Tag: Grillo

Grillo e il grillismo se ne vanno fra le risate dovute a un comico, alla sua opera umoristica più spettacolare, ma sarebbe da folli sperare che con lui se ne vada il populismo. Alle Politiche del ’18 la somma dei voti di Movimento, Lega e Fratelli d’Italia dava il 54,4 per cento e secondo i sondaggi i tre partiti oggi ne assommano il 51/53 per cento. Non è cambiato niente. Più della metà degli elettori continuano a essere populisti e ad affidarsi al populismo, sebbene io qui stia usando il termine in modo scorretto. Il Movimento è stato pienamente populista, cioè un partito nato per il riscatto del popolo integerrimo dalle turlupinature e dalle soperchierie delle élite. La Lega e soprattutto Fratelli d’Italia hanno evidenti quote di populismo, ma non prevalenti sul sovranismo, che invece è soprattutto peronista e demagogico. Ma non c’è partito italiano oggi immune al populismo e alla demagogia: la gara del consenso si gioca lì, c’è poco da fare. Se non si è populisti e demagogici si è fuori dal gioco. Pure il Partito democratico e il suo leader Enrico Letta – probabilmente i meno populisti sul mercato, a parte +Europa e le varie derivazioni del Partito radicale – hanno cedimenti disastrosamente populisti, a cominciare dall’idea di estendere il diritto di voto ai sedicenni, o della tassa di successione da devolvere ai diciottenni. (Mattia Feltri, “HuffPost”, 12 feb 2022)

In un brevissimo video che trovate su tutti i giornali, Grillo, furioso, difende il figlio accusato di stupro citando elementi che parrebbero scagionarlo o, quanto meno, ridimensionare il fatto. Io non so come sono andate le cose ma per principio starei con Grillo e il garantismo, e contro il linciaggio mediatico, certo imponente a causa del cognome del presunto reo. Gli auguro di risolvere presto la questione, nel migliore dei modi, anche perché finire nel tritacarne della giustizia italiana non è da augurare a nessuno. Ciò detto, ricordo sommessamente al padre infuriato che difende il figlio, che lui e i suoi figliocci politici hanno soffiato per anni e anni sul fuoco del peggiore giustizialismo, delle condanne popolari, della galera, del sospetto come colpa certificata, esprimendo un ministro della [in]giustizia come Bonafede.

Mi voglio ricordare di Berlusconi, anche se ormai non è più in grado di nuocere e sono lontani i tempi delle leggi ad personam. Me ne voglio ricordare perché il male che ha fatto all’Italia non è consistito in singole azioni isolate, ma in un progetto di modifica strutturale della morale e della politica; il “berlusconismo” è stato il suo lascito: il viatico per le destre, il populismo, il leaderismo, la politica come spettacolo. Mi voglio ricordare anche di Grillo, anche se la sua parabola è in forte declino, e del suo compare Casaleggio, che al di là delle sciocchezze enormi, delle contraddizioni e della brevità, tutto sommato, della loro stella, hanno elevato il populismo a ragione di stato, il qualunquismo e l’ignoranza a condizione onorevole e il trasformismo a logica esplicita della quale non vergognarsi, regalandoci, per di più, quella catastrofe per l’Italia di nome Di Maio. E mi voglio ricordare anche di Zingaretti, che al culmine di una gravissima crisi di identità del PD si è ritagliato il ruolo storico di persona sbagliata nel momento sbagliato, eliminando definitivamente ogni possibilità a breve termine di avere un partito credibile, popolare, riformista in grado di battere le destre più pericolose di sempre. Me li voglio ricordare tutti, perché in maniere diverse costoro sono i campioni che hanno fatto questa Italia, in queste condizioni, senza obiettivi, senza programmi, in uno stato di permanente guerra fredda civile.