte e ripeteremo, crisi dopo crisi, gli stessi ruoli prevedibili, come in un film scadente.

Dopo l’Eurogruppo, le ragioni e i torti
Le misure concordate e da concordare per risollevare l’Europa non sono poca cosa, nonostante la propaganda negativa.
L’avversione al Mes appare sorprendente per un paese come l’Italia, che non ha mai fatto ricorso al Meccanismo. Al contrario, i paesi che hanno ricevuto prestiti dal Mes, come la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’Irlanda e Cipro, sono a favore della riforma del Mes discussa nel corso del 2018-19 (tuttora sospesa per il veto dell’Italia) e dell’istituzione di una nuova linea di credito sanitaria, che verrà discussa in occasione del Consiglio europeo del 23 Aprile. A meno di ritenere che questi paesi siano affetti da una sorta di sindrome di Stoccolma, che li rende psicologicamente dipendenti dai loro creditori, è il caso di capire meglio come mai chi ha avuto l’esperienza concreta del Mes non condivide la posizione negativa dell’Italia. (Lorenzo Bini Smaghi, Il Foglio del 22 apr 2020)
La splendida terra pro-mes, emersa nel dibattito di queste ore è lì a indicare che Conte o non Conte il futuro dell’Italia non può prescindere dall’Europa. E qualora il governo non dovesse tenere, qualora l’economia dovesse ancora di più sprofondare, qualora la gestione della riapertura dovesse essere più drammatica del previsto non c’è geometria futura che possa prescindere da un concetto semplice: un paese molto inguaiato, molto indebitato, molto debilitato, molto sfiduciato per non finire ancora di più nei guai e per tentare di ritrovare nuova fiducia avrà bisogno sempre più di farsi guidare dall’Europa. E lo spettacolo della terra pro-mes ci aiuterà a capire presto se i protagonisti dello show saranno o no gli stessi di oggi oppure no. (Claudio Cerasa, Il Foglio, 16 apr 2020).