Dopo l’Eurogruppo, le ragioni e i torti

A sentire le prime ricostruzioni sembra che il Consiglio europeo del 23 aprile non abbia concluso granché. Ma non è così: l’Europa, intesa come complesso dei Paesi che la compongono prima ancora che come istituzione, ha dimostrato una consapevolezza e una solidarietà (che non sarà priva di sacrifici soprattutto dei più forti) senza precedenti.

Questa ulteriore tappa segna la vittoria o la sconfitta delle diverse posizioni che si erano confrontate nei giorni scorsi. Il vero tema della discordia, depurato dalla propaganda nazionalistica, è sempre stata la mutualizzazione del debito, intesa come un fondo a cui ogni Stato potesse accedere liberamente, senza alcuna condizione né vincolo di spesa, ma garantito in solido da tutti. Su questo Conte ha “battuto i pugni sul tavolo”. Su questo si è discusso aspramente per giorni. E per questo molti dei principali media e praticamente l’intero panorama politico italiano hanno criticato e talvolta sono arrivati ad insultare i paesi europei “del nord”, in una escalation di accuse e mezze verità che definire vergognosa è poco. Eppure, alla fine, la mutualizzazione all’italiana è definitivamente uscita dal tavolo. Ed è giusto che sia così, perché se prima non conquisti una maggiore integrazione, con progressive cessioni di sovranità necessarie a costituire una unione federale e democratica, con politiche economiche e fiscali comuni, nessuno può pensare, figuriamoci pretendere, che i cittadini di altri paesi si sobbarchino i nostri debiti e le nostre scelleratezze economiche.

La cosa più importante decisa dal Consiglio è la comune volontà di creare un “poderoso” fondo per affrontare, come Europa, questa sfida epocale. Si chiamerà Recovery Fund e per ora se ne conoscono solo alcuni aspetti, per quanto importanti. Dalla relazione finale si evince che sarà collegato al bilancio pluriennale dell’Unione, sarà gestito dalla Commissione, sarà destinato ad alcuni specifici settori e ad alcune aree geografiche dell’Europa. A ben vedere quindi queste conclusioni rappresentano un ulteriore vittoria di una visione più comunitaria, più europeista e una sconfitta di quanti invece volevano solo farsi regalare dei soldi per spenderli a proprio piacimento. Perché questo abbiamo dato l’impressione di voler fare, quando solo poche ore prima del Consiglio un ministro di rilievo del nostro governo dichiarava che avrebbe usato le risorse del Recovery Fund per aiutare, di nuovo (!), la moribonda Alitalia.

Ad uscire definitivamente sconfitta, nonostante la propaganda di parte continuerà a negare l’evidenza, è la retorica antieuropeista: la reazione dell’Europa è stata imponente, sono stati messi sul tavolo una serie di interventi, primo fra tutti quello fondamentale della Bce, quasi incondizionato sul mercato secondario dei titoli pubblici dei paesi dell’area Euro, che segna un progresso epocale delle autorità monetarie europee rispetto a crisi del passato e senza il quale saremmo già sulla strada del Venezuela. Soluzioni concrete e costose, avallate per primi dai cosiddetti “falchi”, proprio quelli che in proporzione ne sosterranno il peso e il rischio maggiore. Gli strumenti per sostenere a livello europeo la disoccupazione (Sure), gli investimenti nelle imprese (BEI) e la sanità (nuovo canale MES), sono di fatto tutti debiti mutualizzati, con l’unico “dettaglio” che sono condizionati a specifici settori di intervento. Con che faccia si continua a dire che non c’è solidarietà fra paesi europei? Per le stesse ragioni, l’altro grande sconfitto è il nostro governo. La sua azione, perdente su tutta la linea, si è rivelata di fatto quanto di più antieuropeista si sia mai visto nella storia del nostro paese.
Anziché presentare alla nostra opinione pubblica l’Europa come la nostra casa comune, ha alimentato l’idea di un’Italia che doveva vincere ingiuste resistenze dei paesi del Nord, contribuendo a creare un clima in cui è poi stato facile, per chi ha da sempre interesse politico a farlo, dipingere l’Europa come inutile, accusare gli altri paesi europei di essere avidi, cinici, delle canaglie insensibili legate solo ai soldi, incapaci di solidarietà verso gli altri. Niente di più falso e infondato. I nostri governanti hanno alzato la voce, fatto balenare ricatti e minacce, creando nel paese aspettative illogiche e impossibili, curandosi solo del loro consenso. Avrebbero in fondo preteso di avere soldi facili, da spendere senza limiti né condizioni (comprese le solite odiose marchette), ma soprattutto garantiti e in caso anche ripagati dagli altri. Comodo no? Questa ridicola sceneggiata ha prodotto nel nostro paese un ulteriore calo di credibilità nei confronti dell’Europa, vista sempre di più come lontana, inutile, se non addirittura dannosa.

Gli ultimi sondaggi rivelano che gli italiani considerano sempre più “cattivi” e nemici i nostri “concittadini” olandesi o tedeschi, mentre sentono sempre più amici stati autoritari come Russia e Cina. Tutto questo è “merito” anche del Presidente Conte e del suo governo, oltre che dei media solennemente allineati e di tutti quelli che oltre alla mascherina pare abbiano indossato anche i paraocchi. Ursula von der Leyen ha chiesto scusa all’Italia per il ritardo nella reazione dell’Europa. Chissà quando anche noi decideremo di recuperare un briciolo di dignità presentando le nostre scuse all’Olanda, alla Svezia, alla Germania e a tutti quanti abbiamo pesantemente e ingiustamente insultato in queste settimane.

Articolo scritto per Hic Rhodus da Juri Marini. 
Classe 74, appassionato di grafica, 
funzionario pubblico, già consigliere comunale. 
Liberale (classico), europeista (federale),
antipopulista, fondatore di Libdem.