Si è (finalmente? Troppo tardi?) aperto un dibattito sul tema della riforma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, o anche ESM, che ne è la sigla in inglese), ossia del soggetto che gestisce il cosiddetto fondo salvastati dell’eurozona. Si tratta, come in altri casi, di un argomento piuttosto “tecnico”, e contemporaneamente di un argomento di grande importanza politica (il che spiega perché bisogni essere governati da persone competenti; ma ne riparleremo alla fine), sul quale in questi giorni abbiamo letto un po’ di tutto, con Salvini che ha dichiarato con la sua consueta moderazione «Il “Sì” alla modifica del MES sarebbe la rovina per milioni di italiani e la fine della sovranità nazionale» e Di Maio che ha fatto eco ribattendo che «una riforma del MES che stritola l’Italia non è accettabile». Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno spinto la loro improntitudine fino ad accusare Giuseppe Conte di alto tradimento. Ohibò, si sarà detto qualcuno, ecco che, di nuovo, in qualche stanza buia di Bruxelles i poteri forti antiitaliani si sono riuniti per imporre a questo infelice popolo un’altra vessazione.
Ecco, se c’è una cosa certa sulla riforma del MES è invece che Salvini e Di Maio ne sono pienamente corresponsabili, visto che il testo che dovrebbe essere definitivamente approvato dai rappresentanti dei governi dell’Eurozona, per poi essere sottoposto al voto di ratifica dei parlamenti nazionali, è stato discusso durante il primo Governo Conte e pubblicato a giugno 2019, quando i due buontemponi erano entrambi vicepremier. Non si tratta, insomma, di un grande segreto: chiunque può leggere il documento pubblicato da mesi sul sito http://www.esm.europa.eu, o anche (e più agevolmente) la spiegazione piuttosto dettagliata che lo stesso sito offre sui contenuti della riforma. Il premier Conte, nel recente dibattito parlamentare, ha potuto facilmente dimostrare (a chi non ha ovviamente il cervello sintonizzato solo sulle frequenze delle bugie leghiste) che tutto ciò che fino ad oggi è stato deciso lo è stato durante il governo grilloleghista e che tutti i ministri e parlamentari sapevano tutto, a patto di leggere i documenti a loro disposizione. Con la sua consueta sobrietà, Marco Travaglio ha osservato che nel suo intervento al Senato “Conte ha provato 26 volte che Salvini e Lega sapevano. Forse guardavano i porno sugli iPad”. E lo stesso vale, beninteso, per Di Maio e grillini strepitanti vari, e anche per Giorgia Meloni che però almeno era all’opposizione. Eppure, anche se un intervento provvidenziale (o, meno probabile, un rinsavimento del nostro elettorato) liberasse le istituzioni italiane da questi politici cialtroni, resterebbe ancora da valutare nel merito la questione del MES, che è seria e importante. Proviamo quindi a vedere davvero di che si tratta, liberando il campo dal cialtronismo.
Come scrivevo sopra, il MES gestisce il cosiddetto fondo salvastati, a cui anche l’Italia, come una delle maggiori economie dell’Eurozona, contribuisce in modo sostanziale, anche se meno di Germania e Francia. Nella sua attuale “incarnazione” (e nella precedente, l’EFSF), il MES è intervenuto durante i periodi di crisi con prestiti a basso tasso d’interesse per sostenere le economie di cinque paesi: Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro. L’ammontare dei prestiti emessi è riassunto nel grafico qui sotto; non entro nel merito dei risultati, ma sappiamo bene che alcuni dei paesi “aiutati” sono oggi tra le economie più in salute dell’Eurozona, mentre per la Grecia mi sentirei di dire che si poteva fare molto, molto meglio.

Nella maggioranza dei casi, i prestiti sono serviti a sostenere la finanza pubblica, ma nel caso della Spagna i prestiti erogati tra fine 2012 e inizio 2013 sono serviti a ricapitalizzare alcune banche in crisi (ne avevamo parlato indirettamente in un post di qualche anno fa, in cui avevamo criticato il “salvataggio” del MontePaschi scrivendo che era possibile una soluzione diversa e più trasparente).
In cosa cambierà l’attuale assetto del MES? la riforma (che è già scritta da mesi, come dicevo) è complessa, ma merita di essere compresa, anche perché si colloca all’interno di un percorso di consolidamento dell’Unione Bancaria dell’Eurozona. Ne segnalo alcuni aspetti (non potrò, temo, evitare tecnicismi):
- Il MES diventa un “prestatore di ultima istanza” per le crisi bancarie di liquidità. Più esattamente, il MES potrà finanziare il SRF, ossia il fondo europeo per la copertura delle crisi bancarie, nel caso in cui i fondi del SRF non siano sufficienti (il che, in caso di crisi bancarie di rilevante entità, è probabile). Vale la pena di osservare che perché intervenga il SRF (e quindi, eventualmente, il MES) è necessario che la crisi bancaria in questione sia gestita secondo le regole europee del BRRD (in pratica, il cosiddetto bail-in). Potrebbe questo ruolo del MES essere “sfruttato” dalla Germania per “salvare” ad esempio la Deutsche Bank che, come abbiamo segnalato tempo fa anche noi, naviga in pessime acque? Teoricamente sì; praticamente ne dubito, perché sarebbe davvero una misura molto traumatica; ma non potrei escludere un ricorso al MES, visto quanto “pesa” il colosso finanziario tedesco.
