I dati disponibili indicano che la Svezia è tutto fuorché un esempio da seguire in merito alle politiche di contrasto del coronavirus.
I dati disponibili indicano che la Svezia è tutto fuorché un esempio da seguire in merito alle politiche di contrasto del coronavirus.
La principale differenza sociale fra l’attuale pandemia e le precedenti (come la spagnola) riguarda l’interdipendenza socioeconomica e la conseguente fragilità del tessuto sociale contemporaneo. Impariamo da questa, perché la prossima potrebbe essere fatale.
Alcune ragioni logiche del perché qualunque decisione sulla pandemia sarà sbagliata. Anche se qualcuna potrebbe essere MOLTO più sbagliata di altre…
La scelta del governo di restare a metà strada, e limitare i danni di qui e di là, forse è quella giusta o forse no. Non lo sappiamo. Non avremo mai la controprova. Soprattutto, al contrario del virus, la posizione di Conte è lose-lose: o perde o perde. Se tiene chiuso si addosseranno a lui le colpe dell’impoverimento, se riapre gli si addosseranno quelle dell’ecatombe. Li abbiamo visti, in questi mesi, quelli arrabbiati col mondo perché si doveva sbarrare, poi arrabbiati perché si doveva serrare, poi di nuovo arrabbiati perché si era serrato fin troppo. Le indecisioni e gli errori dell’esecutivo sono lì da vedere, ma dipendono più di un po’ dal facile, volatile e digrignante atteggiamento del resto del Paese. Ma se ci mettessimo nella zucca una volta per tutte che stavolta non andrà bene, andrà comunque male, aiuteremmo chi deve prendere decisioni a prenderne, e di precise, anche se dolorose. E aiuteremmo noi stessi ad affrontarle e a sopportarle. È tutto quanto di cui abbiamo bisogno. (Mattia Feltri, “HuffPost”, 28 apr 2020)
Uno sproloquio sulla necessità di riaprire le scuole mi permette un esercizio periodicamente proposto su questo blog: l’analisi della cattiva retorica e i danni che produce.
Le misure concordate e da concordare per risollevare l’Europa non sono poca cosa, nonostante la propaganda negativa.
La gente si sta stancando, le fallacie logiche piovono a catinelle e ci vogliono intortare con applicazioni subdole. La politica invece mantiene i suoi standard indecenti.
Gli errori del governo nel riaprire le librerie sono un campanello d’allarme su cosa potrà accadere nella “Fase 2”
Amazon che assume 175 mila dipendenti è l’immagine simbolica dei vincitori [nella pandemia]. In un mese il suo titolo in Borsa è salito del 35 per cento ed è stato il mese peggiore degli ultimi dieci anni sui mercati azionari. Jeff Bezos ha guadagnato 24 miliardi dall’inizio dell’anno. Zoom è cresciuta del 30 per cento e il fondatore Eric Yan ha raddoppiato il suo patrimonio che ammonta a 7,4 miliardi di dollari; Equinix, Citrix, le imprese specializzate in connessioni internet hanno partecipato al ricco banchetto che ha rimpinzato sia pure in modo diverso tutte le compagnie di software non solo americane (il valore della tedesca Sap è cresciuto in un mese del 19,42 per cento), per non parlare dei giganti come Apple, Facebook, Alphabet. La clausura all’insegna del digitale ha dato una spinta ulteriore a processi già in corso ed è proprio la caratteristica, secondo l’Economist, della presente congiuntura a differenza da altre recessioni. Il capitalismo aveva messo in moto processi economici e sociali che il coronavirus non ha represso, anzi sta accelerando, al contrario da quel che ripetono i profeti del declinismo. (Stefano Cingolani su il Foglio del 19 apr 2020)
Prime chiare conseguenze sociologiche della crisi del virus: stanno scomparendo i personaggi di mezza tacca e i palloni gonfiati. L’Europa dipende dalle religioni? Una cronaca a puntate del mondo ai tempi del virus.
L’analisi del decreto Cura Italia mostre ombre e luci. Se per l’immediata emergenza può essere considerato un provvedimento necessario, è comunque prioritario un ragionamento in senso universalista del sostegno al reddito assieme a una seria riforma delle politiche attive del lavoro.
La nostra collaboratrice si è trovata la figlia diciassettenne in Irlanda allo scoppio della crisi per il virus. Riportarla a casa è stata un’impresa epica.
La pretesa dell’ideologia sovranista di affrontare il fenomeno globale della pandemia in ordine sparso, Paese per Paese, ognuno per sé , è il virus culturale di complemento al coronavirus. (Annamaria Furlan)
I regimi sono davvero più efficienti delle democrazie? Se anche fosse, come la mettiamo se i sudditi non sono più soddisfatti del regime?
La storia del senso di colpa in occidente, e la sua attualizzazione estrema in una cultura di impostazione freudiana, non giustifica lo scambiare un’epidemia con una catarsi. Non mi sento purificato dal virus, non chiedo alle circostanze eccezionali in cui stiamo vivendo una lezione morale per come si debba stare al mondo, per essere migliore nel futuro, dopo il relativo risanamento sanitario e epidemico, men che meno un processo in piena regola al recente passato dell’umanità. (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 31 marzo 2020)