L’attentato a Nizza mostra l’impossibilità di un dialogo fra democrazia occidentale e islamismo fanatico.

L’attentato a Nizza mostra l’impossibilità di un dialogo fra democrazia occidentale e islamismo fanatico.
Il professore decapitato in Francia dal giovane estremista ceceno ci riporta ad alcune semplici riflessioni sulla laicità dello Stato. E sulla fortuna – sotto questo profilo – di vivere in Occidente.
Fra i cattivissimi detrattori di Silvia Romano e i buonissimi suoi santificatori, è in corso un dibattito sterile che impedisce una visione critica della vicenda della cooperante.
Che analisi dovremmo mai fare dopo Barcellona? Cos’altro aggiungere? Forse ci serve un pensiero politicamente scorretto. Forse dovremmo fare i conti coi nostri demoni.
In Italia non subiamo attacchi terroristici islamisti, a differenza di altri paesi europei. Perché? Una posizione geografica privilegiata? Un accordo coi terroristi? La mafia a presidio del territorio? La risposta è diversa, e per una volta ne potremo andare fieri.
Come sottolinea Franco Venturini sul Corriere la mossa di Riad di giustiziare il leader religioso sciita Nimr al Nimr è semplicemente un’altra tragica tappa della guerra fra sciiti e sunniti, ovvero fra potenze locali in Medio Oriente, per il controllo delle risorse e per il dominio geopolitico nell’area. Un conflitto che ha origini antichissime, che si complica per le diverse componenti, alcune estremiste come noto, in seno al sunnismo, e che è reso drammatico sia dai potenziali militari odierni sia dalla novità (rispetto al passato) di un terrorismo che si esercita nell’Occidente ateo e apostata e infedele per ragioni di mera propaganda interna.
Un’ovvia domanda è: chi arma l’ISIS/IS/Daesh? Perché combattono come matti nelle zone da loro occupate di Siria e Iraq e mostrano – anche nella loro versione terroristica – una potenza di fuoco invidiabile. L’argomento, che dovrebbe inquietare normalmente tutti noi europei, è diventato più pungente dopo l’attentato di Parigi e alcune denunce pubbliche del ruolo che avrebbe l’Italia nella vendita di armi a Paesi notoriamente finanziatori del terrorismo.
Bernard-Henri Lévy scrive un articolo bellissimo e atroce per esortare i musulmani a schierarsi chiaramente e senza reticenze. Leggetelo tutto, ne vale la pena. Fra le altre cose scrive Lévy:
L’etichetta, che Annunziata e altri commentatori hanno applicato all’orrore di Parigi, è suggestiva quanto errata. La verità è peggiore. Non è una guerra ma guerriglia terrorista. Non c’è scontro fra nazioni e popoli, e loro eserciti, ma stillicidio di azioni isolate e imprevedibili realizzate da persone di svariata nazionalità, spesso con pochissimo in comune tranne l’odio verso l’Occidente giustificato da una matrice religiosa neppure sempre precisa.
Il termine “guerra” indica comunemente uno stato di aggressione da parte di uno Stato e difesa da parte di quello aggredito, che si caratterizza in forma organizzata (eserciti forniti di strumenti e armamenti disponibili, ecc). All’origine della guerra esiste un “conflitto” (reale o fittizio) determinato dalla volontà di far prevalere gli interessi di una Nazione a scapito di altre.
Prima c’erano i blocchi, i residui del colonialismo e un mondo con dei confini precisi ma ampi. Non si poteva andare per turismo oltre la cortina di ferro, ma per il resto c’era ampio spazio per viaggiare; oltre all’Occidente e ad alleati sparsi per il globo (come il Giappone, il Sud Africa…) c’era un discreto gruppo di spietati dittatori che strizzava compiacente l’occhio agli occidentali: in Nord Africa, Medio Oriente e alcune zone dell’Asia. In Africa ci si andava se ricchi e avventurosi, per fare emozionanti safari sulle orme di Hemingway,
I due islamici arrestati l’altro giorno a Brescia con l’accusa di associazione con finalità terroristiche sono poco più che due cretini, così sciocchi da postare foto e minacce su Twitter. Cretini ma pericolosi. Essendo il terrorismo islamista variegato e poliedrico, una sorta di brand open source dove l’imitazione e il potenziale scompiglio porterebbero comunque acqua al mulino della causa del Califfo, è chiaro che dobbiamo stare attenti anche a questi episodi, alla luce dei sanguinosi attentati fai-da-te che abbiamo visti in giro per l’Europa.
di Lee Smith
Hic Rhodus offre ai lettori un punto di vista particolare, quello degli ebrei americani più critici verso l’Amministrazione Obama, sui rapporti fra Stati Uniti e Turchia nell’ambito della crisi mediorientale. La proposta di questa, come di altre future traduzioni, non significa una necessaria condivisione della redazione di Hic Rhodus sulle molteplici questioni trattate e sui giudizi espressi dall’autore.
Questo articolo è riprodotto da Tablet Magazine, “Tablemag.com”, la rivista online di notizie ebraiche, idee e cultura, col permesso dell’editore. Traduzione, note e suggerimenti finali per ulteriori letture sono a cura di Hic Rhodus.
Quanto sia terribile il bivio che abbiamo davanti mi appare chiaro ma so che è difficile argomentarlo in maniera semplice e convincente. Soprattutto convincente, non già perché non ci siano fatti, circostanze, tendenze, per non parlare di tantissime analisi e commenti; il problema è il solito, quello dell’ideologia. Poiché la storia non è matematica, la politica non è fisica e le dinamiche sociali non sono chimica, tutti quelli che ho definito “fatti, circostanze etc.” sono soggetti a interpretazione, vengono – da ciascuno di noi – piegati agli schemi mentali che ci sono propri, alle idee che tradizionalmente, da tempo, “indossiamo” assieme ai nostri amici, consoci, confratelli, compagni. Quindi se adesso dico delle cose scomode, fuori dagli schemi, politicamente scorrette, non in linea col vostro pensiero tradizionale, potreste essere poco disponibili a cambiare voi, e tendere piuttosto a rifiutare me. Trovo un certo conforto dal fatto che dopo la strage di Parigi (perché questo è il tema della riflessione che vi propongo) mi sembra di notare un cambiamento di registro in molti importanti commentatori italiani (commentatori soggetti agli stessi condizionamenti e quindi non universalmente condivisi); non so se è una nuova consapevolezza in loro, oppure se la tragedia francese li ha fatti rompere con gli indugi e venire allo scoperto. Comunque alcuni di questi commenti ve li propongo nelle Risorse finali invitandovi a leggerli. Per il resto preferisco uno stile molto asciutto e per punti; meno fronzoli = meno equivoci.
Il tema è: cosa fare dopo la strage parigina? Che atteggiamento avere con l’Islam?