- Il MES offrirà due tipi di linee di credito: Precautionary ed Enhanced. Le linee di credito Precautionary saranno riservate ai paesi che avranno una situazione economica e finanziaria solida, e non richiederanno particolari impegni di politica economica. Le linee di credito Enhanced saranno riservate a quei paesi che, pur non soddisfacendo le condizioni per accedere ai prestiti Precautionary, avranno un debito giudicato comunque “sostenibile”, e che dovranno in ogni caso firmare un programma di interventi concordato. Molto del dibattito e dei rischi associati al MES hanno riguardato e riguardano proprio queste clausole, e qualche buon motivo c’è. Si sa che alcuni paesi avrebbero anche voluto imporre esplicitamente l’obbligo per chi acceda ai crediti Enhanced di ristrutturare preventivamente il proprio debito, ma nella trattativa per la redazione del testo questa ipotesi è caduta. La distinzione tra paesi “solidi” e no (e non c’è dubbio che l’Italia non sarebbe mai giudicata solida) rappresenta un primo rischio nei confronti dei mercati, e il fatto che il MES debba preventivamente giudicare se il debito di un paese sia “sostenibile” o no potrebbe far rientrare dalla finestra l’onere di ristrutturare il debito che non è “passato” dalla porta. In pratica, il rischio sta in come il mercato percepirebbe la “classificazione” dell’Italia tra i paesi che per ottenere un prestito dal MES dovrebbero impegnarsi a rispettare condizioni oggi non ancora scritte.
- Il trattato prevede che il debito dei paesi aderenti sia soggetto a Clausole di Azione Collettiva (CAC). Questo è il punto forse più tecnico e non tenterò di spiegarlo per esteso, ma basti dire che le CAC favorirebbero una ristrutturazione complessiva dell’intero debito di un paese. Ora, per capirci meglio, ristrutturare il debito equivale a non pagare parte del debito; e dato che i maggiori detentori del debito pubblico italiano sono gli italiani, e in particolare le banche italiane, la probabilità che il debito italiano sia ristrutturato equivale a un rischio di perdite finanziarie per i privati e per le banche. Questo ovviamente avverrebbe solo se l’Italia entrasse in grave crisi finanziaria, e alla fine è difficile dire se la riforma del MES possa aumentare o diminuire il rischio percepito associato al debito pubblico italiano.
E quindi, alla fine, il MES è pericoloso per l’Italia o no? Non è forse questa la domanda centrale? Ecco, secondo me, paradossalmente è la domanda sbagliata. La domanda giusta è se a essere pericolosi per l’Italia siano i nostri rappresentanti politici, e la risposta è purtroppo sì. Lo dimostra con tutta evidenza lo stesso Salvini, che oggi “rivendica” di essere sempre stato contrario alla riforma del MES (il suo principale contributo alla riflessione governativa sul tema sembra essere stato la frase “non firmiamo un cazzo”). Non sfiora neanche Salvini (né diversi altri nostri politici) il pensiero che il suo compito non sia rifiutarsi di firmare un trattato poco conveniente per l’Italia, ma contribuire a scrivere un trattato conveniente per l’Italia. Qualcuno ha letto una proposta della Lega (ma anche di FdI o del M5S) per migliorare (dal punto di vista italiano) il trattato? In compenso, paradossalmente, Claudio Borghi, il principale “economista” della Lega, di nuovo auspica l’uscita dell’Italia dall’Euro, ossia uno scenario nel quale la ristrutturazione del debito sarebbe certa, non possibile, con effetti sui risparmi degli italiani molto ma molto peggiori di quelli che potrebbe mai provocare il MES.
Ogni accordo, ogni istituzione multinazionale e multilaterale, ogni tentativo di aggregare le forze dei singoli in uno sforzo collettivo, portano con sé dei rischi: si perde il controllo totale del proprio particulare (o meglio, si perde l’illusione di controllarlo, perché da soli ormai non si controlla più nulla), si deve negoziare con altri attori che hanno i loro interessi e li perseguono, eccetera. La riforma del MES, così come è scritta, è a mio avviso formalmente equilibrata, e dovrebbe costituire un motivo di maggiore e non minore stabilità per l’Italia. Dovrebbe, però, a patto che l’Italia, all’interno della governance del MES, svolga il suo ruolo in modo serio, coerente e autorevole quanto gli altri, altrimenti a quell’equilibrio formale faranno presto a subentrare le penalizzazioni che sono rimaste escluse dalla lettera dell’accordo. L’unica certezza è che se l’Italia invece sarà rappresentata da personaggi come quelli che oggi giudicano la riforma del MES “contro gli interessi nazionali” questi interessi nazionali saranno danneggiati: come ho scritto in un altro articolo, il sovranismo fa perdere sovranità. La verità è che non ci sono istituzioni di governo “buone” per chi non sa governare.