Facendo qualche previsione realistica, provo a scommettere su come morirò. Avrò ragione?

Facendo qualche previsione realistica, provo a scommettere su come morirò. Avrò ragione?
Prendiamo spunto dal documento pubblicato da un gruppo di studio ministeriale sul contrasto alla povertà tra i lavoratori per riprendere questo importantissimo tema
L’Istat ha condotto un’indagine sulla sieroprevalenza. Diamine! E chi lo sapeva? Le ragioni di un fallimento.
Nella Legge di Bilancio 2018 è presente una significativa espansione del Reddito di Inclusione. Si tratta di una misura fondamentale, ma di cui si parla pochissimo.
La ripresa ecomomica e l’aumento dei posti di lavoro sono delle realtà innegabili. Ma non sempre avere un lavoro significa poter contare su condizioni di vita dignitose.
La fragilità della nostra “barchetta” ci espone a gravi rischi quando i mercati volgeranno al brutto. Ma forse…
Il Rapporto Istat 2017 certifica la dissoluzione delle tradizionali classi sociali, ed evidenzia il crescente peso economico dei più anziani.
I dati del Rapporto Istat 2017 illustrano una realtà paradossale: in Italia, solo le piccole aziende sono incentivate a essere più produttive, mentre per le medio-grandi vale l’opposto
I voucher erano davvero da eliminare? Proviamo a capirlo partendo dai dati e non dalle convenienze politiche.
Alla fine, l’atteso annuncio è arrivato: il governo, nelle persone del ministro Poletti e del sottosegretario Nannicini, ha esposto ai sindacati il suo progetto per la “flessibilità in uscita”, il cosiddetto Ape (anticipo pensionistico): se si tradurrà in legge, questa ipotesi consentirà di andare in pensione fino a tre anni prima della scadenza, ricevendo un anticipo di pensione finanziato con un prestito bancario da restituire in vent’anni sotto forma di una trattenuta appunto sulla pensione, una volta maturata.
La proposta ha incassato un’accoglienza prudente ma favorevole dai sindacati, un commento positivo dalla Confindustria, e l’approvazione del Presidente dell’INPS Boeri, che ha osservato “La cosa importante è permettere la libertà di scelta alle persone”.
Di fronte a questo coro di consensi, è difficile discordare. Giusto?
Negli ultimi giorni, l’INPS e l’Istat hanno pubblicato importanti rapporti sull’andamento dell’economia e dell’occupazione in Italia. In particolare, ha suscitato un certo scalpore la notizia che, in base ai dati dell’Osservatorio sul Precariato INPS, il numero di nuovi posti di lavoro creato nel primo trimestre del 2016 è stato di circa 51mila unità, inferiore di ben il 77% rispetto allo stesso periodo del 2015. Ovviamente, le opposizioni ne hanno tratto l’occasione per concludere che il Jobs Act renziano è in realtà un “Flop Act”, per usare le parole del sempre colorito Renato Brunetta; da parte sua, il premier ha definito queste critiche “clamorose balle”. Come stanno davvero le cose?
Ormai ci siamo abituati: ogni volta che si parla di argomenti che dovrebbero essere oggetto di una valutazione basata sui dati di fatto, si finisce in una querelle tutta dialettica, come se bastasse una buona o cattiva comunicazione a indirizzare i problemi in un senso o nell’altro.
Stavolta, e non per la prima volta, la discussione si è accesa sui dati relativi all’embrione di ripresa economica in cui l’Italia si trova, e in particolare sugli effetti del Jobs Act sull’occupazione. Addirittura, il Presidente del Consiglio Renzi ha annunciato un piano “antibufala” per contrastare la disinformazione che a suo dire viene fatta sull’operato del Governo. Ma è davvero così?
Tra una baruffa e l’altra sulla Legge Cirinnà o sui salvataggi bancari, argomenti di cui peraltro qui su Hic Rhodus abbiamo parlato con ampiezza, c’è una questione su cui abbiamo puntato la nostra attenzione dallo scorso dicembre, quando l’Istat ha per la prima volta annunciato che nel 2015 c’è stato un significativo aumento della mortalità. Subito, diversi commentatori politici, tra cui si sono segnalati alcuni leader dell’opposizione, hanno attribuito queste morti a un aumento dell’inquinamento, o ai tagli alla Sanità decisi dal Governo. Noi, sebbene ci prudesse un po’ la tastiera, abbiamo deciso di tacere finché l’Istat non avesse fornito dati più completi, e ora che questo è avvenuto siamo pronti a dire la nostra.
Pochi giorni fa, il Ministro del Welfare Poletti ha commentato in questo modo la recente approvazione del Piano di contrasto alla povertà da parte del Governo: finalmente anche in Italia abbiamo “un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà”. Ma la misura approvata, e che di cui il Parlamento dovrà poi varare il decreto attuativo, ha le caratteristiche per essere davvero efficace? Ed è forse un passo nella direzione del “reddito di cittadinanza” invocato dal Movimento Cinque Stelle? Vediamo.