Da dove provengono le armi dei terroristi ISIS?

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Un’ovvia domanda è: chi arma l’ISIS/IS/Daesh? Perché combattono come matti nelle zone da loro occupate di Siria e Iraq e mostrano – anche nella loro versione terroristica – una potenza di fuoco invidiabile. L’argomento, che dovrebbe inquietare normalmente tutti noi europei, è diventato più pungente dopo l’attentato di Parigi e alcune denunce pubbliche del ruolo che avrebbe l’Italia nella vendita di armi a Paesi notoriamente finanziatori del terrorismo. Ne hanno parlato per esempio i grillini nell’usuale stile eccessivo (e impreciso) col quale intendono la politica (il post è firmato M5S Parlamento), ma i problemi sono reali. Per smentire Renzi che ha dichiarato che l’Italia non fa affari coi terroristi, l’autore scrive::

Secondo dati del Dipartimento USA ammontano a 40 milioni di dollari in 2 anni i finanziamenti all’Isis da Arabia Saudita, Kuwait, e Qatar. Tutti Paesi con i quali l’Italia fa affari, tramite anche partecipate pubbliche come Finmeccanica.

Schermata 2015-11-23 alle 15.34.06Il link a “dati del Dipartimento USA” rinvia in realtà a un articolo del settimanale Newsweek di un anno fa (6 Novembre 2014) che cita una fonte del Sottosegretario per il controspionaggio al finanziamento terroristico del Dipartimento del tesoro, dichiarando:

ISIS ha accettato finanziamenti fino a $ 40 milioni o più negli ultimi due anni da fonti governative o private nelle nazioni ricche di petrolio dell’Arabia Saudita, il Qatar e il Kuwait e da una vasta rete di donatori privati, inclusi reali del Golfo Persico, uomini d’affari e famiglie benestanti.

Nessuna notizia in verità. Che tutto l’Occidente faccia affari con Arabia & Co. è stranoto da tempo. Il sito ufficiale “Info Mercati Esteri” ha dati aggiornati al 2013 dove vediamo come l’Italia sia l’11° partner dell’Arabia con un po’ meno di 5 Miliardi di dollari di export (Arabia → Italia) e 7° come import (Italia → Arabia) con 4,2 Miliardi (fonte). Chi sono gli altri noti finanziatori del terrorismo saudita che ci battono in classifica? Primi gli Stati Uniti con 15,7 Miliardi e seconda la Cina con 15,5; segue l’India con poco meno di 10. Per favore, intendiamoci. Si sa che questi Paesi (Arabia et.) ospitano fazioni e gruppi che, più o meno notoriamente, finanziano il terrorismo. Non è re Salman che stacca assegni ad al-Baghdadi. Quasi certamente re Salman sa benissimo cosa succede nel suo regno ma la complessità internazionale consente l’ambigua esistenza di situazioni di questo genere, non certo solo in Arabia, e qui su HR l’abbiamo più volte denunciata, anche recentemente, indicando le ragioni geopolitiche della continuità di questi “affari” occidentali coi Paesi del Golfo e la necessità di superarli smascherandone l’ambiguità e l’inopportunità. E che Finmeccanica produca e venda armi a chi glie le compera, tanto più a paesi “amici”, è noto da sempre. Riassumiamo: sì, l’Italia vende armi da decenni, sì le vendiamo a Paesi coi quali commerciamo da decenni, sì i Paesi del Golfo sono collusi (non ufficialmente) col terrorismo e quindi sì, sarebbe ora di smettere e ripensare alleanze, commerci e politiche (qui una denuncia dal lato americano di questo ipocrita commercio). Poiché tutto questo si sa da tempi immemorabili è sciocco citare un vecchio articolo di Newsweek spacciandolo come una recente denuncia americana del ruolo italiano nel finanziamento ISIS. Ma questa era solo una digressione, scusatemi se l’ho fatta lunga.

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Dove prende le armi l’ISIS/Daesh? Innanzitutto ne ha una scorta considerevolissima grazie ai depositi di armi irakeni caduti nelle loro mani: quasi tutte di produzione sovietica ma anche americana, cinese e altre (non italiane; qui un elenco piuttosto accurato). Le linee di rifornimento ISIS provengono da Giordania e Turchia anche sfruttando il fatto che – date le alleanze di questi Paesi (per esempio la NATO per la Turchia) – non si possono fare raid aerei. Per esempio le armi rimaste in Libia dopo l’intervento NATO del 2011 sono prontamente arrivate in Siria via Turchia (fonte), altro paese col quale l’Italia fa grandissimi affari, come buona parte dei Paesi europei. Aggiungere che un’enormità di cargo aerei hanno portato armi, via Turchia e Croazia, ai ribelli siriani anti-Assad e all’Arabia che le avrebbe smistate ai vari gruppi e, potete scommetterci, una parte di questa armi sono finite in un modo o nell’altro in mani jihadiste (anche perché l’Arabia è la più grande importatrice d’armi al mondo e bisognerà pur chiedersi cosa se ne fa. Fonte); come scrive Jatin Mehta su Quora:

And while Western media sources continuously refer to ISIS and other  factions operating under the banner of Al Qaeda as “rebels” or  “moderates,” it is clear that if billions of dollars in weapons were  truly going to “moderates,” they, not ISIS would be dominating the  battlefield.

In particolare il ruolo della Turchia (ben peggio che l’Arabia) è ormai ampiamente provato; esiste per esempio un filmato della Deutsche Welle che prova come l’ISIS non abbia necessità di ricorrere al mercato nero del petrolio o ai riscatti di ostaggi per finanziarsi e rifornirsi; convogli di centinaia di mezzi arrivano in Siria quotidianamente via Turchia.

Conclusione: Arabia e altri Paesi del Golfo finanziano; Turchia equipaggia e/o consente di equipaggiare; Giordania lo stesso. Se per quanto riguarda i Paesi del Golfo è necessaria un’inversione di rotta (certo, complicata) nei commerci dei Paesi occidentali, per quanto riguarda la Turchia lo scandalo è almeno doppio, essendo membro della NATO. Leggete la conclusione del già citato articolo su Quora per le evidenti drammatiche conseguenze.

Altre fonti con identiche analisi e conclusioni nelle Risorse finali.

Quindi non è l’Italia, anzi Renzi in persona, che vende armi ad ISIS; è un complicato sistema di alleanze sfibrate, opportunismi incancreniti, commerci falsati, ipocrisie congelate, frutto dei residui della Guerra Fredda e dello sbagliatissimo disegno del Medio Oriente fatto dagli Occidentali che occorre ripensare, anche con una maggiore trasparenza nel commercio italiano di armi. Il doppio gioco della Turchia è troppo evidente per non essere sanzionato, e se la NATO non è disponibile per logiche e opportunità sclerotiche deve essere l’Europa a imporsi. Se i Paesi del Golfo fanno il doppio gioco grazie al petrolio che gli americani usano in funzione anti-russa occorre sedersi al tavolo con Putin (come sta accadendo) e rivedere chi sono oggi i nostri veri nemici. E anche per il Medio Oriente occorre un piano che rispetti i popoli. Per dopo la guerra.

Risorse: