Guardate, l’esempio nasce a caso, assolutamente a caso, e non è stato da me scelto per sostenere una tesi. Mattina, dopo il caffè, sfoglio i giornali; inizio dall’HuffPost e mi cade l’occhio su un articolo di tale Mila Spicola* dal titolo La Scuola è il fiore della Libertà (maiuscole nell’originale), con sottotitolo Servono risorse per riaprire presto e in sicurezza.
Catenaccio (che nel gergo giornalistico sarebbe un secondo titolo esteso a complemento del principale): Salirei sulle montagne un’altra volta, se necessario per difendere la Scuola e quello che le dobbiamo.
Inizio a leggere:
La Scuola che noi abbiamo è figlia del 25 Aprile, della Liberazione, della Libertà, della Costituzione. Articoli 33 e 34, aperta e libera, come libero ne è l’insegnamento.
Una cosa falsa, non serve neppure andare a cercare sulla Wiki, ma non voglio cavillare; diciamo che c’è molta esagerazione e ostentazione provocatoria ma, beh… andiamo avanti. L’autrice, dopo un inizio così arrembante, non può che cercare di spiegarsi, e infatti prosegue:
È la Libertà quella che si costruisce sui libri, faticosamente, tenacemente, potentemente e artigianalmente nelle classi, virtuali e reali. È la Libertà quella che vogliamo costruire soprattutto in chi è indietro, per destino e anche per cattiva scelta. Liberi dall’ignoranza, liberi dal bisogno, liberi dalla malattia, liberi dalle oppressioni di vario genere, tutte cose che camminano insieme. È la Libertà più vera e matura quella che deriva dalla conoscenza e dalla virtù. Per costruire persone e non marionette.
Onestamente, se non mi fosse venuto in mente di usare questo testo come esempio da manuale della retorica dannosa, mi sarei fermato e avrei cambiato articolo. Ragioniamo assieme: cosa ci dovrebbero comunicare queste cinque o sei righe? La correlazione istruzione = maggiore consapevolezza civica è nota e definita sociologicamente anche senza questa retorica attorno al concetto ambiguissimo di Libertà (quale libertà? Da chi o da cosa? Individuale e/o collettiva? Regolata in che modo? Da chi? Ne abbiamo trattato a lungo – temo pesantemente e pessimisticamente – da poco, e con assai minore enfasi).
Diciamo ancora che l’Autrice cade nella retorica facile facile, e attendiamo di leggere le sue opinioni sulla riapertura della scuola (è quanto promette il sottotitolo, ed era ciò che mi ha spinto a leggere). Invece, poiché arrivati in fondo si può sempre iniziare a scavare, la Nostra prosegue con dei versi di Nino Pedretti:
“Per questo abbiam sparato, ci siamo fatti impiccare, siamo andati al macello col cuore che piangeva, con le labbra tremanti. Ma anche così sapevamo che di fronte a un boia di fascista noi eravam persone, e loro marionette.
E adesso che siam morti non rompeteci i coglioni con le cerimonie, pensate piuttosto ai vivi, che non debbano perdere anche loro la giovinezza”.
E riprendendo dall’invettiva così marinettiana “Non rompeteci i coglioni”, la Nostra finalmente si decide ad affrontare il tema sintetizzabile nella frase
Tutto riparte ma non la Scuola e non è un caso (maiuscole nel testo – NdR).
L’ Autrice, finalmente, entra nel cuore del problema: per la scuola sono previsti pochi spiccioli che non avranno nessuna reale utilità, costringeranno i bimbi a casa fino almeno a settembre e con loro le donne, visto che ci manca anche un sistema di welfare capace di garantire la parità genitoriale.
(Qui, essendo l’Autrice imbufalita, si lascia scappare un altro retoricissimo sarcasmo:
Altro che articolo 3, per tornare al tema di oggi [25 aprile], Liberazione, Valori, Costituzione, antifascismo.)
A questo punto vi riporto l’intero finalino del testo, sono certo che mi ringrazierete:
La punta dell’iceberg di tutto questo è la chiusura dei nidi, delle scuole, delle università. Volete tenerle chiusi? Io no. Volete continuare a sacrificare giovinezze e donne? Io no. Volete umiliare la Libertà (che non deriva solo dall’uscire o meno, dell’andare o meno a scuola, ma dalla qualità e dall’efficienza del sistema alternativo che si realizza)? Io no. Volete evitare la discussione e non considerarla come priorità nazionale? Io no. Volete avere un Paese vecchio, organizzato di fatto ancora secondo schemi culturali e reali messi in campo dal regime fascista e mai non superati compiutamente? Io no.
Salirei sulle montagne un’altra volta, se necessario per difendere la Scuola e quello che le dobbiamo, ovvero la Libertà che passa anche attraverso il superamento di quegli schemi. Buon 25 aprile e magari domani fosse un giorno nuovo, veramente libero, perché colto, virtuoso e concreto. Per far sì che accada bisogna lottare, oggi e sempre Resistenza.
Perché trovo insopportabilissime queste manifestazioni di egolatria? Provo a spiegarvelo per punti.
Al netto delle capacità dei nostri governanti, tutti, ma assolutamente tutti, reclamano qualcosa di urgente, indispensabile, per il proprio settore: gli industriali allo stremo vogliono riaprire; gli ospedali sfiniti devono ritrovare la normalità; il commercio collassato ha bisogno di riprendersi; e i pomodori chi li va a raccogliere; e dei migranti cosa ne facciamo; e chi ha perso il lavoro come lo sosteniamo; e via via fino ai calciatori che non possono finire il campionato e il mio vicino che non può accudire come vorrebbe le sue api in campagna. Lì in mezzo c’è anche la scuola (e l’Università, e la ricerca e tutto il resto); non solo è difficile decidere le eventuali priorità e quale quota di risorse destinare loro, ma il concetto stesso di (eventuale) priorità fa scatenare le proteste di tutti gli esclusi; non ce la potrebbe fare la Merkel, figurarsi Conte!
Eppure da qualche parte si deve iniziare a mettere mano, e qui occorrerebbe avere pratica con alcuni giochini organizzativi come l’albero dei problemi, l’albero delle decisioni o altri arbusti utili nel problem solving: che poi si tratta solo di addestrare la logica. Aprire le scuole significa una quantità di questioni collegate che la stessa Nostra Autrice aveva intravisto, in un attimo di lucidità, quando scriveva
Da dove la giri giri, qualunque sia l’aspetto che si analizza, dalle condizioni edilizie e organizzative degli spazi scolastici, dal come organizzare lo spostamento e lo stazionamento di dieci milioni di persone, per turni, alternati, scaglionati, al problema non secondario dell’età media superiore ai 50 anni dei docenti (non solo per loro, che sarà mai la salute dei docenti? A chi frega? Quanto soprattutto per la possibile diffusione esponenziale di eventuali focolai) mancano i soldi e non mi pare che qualcuno abbia in mente non solo di destinarli, ma nemmeno di calcolarli.
Quindi, portando avanti il ragionamento: spostamento significa autobus e treni in grado di mantenere le distanze e impedire il contatto fra bambini e adolescenti. Come farli, come organizzarli, come garantirne l’efficacia (a parte i costi, già moltiplicati; parliamo anche solo degli elementi organizzativi); poi nelle aule: li mettiamo tutti in banchetti lontano un metro uno dall’altro, triplicando almeno lo spazio necessario, ovviamente impossibile da trovare negli edifici scolastici attuali (né si posso proporre turni per ragioni che immagino essere evidenti); e per gli spazi comuni come si fa? La merenda dove la fanno? L’ingresso e l’uscita come verrebbero regolate? I genitori dove aspetterebbero i bimbi (che devono rigorosamente passare dalla responsabilità dell’insegnante a quella del genitore o tutore, che deve essere lì, ad attendere all’ingresso della scuola). E gli insegnanti come regolano i loro spazi, i loro contatti con gli allievi? E tutti gli oggetti fisici, dai libri alla lavagna, come vengono trattati per non passare di mano in mano? Perché delle due l’una: o allentiamo completamente la vigilanza dando per certo che i virus non è più pericoloso, o la riapertura imminente dovrà essere fatta con dei criteri di igiene, tanto più nei luoghi pubblici.
Quindi: i problemi sono innumerevoli nella pratica, ancora prima che nei costi. Essendo l’attuale una situazione inedita, nessuno può trovare un manuale di risposte, e non avendo dei geni al timone, è abbastanza scontato che si navighi a vista. Non va bene, non ci piace, i navigatori non godono della nostra stima ma (davvero?) rispondiamo col nostro sdegno (per questo abbiam sparato…) senza uno straccio di capacità di proposta operativa? Cosa ce ne facciamo dello sdegno di Mila Spicola, alla quale abbondano le maiuscole ma difettano i suggerimenti? Io personalmente non saprei cosa suggerire se la priorità resta la salute (in caso contrario inutile parlare: tutti a scuola come si faceva prima e chiusi i discorsi). Vorrei anche ricordare che tutto ‘sto bordello (per questo abbiam sparato?) per poco più di un mese di scuola, perché poi ci sarebbero le vacanze estive. Oppure si intende fare un anno scolastico straordinario che duri fino ad agosto, per recuperare il tempo perduto?
Allora occorre un ragionamento razionale: immaginare, in pochi giorni, di trovare le soluzioni organizzative (e i soldi) a tutti i problemi gestionali per un ritorno a scuola immediato, per un mese, a me appare ridicolo. Si torni a scuola a settembre con il virus (sperabilmente) debellato e le soluzioni operative (auspicabilmente) meditate e trovate.
Resta il problema, accennato dalla Nostra, della parità di genere. Eccerto, lei dice, si mantengono i bimbi a casa sulle spalle delle donne! Qui alzo le braccia, ovviamente. Sì, è una delle dozzine di ingiustizie reali della nostra società. Come le ingiustizie sugli anziani, quelle sugli omosessuali, quelle sugli apolidi, sui minori stranieri non accompagnati, sui poveri, sui poverissimi, sui malati psichici, sui disabili, sugli analfabeti, tutte categorie che hanno sofferto in un modo specifico, tutto loro, le conseguenze del virus e di una società generalmente distratta (nei casi migliori) nei loro riguardi. Poi abbiamo le partite IVA, da anni una spina nel nostro sistema produttivo, spesso giovani sfruttati e ora gettati via. Anche questa mi pare una grossa ingiustizia. E poi che dire dei vecchi nelle case di riposo, che nessuno vuole, spaventati e indifesi? E dei detenuti in prigioni-lager, dove il coronavirus è dilagato nell’indifferenza delle Istituzioni? Insomma: sì, certo, la questione della parità di genere è lontana dall’essere risolta, come decine di altre ingiustizie, ma francamente, usarla retoricamente come clava in un momento di crisi, senza alcuna proposta concreta, è semplicemente stupido.
Le ingiustizie sociali non sono uno strumento di retorica balorda per scrivere un post indigesto, ma un terreno di lavoro e di lotta quotidiana. Semmai incominciando dal non mandare al Ministero della Pubblica Istruzione una scadente imitatrice di Sabina Guzzanti.
* L’ultima frase qui sopra rimanda alla biografia di Mila Spicola, da lei medesima redatta sull’HuffPost e rinvenibile anche su una pagina ufficiale del PD. Costei è un’importante membra (cerco di usare un corretto linguaggio di genere…) di questo partito che, al momento, governa felicemente con i peggiori populisti della storia repubblicana che hanno espresso, appunto, la Ministra-imitatrice. Attualmente imbucata in un ufficio di programmazione economica dove evidentemente non ha imparato a fare i conti con i dati e i fatti concreti, di sé afferma “Sempre antagonista, mai massimalista”. E – come diceva il grande De Filippo – ho detto tutto!