Non so quando morirò, ma so come…

D’accordo, non posso esserne matematicamente certo, ma le probabilità sono abbastanza chiare: a meno di incidenti, eventi violenti, catastrofi improvvise e simili, eventi peraltro che con l’avanzare dell’età e il corrispondente aumento della sedentarietà diventano progressivamente meno probabili, mi aspetto di morire di qualche malattia. D’accordo, direte, bella forza, ma quale?

Dieci anni fa, probabilmente, vi avrei risposto diversamente, ma oggi credo proprio che la colpa della mia dipartita sarà di una malattia infettiva. Con ogni probabilità, non del Covid-19, neanche in qualcuna delle sue, inevitabili, future varianti; molto più verosimilmente, sarà qualche batterio farmacoresistente o un virus non ancora conosciuto a farmi fuori. Da un lato, si tratta in realtà di una buona notizia: la tanto bistrattata sanità italiana (ripeto qui un mantra che vorrei fosse assimilato da tutti: il maggior patrimonio di noi cittadini è la sanità pubblica, e il peggior nemico dei cittadini è chi vuole smantellarla), silenziosamente, sta combattendo con efficacia le principali cause di morte che colpiscono gli italiani, e i risultati non sono disprezzabili, come si può vedere dai dati Istat nella sezione Salute e sanità. Per la mia fascia di età e il mio sesso, tra il 2003 e il 2018 il quoziente di mortalità per tutte le cause censite è diminuito da 113,11 per 10.000 abitanti a 78,68 sempre per 10.000 abitanti, un calo del 30% in relativamente pochi anni. Questo è dovuto in particolare al fatto che le malattie che causano più morti sono oggi meno pericolose, come si vede nel grafico qui sotto, che riporta appunto il quoziente di mortalità per il sesso maschile nelle diverse fasce di età che mi aspetto di poter attraversare prima di abbandonare questa valle di lacrime, sommando i contributi di tumori, malattie del sistema circolatorio, malattie del sistema respiratorio e malattie del sistema nervoso. Come si vede, la riduzione è consistente e si estende anche all’età avanzata; un ragionamento analogo si potrebbe fare per il sesso femminile, mutatis mutandis.

Elaborazione Hic Rhodus su dati Istat

Quindi, mi sono persuaso che stia diventando sempre meno probabile che io muoia d’infarto o di tumore, anche se oggi queste sono ancora minacce molto consistenti. Ma, come la pandemia da Covid-19 ha insegnato anche ai più disattenti, non di soli tumori e infarti muore l’uomo, e mentre le nostre armi (inclusa la prevenzione) contro quelle malattie si perfezionano, c’è un altro settore dove rischiamo di trovarci presto molto male attrezzati, ossia quello delle malattie infettive. Questo non solo per le ragioni che in questi ultimi due anni sono apparse evidenti un po’ a tutti noi, ma innanzitutto perché i farmaci sui quali facciamo conto per combatterle stanno perdendo di efficacia, e non si fa abbastanza per svilupparne di nuovi. Non parlo dei vaccini, ovviamente, ma dei farmaci antibiotici e antivirali rispetto ai quali batteri e virus sviluppano costantemente nuove forme di resistenza.

Anche di questo avevamo parlato su Hic Rhodus in tempi non sospetti, ma mentre i microrganismi patogeni continuano a evolversi non altrettanto e altrettanto rapidamente fanno i farmaci per combatterli. Un recente articolo pubblicato su Lancet stima che già oggi nel mondo milioni di persone muoiano a causa della resistenza dei patogeni ai farmaci disponibili, e le mappe che descrivono la diffusione nel mondo dei patogeni farmacoresistenti mostrano purtroppo che l’Italia è, tra i paesi europei e occidentali in generale, sistematicamente tra quelli nelle peggiori condizioni, quale che sia il virus o il batterio considerato. Come mai? Questo l’articolo non lo dice, ma è inevitabile pensare che le nostre abitudini nell’uso dei farmaci, ad esempio degli antibiotici, siano meno scrupolose di quelle di altri popoli. Senza voler aprire la discussione potenzialmente molto spinosa sulle “cure domiciliari”, abbiamo visto anche durante la pandemia quanto “normale” sia considerato prescrivere antibiotici ad ampio spettro per una malattia virale.

Quindi, ci ho pensato su e ho concluso che, dato che mi auguro di poter restare tra voi ancora diversi anni, la combinazione tra la tendenza al miglioramento delle prospettive delle malattie finora più preoccupanti e quella al peggioramento relativa alle malattie infettive renda probabile che sarà una di queste ultime a porre fine alla mia avventura terrena. E, dal momento che non ho alcuna fretta, mi piacerebbe che chi di dovere e tutti noi come cittadini attribuissimo alla ricerca di nuovi farmaci la massima priorità. Non sarei certo io il solo a trarne vantaggio!