Stupefacente il penoso flirt che parte del PD cerca ancora di avere col M5S. E non si può sperare in un ravvedimento.

Stupefacente il penoso flirt che parte del PD cerca ancora di avere col M5S. E non si può sperare in un ravvedimento.
Chi più chi meno, i partiti che stiamo per votare hanno mutato idee, visione, programmi nel corso degli anni. Facciamo un ripasso, per non finire col votare partiti che crediamo essere chi non sono.
Il programma dei 5 Stelle, oltre alla fuffa populista e al ricorso alla spesa pubblica, ha un difetto esiziale: manca di una visione strutturale dei problemi, e propone solo piccoli interventi inutili e scollegati.
C’è un dibattito, marginale, sul concetto di ‘fascismo’, che vale la pena chiarire; anche perché coinvolge un altro concetto, ‘populismo’, che si è messo di traverso nella campagna elettorale.
Un Senato di vili e ipocriti manda a casa Draghi e apre le porte a Meloni. Buona fortuna!
Scemo più scemo, cretinetto, boccalone, imbecille, con una buona dose di cattiveria, eversività, fascisteria. In altre parole: un 5 Stelle (lo scrive il New York Times!).
DI Maio ha compiuto un percorso ed è arrivato a una scelta personale che avrà conseguenze. E conseguenze di conseguenze…
Il declino di Salvini e Conte è emblematico di un modo spregiudicato, populista e casuale di intendere la politica. Purtroppo, all’orizzonte, non si vede molto altro.
Grillo e il grillismo se ne vanno fra le risate dovute a un comico, alla sua opera umoristica più spettacolare, ma sarebbe da folli sperare che con lui se ne vada il populismo. Alle Politiche del ’18 la somma dei voti di Movimento, Lega e Fratelli d’Italia dava il 54,4 per cento e secondo i sondaggi i tre partiti oggi ne assommano il 51/53 per cento. Non è cambiato niente. Più della metà degli elettori continuano a essere populisti e ad affidarsi al populismo, sebbene io qui stia usando il termine in modo scorretto. Il Movimento è stato pienamente populista, cioè un partito nato per il riscatto del popolo integerrimo dalle turlupinature e dalle soperchierie delle élite. La Lega e soprattutto Fratelli d’Italia hanno evidenti quote di populismo, ma non prevalenti sul sovranismo, che invece è soprattutto peronista e demagogico. Ma non c’è partito italiano oggi immune al populismo e alla demagogia: la gara del consenso si gioca lì, c’è poco da fare. Se non si è populisti e demagogici si è fuori dal gioco. Pure il Partito democratico e il suo leader Enrico Letta – probabilmente i meno populisti sul mercato, a parte +Europa e le varie derivazioni del Partito radicale – hanno cedimenti disastrosamente populisti, a cominciare dall’idea di estendere il diritto di voto ai sedicenni, o della tassa di successione da devolvere ai diciottenni. (Mattia Feltri, “HuffPost”, 12 feb 2022)
Qual è la posizione della sinistra sull’elezione del Presidente della Repubblica? O su qualunque altra cosa? Non sarà che sbagliamo noi, a chiamare “sinistra” forze politiche così variegate?
I sondaggi confermano la forza della destra e il pantano in cui stanno tutti gli altri. Ma non tengono conto di Draghi.
Clamorosa confessione di Grillo: ci ha sempre presi per il culo, consapevolmente e ripetutamente.
Veridico resoconto della conferenza stampa di un noto uomo politico, ieri, con gli antecedenti e gli accidenti del caso.
Risolte le beghe fra M5S e Casaleggio si prefigura la morte del vecchio M5S, destinato a un futuro più moderato. Ma dietro la fine di questo capitolo inglorioso resta una grande verità: il populismo non solo non è morto ma è vivo e vegeto, ed è al potere.
Letta o non Letta il PD è morto. Quali alternative possibili per una sinistra moderna?